CIAFFI (Cassus, Ciafari, Graffi, Criffi, Zacci, Zaffi, Ziaffa, Ziaffi), Andrea (Andrea da Pisa)
Nacque a Pisa, nella seconda metà del secolo XIII, da una nobile famiglia, le cui dimore in città si trovavano nel quartiere di San Clemente. Non conosciamo il nome del padre, mentre possiamo però ritenere che fossero suoi consanguinei Matteo Ciaffi - che ebbe un qualche rilievo nella vita cittadina della seconda metà dei sec. XIII e morì nel 1302 - e Bartolomeo, figlio di Matteo, che fu il primo domenicano pisano a frequentare la facoltà di teologia di Oxford.
Scarse, e non sempre sicure, sono le notizie a noi giunte in merito agli studi compiuti dal Ciaffi. A detta del Diplovataccio - il quale ricavava la notizia da un'opera di Baldo andata perduta, De, commemoratione famosissimorum doctorum in utroque iure -, il C.avrebbe studiato a Bologna come discepolo di Dino da Mugello; alla morte di questo, avendo avuto notizia dell'insegnamento di Pierre de Belleperche, si sarebbe recato ad Orléans per seguire le sue lezioni e qui si sarebbe trattenuto per sette anni, prima di tornare in Italia.
Il racconto del Diplovataccio non appare del tutto convincente. È stato, infatti, rilevato, (Meijers) che Dino insegnò fino al 1296 e morì nel 1298, o addirittura nel 1303, e che in questi anni il Belleperche aveva già cessato il suo insegnamento. I dati a nostra disposizione per risolvere la questione non sono molti. Il Tiraboschi afferma di aver consultato, un documento dal quale risulta che il C. era scolaro a Bologna; ma non indica la data di detto documento. Inoltre nel suo Tractatus de gerundiis il C. chiama Giovanni d'Andrea "noster dominus": dal che possiamo dedurre che egli seguì i corsi di Giovanni i quali cominciarono a Bologna nel 1302. Infine, il metodo seguito dal C. nelle sue opere attesta con ogni certezza che egli subì una decisa influenza della scuola francese, tanto da rendere legittima l'ipotesi di un suo studio a Orléans. In conclusione sembra potersi affermare che le poche fonti a noi pervenute confermano nella sostanza il racconto del Diplovataccio, mentre restano seri dubbi sull'esattezza delle date da quello indicate. Il C. dovette, dunque, iniziare i suoi studi a Bologna sotto la guida di Dino, poi si recò a Orléans, o comunque venne in contatto con i giuristi francesi, e quindi rientrò a Bologna (non necessariamente dopo sette anni), dove completò i suoi studi.
Tornò, quindi, a Pisa dove nel 1310 ricopriva la carica di giudice della Corte dei pupilli. Nel 1320, secondo il Panciroli ed il Grandi, insegnò diritto civile nello Studio pisano. Il 16 sett. 1321 si trovava a insegnare con Osberto da Cremona a Firenze dove, tramite il corriere Vanni Bartolini, li cercò il Consiglio dei priori di Perugia per proporre a entrambi di insegnare diritto civile in quella università, in seguito alla partenza di Giacomo Belvisi. Gli venne assegnato uno stipendio di cinquanta denari, ma già il 31 ottobre trasferiva i propri libri ed effetti personali a Siena, a spese di quel Comune, per insegnarvi diritto civile con lo stipendio di sessanta fiorini d'oro, mentre lo Studio perugino chiamava Riccardo Malombra a sostituirlo. In base allo stesso documento il C. risulta essere in quel periodo già sposato. A Siena, dove due mesi dopo lo stipendio gli venne portato a trecento fiorini, il C. insegnò diritto civile di mattina, mentre a tenervi i corsi pomeridiani fu chiamato Cino da Pistoia. Il 27nov. 1322 il C. partì da Siena, sostituito da Guglielmo da Ciliano. Una provvisione, votata dal governo fiorentino tra il 9 ed il 12 giugno 1324, destinava una somma di denaro in pagamento dell'affitto delle case in cui avevano tenuto lezioni di diritto civile il C. e Osberto da Cremona; ma dal documento non emerge con sufficiente chiarezza se ci si riferisca a quella data o al 1321 quando i due giuristi avevano insegnato insieme.
Non si conoscono notizie sulla sua vita dopo questo periodo. Il Chiappelli, sulla base di un consilium del C. sottoscritto da Cino, ritenne che i due giuristi si fossero incontrati a Perugia nel 1326 o nel 1330-33, quando Cino fu chiamato ad insegnare in quello Studio, tanto più che, a differenza delle altre copie del consilium, che recano nel testo "Andreas; Ciaffi de Pisa", il ms. Vat. lat. 8069riferisce "Andreas Ciaffi de Perusio". Non è possibile allo stato delle nostre conoscenze accertarlo con precisione. Tuttavia, se si ritenesse con l'Ermini che la scuola perugina venne in larga misura influenzata dall'insegnamento del C., si dovrebbe attribuire questa influenza ad un periodo di insegnamento certamente più lungo di quello, attestato con sicurezza dalle fonti, svoltosi tra il settembre e l'ottobre 1321.
Il C. mori, secondo il Fabricio, intorno alla metà. del sec. XIV.
