ANDREA da Bologna
Sotto questo nome sono state riunite opere che probabilmente, come ha proposto il Longhi (v. oltre), sono di due diversi artisti della seconda metà del sec. XIV: A. de' Bartoli e A. da Bologna. Un documento del 18 ag. 1359, conservato nell'Archivio del Collegio di Spagna in Bologna, indica che un maestro A. da Bologna stava miniando in quell'epoca libri scritti da suo fratello Bartolomeo (il poeta e calligrafo Bartolomeo de' Bartoli) per il cardinale Albornoz. Successivamente da un documento del 24 dic. 1365 risulta che questo stesso A. aveva passato due mesi di quell'anno a Pavia, dove era stato mandato dal cardinale Androino a dipingere nel palazzo di Galeazzo Visconti, in compagnia di altri valenti pittori. Nel 1368 un A. da Bologna (con estrema probabilità lo stesso citato nei due documenti precedenti) è ad Assisi, dove, per incarico di Federico Alvarez, nipote dell'Albomoz, decora la cappella di Santa Caterina nella chiesa inferiore di San Francesco, cominciata nel 1362 dall'architetto Matteo Gattaponi a spese dello stesso Albornoz e divenuta, dopo la morte di questo nel 1367, la sua cappella funeraria. Per la pittura della tomba vera e propria A. ricevette dieci fiorini (cinque ne ricevette un Pace di Bartolo da Assisi per l'iscrizione dipinta sulla lastra tombale) e per gli affreschi sulle pareti e sull'arco di accesso della cappella ebbe l'ingente cifra di quattrocentocinquanta fiorin. Queste pitture sono le uniche ad essere conservate della serie di opere fin qui citate; fino a quando F. Filippini, nel 1911, non ne pubblicò i relativi documenti da lui rinvenuti nell'Archivio del Collegio di Spagna a Bologna, esse erano state attribuite a Pace da Faenza, a Buffalmacco (cui le avvicinava il Vasari) e ad altri.
Il tema della decorazione è la leggenda di santa Caterina, particolarmente 1 venerata dai Bolognesi come patrona degli studi; sull'arcone d'ingresso alla cappera, sono inoltre due scene, una con il cardinale Albornoz inginocchiato ai piedi di san Clemente della cui chiesa romana era titolare, tra san Francesco e un santo Vescovo, l'altra con i santi Biagio, Eugenio e Ludovico. Allo stile di questi affreschi si collega un gruppo di dipinti in un altro ambiente della chiesa inferiore, un passaggio tra due cappelle che ha sulle pareti l'Orazione nell'orto e il Martirio di San Lorenzo e sulla volta il Redentore tra i simboli degli Evangelisti. Il nome di A. da Bologna, alias de' Bartoli, appare dunque strettamente legato a quello del cardinale Albomoz, e per la sua più importante fondazione, il bolognese Collegio di Spagna, iniziato nel 1365 sotto la direzione di Matteo Gattaponi, A. da Bologna fece alcuni affreschi di cui rimangono pochi lacerti. Il Filippini collegò a questa personalità, da lui ricostruita su basi documentarie, due opere, portate già da tempo in luce dal Cavalcaselle: un polittico nella pinacoteca di Fermo (1369) e una Madonna del Latte nella chiesa di S. Agostino a Corridonia (già Pausula) del 1372. Ambedue sono esplicitamente firmate "de Bononia natus Andreas".
La confluenza degli affreschi assisiati con le tavole marchigiane ha dato luogo a notevoli difficoltà per contrasti di stile: mentre le storie di santa Caterina sono di un espressionismo brutale e caricaturale che deriva dall'accentuazione di certi caratteri icastici della miniatura bolognese, attingendo risultati paralleli, in un certo modo,, a quelli di Simone dei Crocifissi, le opere marchigiane rivelano un artista cresciuto in stretta vicinanza con Vitale da Bologna e leggermente modificatosi a contatto con le opere marchigiane di Allegretto Nuzi e di Francescuccio Ghissi. La differenza tra gli affreschi assisiati e le tavole era già stata notata dal Cristofani (1911), che l'aveva attribuita ad un'estesa collaborazione agli affreschi da parte di Pace di Bartolo da Assisi. Il Longhi (1935 e 1950) ha espresso l'opinione, accolta da molti studiosi, che si tratti in realtà di due artisti diversi, da lui distinti in "Andrea de' Bartoli" pittore del cardinale Albomoz, cui ha attribuito anche una Morte della Vergine (Ancona, Pinacoteca) pubblicata per la prima volta e attribuita ad A. da Bologna da L. Venturi (1915), e A. da Bologna, il pittore delle tavole marchigiane la cui attività sarebbe cominciata accanto a Vitale a Pomposa verso il 1340 (brani nel Giudizio Universale della facciata e nelle storie sacre della navata) e avrebbe lasciato in patria qualche testimonianza in una S. Orsola nella chiesetta della Trinità in Santo Stefano e in un affresco, ora nella Pinacoteca di Bologna, con la Madonna, il Bambino e san Giovanni Evangelista. Per le tavole di Ancona lo Zeri ha invece fatto il nome di Carlo da Camerino.
