DALL'AQUILA, Andrea
Nacque a Trento in data imprecisata, probabilmente poco oltre la metà del secolo XVI. Conterraneo e lontano parente di A. Vittoria, le notizie che di lui si conoscono sono desumibili quasi esclusivamente dalle carte autografe del Vittoria edite dal Predelli in cui è spesso menzionato.
Entrò nella bottega veneziana del maestro nel 1578, come questi stesso ricorda in una nota del 15 giugno di quell'anno: "m. Sigismondo da laquila mio cugino mi mandò Andrea suo nipote pregandomi chi io gli inssegna a operare nela scoltura perche loro lo vestiria et io lo acetai volontieri e lo tengo in casa mia aspese et il vesto dil mio usando ogni sorte de diligentia per farle imparare larte e costumi" (Predelli, 1908, p. 153). L'impegno assunto dal Vittoria di provvedere di propria tasca al mantenimento del discepolo trova documentato riscontro in alcune minuziose note di spese effettuate negli anni successivi per il vestiario del Dall'Aquila. A partire dal 1581 cominciano le notazioni di pagamenti corrisposti al D. per la sua partecipazione a lavori intrapresi dalla bottega del Vittoria. Tali notazioni si protraggono fino al 1602, anno in cui il D. compare tra i collaboratori impegnati nell'allestimento e nella decorazione del sepolcro del maestro in S. Zaccaria a Venezia. Il testamento del Vittoria del 4 maggio 1608 lo nomina, insieme con il condiscepolo Vigilio Rubini, erede degli strumenti e dei disegni della bottega, quasi forma di retaggio spirituale: "Ordino che tutti gl'instrumenti et tutte cose pertinenti alla scultura, disegni a mano et a' stampa, modelli de terra et di cera, et tutti li rilievi de giesso siano di Vigilio mio nepote, con queste condicioni che tutte quelle d'architettura, palle d'altari, porte, fenestre et nappe siano de M. Andrea dall'Aquila ..." (ibid., p. 171).
Non si conosce la data della sua morte.
Il giorno 6 marzo 1581 le carte dei Vittoria registrano un pagamento di L. 4 a "m.ro andrea de laquila de Trento per aver lavorato giorni dua sula figura ditta dil Cristo" (ibid., p. 138), collocata sul timpano del portale maggiore della chiesa veneziana dei Frari. La statua, improntata ad una accentuata semplificazione plastica, reca sul piedistallo la firma del Vittoria (Paoletti, 1893). Questo fatto, unito alla brevità dei tempi di lavoro (due giorni), fa supporre che l'intervento del D. sia qui consistito esclusivamente in modesti lavori di rifinitura dell'opera già pressoché ultimata.
Nella primavera del 1584 (dal 17 marzo al 12 maggio) i registri vittorieschi riportano numerosi pagamenti, corrisposti in tempi diversi e per un numero complessivo di quarantuno giornate lavorative al discepolo trentino "per aver lavorato ... su langelo secondo che va sopra la scola di s.to fantino" (Predelli, 1908, pp. 138 s.). L'opera può essere identificata con una delle statue - una Vergine Assunta e due Angeli - che sono poste a coronamento della facciata della Scuola di S. Girolamo, anche detta di S. Fantin, attuale sede dell'Ateneo veneto, recanti sul basamento la firma del Vittoria, come ha rivelato l'ultimo restauro condotto sull'edificio (Gallo, 1962). La buona qualità dell'opera, che sembra superare le capacità espressive del D. avallando almeno a livello ideativo l'autografia del maestro, nonché il diverso e più vantaggioso trattamento economico riseivato all'altro collaboratore qui operante, lo scultore vicentino Agostino Rubini, lasciano perplessi sulla natura della prolungata prestazione effettuata dal D. nel lavoro suddetto.
Il Mariacher (1953), all'oscuro della firma vittoriesca sul basamento, propende ad attribuire allo scalpello più dotato del Rubini la paternità quasi totale delle statue del coronamento, mentre suppone, senza però appoggi documentari, la partecipazione del D. alla realizzazione del bassorilievo della Crocifissione, posto a decorare il sottostante timpano, opera non citata dal Vittoria e di ben diversa qualità, di più rigida e mediocre fattura.
Contemporaneamente al lavoro suddetto la carte vittoriesche annotano due pagamenti (il 2 aprile e il 26 maggio 1584) al D. per "aver lavorato sule figure di s.to Giuliano" (Predelli, 1908, p. 139), vale a dire le due splendide statue ai lati dell'altare dei Merciai nella chiesa di S. Giuliano a Venezia, opere autografe del maestro, tra le sue più alte realizzazioni stilistiche. I giorni lavorati (nove in tutto) e la consistenza del pagamento, nonché il livello eccezionale delle realizzazioni lasciano certi sul carattere della collaborazione prestata dal discepolo, limitata a lavori di rifinitura.
Il 6 sett. 1587 il Vittoria ricorda: "contai a Andrea da laquila da trento ducati disdoto in più volte per aver aiutatto a lavorar" (ibid., p. 143) alla decorazione della cappella del Rosario nella chiesa veneziana dei SS. Giovanni e Paolo (S. Zanipolo).