La sua produzione scientifica fu notevole, benché rimanga in parte da identificare. Ignota è finora la tradizione manoscritta delle sue Repetitiones, acui Bartolo fa spesso riferimento, Inoltre, secondo il Grandi, egli avrebbe composto talune Notae ad Institutiones civiles, di cui non è.noto alcun manoscritto. Alcune Distinctiones del C. sono contenute, tra quelle di giuristi aurelianensi e tolosani, nel ms. 80 del Collegio di Spagna di Bologna, segnalato da D. Maffei, ai ff. 139r, 175r, 215r, 258v. Additiones allaglossa ordinaria super digesto veteri sono conservate a Monaco, Bayerische Staatsbibl., Mon. lat. 3505, ff. 16r-17v, 172v, 179v, 181r, 182r, 311v, 321r. Additiones allaglossa ordinaria super digesto infortiato, si trovano nella Bibl. Ap. Vat., Urb. lat. 166, ff. 18r, 23r, 41r, 254v, e Borghes- 375. ff. 57v, 65v, ed in un ms. appartenente al prof. Maffei. Additiones alla glossa ordinaria sui Tres libri sono contenute nel Barb. lat. 1463, f. 157r, della Bibl. Ap. Vat.. Copie del già citato consilium che contiene una questione di diritto successorio, si trovano nella Bibl. Ap. Vat., Urb. lat. 1132, f. 482r, Vat. lat. 8069, f. 144v e Vat. lat. 10726, f. 306r. Tale consilium, edito tra quelli di L. Pontano Romano (n. 447) e quindi da G. M. Monti, è stato attribuito da A. Campitelli-F. Liotta a Cino da Pistoia, ma, come emerge dal testo e dall'explicit dello stesso consilium, è stato solamente sottoscritto da Cino.
Il Tractatus de gerundiis, edito nei Tractatus Universi Iuris, XVIII, Venetiis 1584, sicuramente composto dal C., è stato erroneamente attribuito anche a Bartolo nelle numerose copie manoscritte che lo hanno tramandato. Al C. lo attribuiscono i seguenti mss.: Monaco, Bayerische Staatsbibl., Mon. lat. 3870, ff. 239v-240v, e Mon. lat. 26.669, ff. 171r-172r; Praga, Museo nazionale, Dobrovska Knihovna, ms. a 5, ff. 269va-270va; Stoccarda, Württembergische Landesbibliothek, Iur. 121 ff. 59ra-60ra; Uppsala, Universitetsbiblioteket, C. 559, ff. 235r-236r.
Più problematica è invece l'attribuzione del. Tractatusde quaestionibm, cheè slato attribuito nell'edizione dei Tractatus Universi Iuris, XI, 1, Venetiis 1584.I numerosi esemplari sparsi nelle biblioteche d'Europa lo attribuiscono, oltre che al C., a Dino da Mugello, Baldo, Andrea da Isernia, Alberto Gandino, o a Bartolo, come il cod. Haenel 15 dell'Universitätsbibliothek di Lipsia (c. 325v)., che nell'explicit aggiunge tuttavia: "quanivis aliqui dicant quod fuit Ja [cobi] Butri[garii] et aliqui Guido[nis] de Suzza[ria]". Senza addentrarsi nella questione se tutti gli autori citati possano aver composto un trattato sul medesimo argomento, si può ritenere, dal momento che i manoscritti che recano l'attribuzione del C. presentano varianti di rilievo rispetto alla vulgata, che il C. abbia composto un trattato autonomo da quello dell'altro o degli altri autori. Al C. lo attribuiscono i seguenti mss.: Augusta, Staat- und Stadtbibliothek, 2406, ff. 126r-134r; Monaco, Bayerische Staatsbibliothek, Mon. lat. 7580, ff. 27v-30r e Mon. lat. 26669, ff. 106r-108v; Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, 5108, ff. 12v-19v.
Il C. fu unanimamente stimato dai giuristi contemporanei. Bartolo lo citò frequentemente e a lui si rifece per risolvere una complessa questione di diritto statutario. Baldo (cons. 186) lo annoverò tra i "magni doctores" in tema di sostituzione testamentaria. Pari considerazione ebbero nei suoi confronti il Tartagna, Giason del Maino, Filippo Decio ed altri, mentre Bartolo, Baldo, Angelo degli Ubaldi e Alberico da Rosciate ricordano le dispute vittoriose sostenute dal C. con Dino da Mugello. Si deve, peraltro, sottolineare che altri giuristi si rifecero alle conclusioni raggiunte dal C. presentandole, però, come proprie elaborazioni, senza ricordare la fonte da cui traevano quelle considerazioni. Il Diplovataccio, per es., riferisce che, a detta di Nicolò da Napoli, Raniero da Forlì, negli scritti De modo arguendi, si appropriò delle idee esposte dal C. e da Oldrado da Ponte, seriza citarli. E Bartolo scrive (ad D. 39.1. 8) che Giovanni d'Andrea si era appropriato di una repetitio del Ciaffi.
Il C. si colloca tra quei giuristi che per primi avvertirono l'esigenza di una maggior autonomia di pensiero dalla glossa. Seguace di Ditio da Mugello nella ricerca di nuovi strumenti interpretativi, quali la logica e il procedimento dialettico, e nel tentativo di emancipazione dalla glossa, fu, a differenza del maestro, aperto seguace delle correnti dottrinarie che facevano capo alla scuola di Orléans. Di questa divenne uno dei primi portavoce in Italia, staccandosi, nel suo insegnamento, dalla tradizione. E non a caso le sue additiones alla glossa sono inserite nel manoscritti che contengono quelle dei dottori aurelianensi e tolosani. Lo stesso Cino da Pistoia, sensibile alle influenze dottrinane d'Oltralpe, dopo averlo ripetutamente utilizzato nella sua Lectura ad D. Vetus, lo definì (ad D. 1.7.25.1) "Sotius meus", riferendosi non tanto al fatto di essere stato suo collega d'insegnamento a Siena e forse a Perugia, quanto alle aflinità derivategli dall'aver avuto Dino quale comune maestro e dall'aver subito, come il C., le suggestioni dottrinarie dei giuristi francesi e del Belleperche in particolare.
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