Molte altre opere sono state avvicinate ad A. da Bologna o alla sua scuola - prima che venisse proposta la distinzione suaccennata -; tra queste un polittico con al centro l'Incoronazione della Vergine nella pinacoteca di Fermo (Astolfi, 1902; Colasanti, 1907), un gruppo di affreschi nella chiesa di Sant'Agostino di Fermo (L. Venturi, 1915; L. Serra, 1929; P. Rotondi, 1938), un polittico nella pinacoteca di Ascoli Piceno (A. Venturi, 1911), una Natività nella Pinacoteca Vaticana e un trittichetto nella raccolta Johnson di Philadelphia (Sirén, 1921), alcuni affreschi del duomo di Atri (Berenson, 1932), brani di affreschi nella chiesa di S. Domenico a Perugia (Salmi, 1922, ma in contrario Brandi, 1949), ecc.; tali attribuzioni sono però assai discusse e spesso non accettate. Interessante l'ipotesi del Filippini (1911), più tardi però smentita dallo stesso (1931), che gli aveva attribuito le iniziali miniate della Canzone di Bartolomeo de' Bartoli, dedicata a Bruzio Visconti.
Bibl.: J. A. Crowe-G. B. Cavalcaselle, Storia della Pittura in Italia, IV, Firenze 1887, pp. 59 ss.; C. Astolfi, Notizie delle Marche, in L'Arte,V(1902), pp. 192 s.; E. Calzini, L'antica. arte marchigiana all'esposizione di Macerata, in Rass. bibl. dell'arte ital., VIII(1905), p. 135; C. Ricci, La pittura antica alla mostra di Macerata, in Emporium, XXIII(1906), pp. 205 ss.; A. Colasanti, Per la storia dell'arte nelle Marche, in L'Arte, X(1907), pp. 411 s.; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, V, Milano 1907, p. 942; VII, 1, Milano 1911, p. 184; F. Filippini, A. da B. miniatore e pittore del secolo XIV, in Bollett. d'Arte, V(1911), pp. 50 ss.; I. Cristofani, recensione a F. Filippini, in Rass. dell'arte umbra, II(1911), pp. 21-23; L. Venturi, Attraverso le Marche, in L'Arte, XVIII(1915), pp. 13 s.; F. Filippini, Jacobino de' Papazzoni, in Bollett. d'Arte, IX (1915), p. 159; O. Sirén, Alcune note aggiuntive a quadri primitivi, nella Galleria Vaticana, in L'Arte, XXIV(1900), pp. 101 s.; M. Salmi, Gli affreschi ricordati dal Vasari in San Domenico a Perugia, in Bollett. d'Arte, 2 s., I(1922), p. 418; R. van Marle, The Development of the Italian Schools of Painting, IV, The Hague 1924, pp. 427 ss.; L. Serra, L'arte nelle Marche, I, Pesaro 1929, p. 301; L. Coletti, Sull'origine e la diffusione della scuola romagnola nel '300, in Dedalo, XI, t. I (1930-31), pp. 216 s., 291; E. Sandberg Vavalà, Some bolognese paintings outside Bologna, in Art in America, XX(1931), 1, p. 17; F. Filipipini, Per la storia dell'antica pittura bolognese, in Il Comune di Bologna, XVIII, 6 (1931), p. 7; B. Berenson, Italian pictures of the Renaissance, London 1932, pp. 10 s.; R. Longhi, Vitale da Bologna e i suoi affreschi nel Camposanto di Pisa, in Mitteilungen d. Kunsthistorischen Institute in Florenz, IV, 2-3 (1933), pp. 137 ss.; L. Coletti, L'arte di Tommaso da Modena, Bologna 1933, p. 22; R. Longhi, La pittura padana del Trecento (dispense universitarie), Bologna 1935, passim; M. Salmi, L'abbazia di Pomposa, Roma 1936, pp. 211, 214; F. Filippini, Un ignoto pittore pisano del '300 aBologna (Gaetano Tomei da Pisa), in Riv. d'Arte, XIX(1937), pp. 179 s.; P. Rotondi, Scoperte nella chiesa di S. Agostino a Fermo, in Bollettino d'Arte, XXXII(1938), p. 63; E. Aeschliniann, Dict. des Miniaturistes, Milano 1940. p. 7; G. Zucchini, Affreschi inediti bolognesi, in L'Arte, n.s., XIII (1942), p. 137; F. Filippini-G. Zucchini, Miniatori e pittori a Bologna, Firenze 1947, pp. 7 s.; L. Coletti, I Primitivi, III, Novara 1947, p. XXXIV; C. Brandi, Quattrocentisti senesi, Milano 1949, p. 179; R. Longhi, La mostra del Trecento bolognese, in Paragone, I, 5 (1950), p.10; F. Zeri, Arcangelo di Cola da Camerino, in Paragone, I(1950), pp. 33 s.; L. Coletti, Sulla mostra della pittura bolognese del Trecento, in Emporium, LVI (1950), p. 251; C. Ricci-G. Zucchini, Guida di Bologna, Bologna 1950, p. 210; p. Toesca, Il Trecento,Torino 1951, p. 745; G. Marchini, La Pinacoteca Comunale di Ancona, Ancona 1960, pp. 29 s.; U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Künstler, I, p. 450; Encicl. Ital., III, pp. 199 s.