ANDREA da Faenza
Nato nella prima metà del sec. XIV ed entrato fra i camaldolesi, A. era nell'anno 1369 priore del monastero di S. Cipriano di Murano. In quell'anno Urbano V, volendo ricostituire l'abbazia di Montecassino, prostrata dall'infausto terremoto del 1349, aveva deciso di abolirne la dignità episcopale. Contrariamente all'intenzione dell'istitutore, Giovanni XXII, essa si era infatti risolta in un fomite di disordini e in un progressivo sfaldamento della disciplina monastica. All'abbazia quindi, restituita nello stato pristino di "nullius", il pontefice prepose abati con l'antica giurisdizione. Primo nella serie era comunemente ricordato A. da Faenza. Ma in realtà Urbano aveva nominato nel 1369 un altro a quell'incarico, Bartolomeo di, Siena, da lui esperimentato quale fido collaboratore nelle riforme di Subiaco. La morte di questo però, avvenuta appena un mese dopo l'elezione e prima che avesse preso possesso della sede cassinese, costrinse Urbano a cercare altrove il nuovo abate. Fu così che il 5 dic. 1369 fu nominato abate di Montecassino A., che l'autore anonimo della Prima vita Urbani . V definisce "devotus orationi et lectioni assidue deditus et alias Dei servitio semper intentus beneque morigeratus et in agendis circumspectus" (Vitae paparum, I, pp. 373 s.). Prima ancora che A. prendesse possesso della nuova carica, Urbano V provvide ad aumentare, il numero dei monaci cassinesi, facendone venire alcuni dalla Sicilia, e nominò priore Giacomo di Arezzo, già priore benedettino a Subiaco. A., d'altra parte, appena giunto a Montecassino, si preoccupò di recuperare i beni dell'abbazia, ottenendo il 4 marzo 1370 una lettera in tal senso dal papa agli arcivescovi di Napoli e di Benevento e al vescovo di Troia, e di restaurame in pieno la giurisdizione minacciata dagli ufficiali regi (lettere di Urbano V a Giovanna I regina di Napoli dell'ii apr., 4 maggio e 27 giugno 1370). Contemporaneamente curò l'inunissione di nuovi monaci (venti nel maggio, quaranta nell'agosto), tratti anche da altri ordini, e la restaurazione delle fabbriche.
Secondo il Tosti (pp. 61-66), A., dopo la morte di Urbano V e l'elezione di Gregorio XI, si recò ad Avignone per ottenere un più pronto versamento dei contributi dovuti alla sua abbazia, ottenendo p'ronta soddisfazione, e, al ritomo, visitò personalmente il monastero di S. Benedetto di Capua, soggettoa Montecassino, ove, vincendo gravi resistenze, ristabilì l'antica disciplina e l'obbedienza alla regola.
Tanto fervore di attività, che aveva avuto il merito di ridare all'abbazia cassinese una fisionomia prettamente monastica, arrestandone la decadenza, fu però troncato dalla morte di A., avvenuta il 18 settembre 1373.
Alcuni autori han fatto derivare A. dagli olivetani anziché dai camaldolesi: anzi lo stesso necrologio dì Monteoliveto, secondo il Lugano (Italia Benedettina,p. 578,n. 2), lo ricorderebbe come tale. Altri, come il Baluze (cfr. Vitae paparum,II, p. 555),hanno cercato di comporre la vertenza duplicando il nome e la figura di A. In realtà, le bolle papali non lasciano dubbio (Leccisotti, Documentt,p. 89):A. è uno e proviene dai camaldolesi, come dei resto chiaramente dimostrano gli autori degli Annales Camaldulenses (VIII, pp. 99-103).
Fonti e Bibl.: Annales Camaldulenses ordinis Sancti Benedicti,a cura di G. B. Mittarelli e A. Costadoni, VI, Venetiis 1761, pp. 99-103; Vitae paparum Avenionensium,a cura di G. Mollat, I, Paris 1916, pp. 373 s.; II, ibid. 1928, p. 555; T. Leccisotti, Documenti vaticani per la storia di Montecassino. Pontificato di Urbano V,Montecassino 1952, passim;L. Tosti, Storia della Badia di Montecassino,2 ediz., III, Roma 1889, pp. 61-66; P. Lugano, L'Italia benedettina,Roma 1929, p. 578, n. 2.