L'impresa decorativa di S. Zanipolo, opera di largo impegno per il grande numero di statue in stucco che adornano l'architettura vittoriesca, risulta affidata dal maestro quasi totalmente ai collaboratori D. e V. Rubini, come provano anche i pagamenti a loro corrisposti, che registrano in questa occasione indici mai raggiunti altrove. Tuttavia la stretta fedeltà dei discepoli agli indirizzi stilistici del maestro in quel tomo di anni, e soprattutto i pesanti restauri operati sulle statue a seguito dell'incendio della cappella, non consentono di identificare in modo probante le diverse mani degli artisti qui operanti.
Nel gennaio 1591 i registri del Vittoria riportano due pagamenti di discreta entità al D. "per aver lavorato ... suli dua putini dil Clar.mo Tiepolo", e in quel periodo due saldi al medesimo "per aver lavorato ... su li putini" (ibid., p. 143) di S. Lucia, imprese che il Giovanelli (1858) correttamente identifica, l'una con la decorazione della cappella Tiepolo in S. Antonino e l'altra con il monumento per Bernardo Mocenigo nella chiesa di S. Lucia.
I pagamenti al D. terminano nell'autunno del 1602, quando le carte del maestro registrano gli ultimi due saldi corrisposti al discepolo, insieme al già noto Vigilio Rubini ed altri collaboratori, per il lavoro prestato nella decorazione del sepolcro fattosi erigere in vita dallo stesso Vittoria nella chiesa di S. Zaccaria e precisamente "per la cartela da basso con larma e cherubini" e "per dua putini" (Predelli, 1908, pp. 145 s.).
Al periodo successivo alla morte del Vittoria, avvenuta il 27 maggio 1608, risalgono verosimilmente le uniche opere note completamente autografe del D.: la Madonna con Bambino, collocata sul secondo altare a sinistra nella chiesa veneziana dei gesuiti, e l'altorilievo lapideo raffigurante la Vergine in trono tra s. Francesco ed una santa, proveniente dalla distrutta chiesa delle Vignole (e ora di ubicazione ignota).
La statua della Madonna, firmata a grandi lettere sul piedistallo o Andreas Aquila Tridentius f.", risulta citata nell'attuale ubicazione a partire dall'edizione aggiornata della Venetia nobilissima di Francesco Sansovino, dell'anno 1663. Nelle proporzioni allungate e nel panneggio semplificato e fasciante, come nel manierato anchement della figura, essa denota una ripresa pedissequa e vuota di moduli vittorieschi, utilizzati come topoi compositivi svuotati di contenuto. La pala d'altare in pietra d'Istria (cm 260 × 120), proveniente dalla distrutta chiesa delle Vignole, reca per esteso la firma dello scultore ai piedi del trono della Madonna: o Andrea Aquila f.". Citata per la prima volta dal Moschini (1815) con la sua originaria destinazione, prima cioè dell'abbattimento della chiesa, e successivamente indicata dal Gerola (1925) e dal Weber (1933) in casa Busetto alle Zattere a Venezia, veniva pubblicata dal Mariacher (1953) come esistente in una imprecisata raccolta privata veneziana. Nel rilievo lapideo in questione si riscontrano, aggravati da vistose grossolanità di modellato, ravvisabili nelle estremità tozze e impacciate dei corpi, caratteri analoghi all'opera precedente.
Nonostante il giudizio elogiativo del Giovanelli (1858, p. 42), il D. risulta in realtà scultore di modesta statura artistica, cui poco sembra aver giovato la lunga frequentazione del grande maestro. In lui la lezione vittoriesca, pedissequamente seguita, scade a fredda imitazione di schemi compositivi del tutto svuotati dell'alta tensione plastica ed emotiva che anima le opere del. maestro.
Fonti e Bibl.: F. Sansovino, Venetia città nobilissima et singolare... [1663], Venezia 1968, p. 169;R.Predelli, Le memorie e le carte di A. Vittoria, Trento 1908, pp. 21, 34s., 138s., 143-146, 153s., 170s.; G. A. Moschini, Guida per la città di Venezia, Venezia 1815, I, p. 667; II,p. 557;B. Giovanelli-T. Gar, Vita di A. Vittoria scultore trentino, Trento 1858, pp. 41 s., 58, 83s.,86, 91, 102,111; P. Paoletti, Architettura e scultura del Rinascimento in Venezia, Venezia 1893, I, p. 51; II, p. 113; F. Ambrosi, Scrittori ed artisti trentini, Trento 1894, p. 42;G. Gerola, Nuovi documenti venez. su A. Vittoria, in Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, LXXXIV (1924-25), 2, p. 354; S. Weber, Artisti trentini ed artisti che operarono nel Trentino, Trento 1933, pp. 92s.; G. Mariacher, La facciata dell'Ateneo e un'opera ritrovata di A. D., in Ateneo veneto, CXLIV (1953), 1-2, pp. 49, 52;R. Gallo, La scuola di S. Fantin e il suo architetto, ibid., CLIII (1962), fasc. SPM, p. 28; Catal. d. artisti trentini, Trento 1977, pp. 146 s., 155, 295 s., 298 s., 302ss., 461, 467; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, II, pp. 49 (sub voce Aquila, Andrea dall').