CEFALY, Andrea
Nacque a Cortale (Catanzaro) il 27 ag. 1827 da Domenico e da Carolina Pigonati-Ducos.
Il nonno, Antonio Cefaly, nel 1799 era stato "il primo nelle Calabrie" ad innalzare "nella sua patria Cortale... l'albero della Libertà" ed era stato poi perseguitato (Cortale, Arch. Cefaly; Frangiparte, 1956, n. 5-6, pp. 5 s.). Il padre, dedito agli studi matematici e all'agricoltura, era stato consigliere distrettuale ed aveva fatto parte del corpo di guardia di G. Murat: è ricordato dallo scrittore inglese A. J. Strutt in Calabria-Sicilia 1840... (a cura di G. Puccio, Napoli 1970).
Il C., pittore, scultore, scrittore d'arte, poeta, patriota e uomo politico, fu senza dubbio una delle personalità di maggiore spicco nel panorama pur vario dell'Ottocento calabrese; ma, nonostante i ripetuti interventi del Frangipane che ne ha puntualizzato alcuni aspetti soprattutto come pittore e patriota, manca una monografia critica sull'artista, e ancora da precisare e in parte da ricostruire è la sua cronologia che non potrà non giovarsi del ricco carteggio conservato nell'archivio Cefaly a Cortale e delle numerose fonti dell'epoca.
Certo determinante nell'orientare le tendenze del giovane e le sue scelte fu il colto ambiente familiare: del padre e soprattutto della madre, che era stata educata alla pittura e alla musica da C. Angelini e da S. Mercadante ed aveva sempre mantenuto rapporti epistolari con artisti napoletani (Arch. Cefaly). Il C. compì i primi studi nel R. Collegio di Catanzaro e poi a Napoli come allievo di F. De Sanctis e del catanzarese C. Malpica. Agli inizi del 1844 doveva essere già iscritto all'Accademia di Belle Arti, stando a una lettera del suo maestro F. Marsigli datata 14 dic. 1844 (Cortale, Arch. Cefaly; Frangipane, 1934, n. 1, p. 13). Nel 1847 risulta allievo di G. Bonolis, che in alcune lettere alla madre dell'artista mostra di avere grande fiducia nelle sue possibilità (ibid.). Le vicende artistiche del C. tanto strettamente si intrecciarono a quelle politiche, sociali e familiari da venirne profondamente condizionate. Furono gli entusiasmi patriottici, a creare i primi intralci alla sua carriera artistica poiché il padre, proprio per le propensioni manifestate dal giovane che aveva, fra l'altro, pubblicato un Inno alla libertà su L'Eco dei due Vulcani del 28 genn. 1848, ritenne opportuno di richiamarlo a Cortale. In Calabria il C. iniziò la fase più esaltante della sua vicenda di patriota; prese parte infatti ai moti di Filadelfia e nelle schiere degli insorti di F. Stocco, E. De Riso e S. Fabiani partecipò, con il fratello Raimondo, ai combattimenti della Turrina e delle Grazie. La sua posizione divenne estremamente grave tanto che fu accusato presso la Gran Corte criminale di Catanzaro di "attentato contro la sicurezza interna dello Stato con arruolamento di banda armata, organizzata per distruggere e cambiare il Governo, in giugno 1848" (registro del 29 genn. 1892 della Corte di Appello di Catanzaro: Vivaldi, 1927, p. 221; Pelaggi, 1972, n. 4, p. 23). E solo nel 854, e per intervento dei padri scolopi, ottenne di poter tornare a Napoli.
