CONTARINI, Andrea
Nacque, con ogni probabilità a Venezia dopo il 1470, da Ambrogio di Nicolò del ramo di S. Felice e, quasi certamente, dalla sua seconda moglie.
Ambrogio, infatti, si era sposato una prima volta con Adriana di Andrea Gritti ed una seconda volta nel 1469; fu una notevole personalità politica del tempo suo, fece parte del Consiglio dei dieci e ci halasciato due redazioni dei suo testamento; ebbe undici figli: il C., Giacomo, che fu diplomatico, Sebastiano, Piero, Antonio, Taddeo, Elisabetta, Elena, Maria, Lucia ed un'altra figlia di cui non ci è noto il nome.
La prima menzione pubblica del C. risale al 1508, quando venne eletto governatore ad Otranto, con una dotazione di 450 ducati oltre l'ordinario per poter pagare i fanti di stanza nella città pugliese. In precedenza si era sposato con una figlia di Marco Soranzo.
Ad Otranto il C. si trovò ad essere l'ultimo rappresentante dell'effimero dominio veneziano; la sua corrispondenza, oltre che ai consueti problemi amministrativi e finanziari, ruota tutta attorno ai movimenti e alle pressioni degli Spagnoli, ormai da qualche anno padroni del Regno di Napoli; molte città, - non afferma il C., si danno agli Spagnolil così Otranto e Brindisi, i cui rappresentanti sostengono di non volere né Francesi né Spagnoli e, se la Signoria li abbandonerà, di essere intenzionati a chiamare i Turchi.
Ma la situazione era ormai insostenibile per Venezia: nel giugno 1509 il C. consegnò la terra e la rocca agli Spagnoli e, avrebbe poi riferito in Senato, lo fece obbedendo all'ordine della Signoria mentre i cittadini "per niun modo si voleano dar". Nell'aprile 1510 venne eletto provveditore a Cefalonia e nello stesso mese anche provveditore straordinario a Cividale del Friuli.
È da escludere che l'eletto ad una di queste due cariche fosse l'omonimo Andrea di Ambrogio (di Federico), che era in quegli anni prigioniero dei Francesi; e stante il fatto che non abbiamo alcuna notizia del provveditorato a Cefalonia, potrenuno concludere che la prima elezione fu annullata dalla seconda, la quale aveva inoltre carattere straordinario. Ma nel 1513, in occasione del suo consolato a Damasco, il C. è definito "fu provveditore a Cefalonia", il che ricomplica la questione. Da Cividale, comunque, il C. mandò le consuete lettere di rettore, esponendo i vari problemi di quella Comunità, riferendo le razzie dei predoni, i movimenti degli Imperiali e, nota costante di tutti i rettori veneziani, lamentando la mancanza di denari per pagare i soldati.
Nell'aprile 1512, al ritorno a Venezia, venne citato, insieme ad altri sei patrizi, per una certa operazione risalente al tempo in cui i sette erano ufficiali alle Rason vecchie; il che sta a dimostrare che il C., prima del 1508, ricoprì quella magistratura. Nel 1513 fu nominato console a Damasco.
I problemi di Damasco erano quelli della comunità mercantile veneziana, la cui situazione era piuttosto precaria, circondata com'era dall'ostilità della popolazione locale e sempre sotto il pericolo di boicottaggi e rappresaglie turche; attorno a questi temi si articola la corrispondenza dei C., tutta materiata di questioni economiche e commerciali.
Al suo ritorno a Venezia troviamo il C., nel settembre 1517. tra i protagonisti di un dibattito in Senato sul cottimo di Damasco.
In quegli anni il C. raggiunse una posizione di un certo rilievo negli organi politici della Repubblica: dal 1516 fu costantemente membro del Senato; nel mese di ottobre di quell'anno il suo nome compare tra i ballottati per la carica di savio di Terraferma; nel giugno 1518, aiutandosi anche con il sistema diffuso a Venezia nei momenti di crisi e di guerra di dare le cariche "per denari", entrò nella zonta. Nei mesi seguenti troviamo il suo nome tra quelli ballottati per diverse cariche: nell'aprile 1518 provveditore sopra le Fabbriche di Rialto; nel dicembre dello stesso anno savio di Terraferma. Nell'ottobre 1519, ricordato ormai come illustre senatore, venne eletto bailo e provveditore a Napoli di Romania, con il compito di armare un certo numero di galee; dopo qualche mese però ricevette, come gli altri rettori della zona, il contrordine; iniziò a spedire una corrispondenza densa di problemi di quel non facile rettorato.
Il 7 giugno 1522 giunse una lettera da Napoli di Romania che annunziava la morte del Contarini.
Questo fatto fece piombare maggiormente nella confusione quella terra, nella quale esplodevano anche rivalità tra patrizi veneti: una parte della comunità, sulla base evidentemente di interessi che è difficilissimo chiarire, voleva che, in attesa di Piero Zen, eletto bailo in sostituzione del C., fungesse da bailo il giovane figlio dei C. Ambrogio; un'altra parte era invece dell'opinione che uno dei due consiglieri, Alvise Barbarigo e Vettor Pisani, assumesse, in qualità di vice bailo, il governo ad interim. In un deliberato dei Savi si legge "quella terra lì essere in confusion". Piero Zen, sollecitato a partire, rifiutò la carica e per il momento la situazione si risolse con Alvise Barbarigo in qualità di vicebailo e con la sorveglianza del provveditore d'Armata Agostino da Mula, che si recò nella città con tre galee.
Il C. lasciò cinque figli: Alvise, Antonio, Francesco, Ambrogio e Giacomo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Testamenti, Arti Graspi, 1186.6, 1186.219 (si tratta del testam. del padre, Ambrogio di Nicolò); Ibid., Miscell. codici, I, Storia veneta, b. 25, famiglia Contarini;Ibid., M. Barbaro, Arbori dei patritii veneti, II, c. 463; Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. Ital., VII, 15 (= 8304): G. A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, II, c. 305r; Ibid., Mss. Ital., VII, 813-818 (= 8892-9897): Raccolta dei consegi, passim; M. Sanuto, diarii, Venezia 1879-1902, VII-IX, XIV-XVI, XIX, XXIII-XXIV, XXVI-XXXI, XXXIII, adIndices; Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, V, Milano 1976, p. LXI.