ANDREA da Parma, perché nato quivi; o da Strumi, perché fu abate della badia vallombrosana a Strumi nel Valdarno casentinese; o anche di Vallombrosa per la sua dimora quivi e per l'ordine monastico cui appartenne
Visse nella seconda metà del sec. XI; pare morisse assai vecchio nel 1097 o nel 1106, e fu beatificato (commemorazione il 10 marzo). Dapprima fu caldo fautore di Arialdo, o Arivaldo, da Milano, che nel 1059 fu ucciso nelle lotte da lui propugnate contro gli ecclesiastici simoniaci e concubinarî: egli stesso, dopo dieci mesi dalla morte di lui, quando ne riapparve il corpo dalle acque del Lago Maggiore, lo venerò come una sacra reliquia, e ne scrisse le gesta e il martirio. Circa vent'anni dopo, divenuto intanto abate di S. Fedele a Strumi, scrisse altresì la vita di S. Giovanni Gualberto fondatore dell'ordine vallombrosano. Molto autorevole per la vita austera e pia, cercò metter pace tra Firenze ed Arezzo, e fu onorato dai due comuni. Scrisse anche epistole in latino.
Bibl.: Acta Sanctorum, Marzo, II; J. A. Fabricii, Bibliotheca latina mediae et infimae latinitatis, Firenze 1858, I, p. 92; G. B. Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani illustri, Genova 1877, p. 13, che rimanda a I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, Parma 1798-97; R. Davidsohn, Storia di Firenze, I, Firenze 1910, p. 440 segg. che rimanda anche alle sue proprie Forschungen, I, Berlino 1901: Schriften der Vallombrosaner.