A Napoli il giovane fu allievo di G. Mancinelli, insieme con A. Martelli, A. Migliaccio, F. Sagliano; iniziò allora un periodo intenso di ricerche e di approfondimenti nell'intento di dar vita a una nuova pittura antiaccademica. Erano gli anni di una bruciante vigilia, quando artisti come Martelli, Sagliano, Migliaccio, Michele Tedesco, i Palizzi, Celentano, Cammarano, Morelli e Altamura si cimentavano nel superamento del romanticismo della più antica scuola di Posillipo per un nuovo verismo. A essi si affiancò subito il C. e anzi la sua casa al vicolo S. Mattia divenne la "fucina" delle aspirazioni del piccolo gruppo di artisti-patrioti (Frangipane, 1936, n. 4, p. 56); F. e G. Palizzi abitavano anch'essi non lontano (D. Morelli-E. Dalbono, La scuola napoletana di pittura nel sec. XIX, Bari 1915, p. 8). Il C. si distinse fra gli altri, e nel 1856 ottenne il secondo premio nella prova estemporanca di pittura (Cortale, Arch. Cefaly; Frangipane, 1932, n. 5, p. 11; 1961, n. 6, p. 37 n. 42. Il pittore diede poi altre prove convincenti con La barca di Caronte del 1857 (Catanzaro, Museo provinciale), la Tradita del 1858 (ora al Louvre), esposta con successo alla mostra napoletana del '59 e riprodotta su rame dal messinese Saro Cucinotta, il Ritratto di Salvatore Caro dello stesso anno 1859 (Catanzaro, Museo provinciale).
Ma erano quelli anni roventi soprattutto per il patriota che nel 1860 tornò a Cortale per preparare col maggiore F. Angherà, inviato da Garibaldi, l'organizzazione del campo insurrezionale di Maida, come attestò lo stesso Angherà (Vivaldi, 1927, p. 222). Insieme col fratello Raimondo (che fu ferito) combatté al ponte della Turrina il 27 agosto contro le truppe borboniche del generale Ghio e a Soveria Mannelli; seguì poi Garibaldi nella divisione calabrese al comando di P. Stocco e il 1º e il 2 ottobre combatté a Capua e a Caserta Vecchia, dove fu ferito a una mano. Si congedò il 29 dic. 1860 (Cortale, Arch. Cefaly; Frangipane, 1961; n. 6, p. 38 nota 52), ma rimase in contatto coi maggiori uomini politici del tempo; del 1862 sono una lettera di G. Garibaldi alla Società degli Artieri di Cortale da lui fondata e una di G. Mazzini che gli esponeva il suo programma d'azione (Ibid.; Frangipane, 1931, n. 5, p. 1; 1932, n. 7, p. 11).
Conclusasi l'impresa garibaldina, ha inizio il periodo più fervido e produttivo dell'artista tra Napoli e Sorrento, dove, ospite di Nicola Palizzi, preparava studi di paesaggio probabilmente per la Battaglia di Capua, commissionatagli il 7 dic. 1860 per incarico di Vittorio Emanuele II (Ibid; Frangipane, 1927, n. 5, p. II). A Napoli il pittore si trovò a far parte, subito dopo l'unificazione d'Italia, di quel gruppo di artisti - alcuni dei quali erano stati già suoi amici al vicolo S. Mattia - che strenuamente e variamente propugnavano in nome di una nuova poetica del "vero" il rinnovamento profondo dell'arte e la ribellione alle accademie. Ai due poli estremi erano da una parte le idee professate da Filippo Palizzi, tanto innamorato della realtà naturale delle cose da darne una trasposizione lenticolare e fiamminga, dall'altra quelle del Morelli, per il quale "l'arte era di rappresentar figure e cose non viste, ma immaginate e vere ad un tempo" (R. Mormone, in La Gall. d. Accad. di Belle Arti in Napoli, Ercolano 1971, p. 62). Quando la nuova scuola napoletana ebbe la sua consacrazione ufficiale nei larghi consensi ottenuti all'Esposizione nazionale di Firenze nel 1861, accanto ai dipinti di Morelli, Celentano, Cammarano e Altamura figurava anche La Battaglia di Capua del C., la cui adesione programmatica ai dettami della scuola fu conclamata dal maestro fino agli ultimi anni della sua attività.
"Le copie del reale debbono chiamarsi studi; le imitazioni del reale, che tendono alla manifestazione del Vero (spesso si confonde il Realismo col Verismo: il realismo può essere esclusivo ad una classe di artisti, ma il verismo è quello che deve assolutamente dominare tutti, che si tenta esplicare ma resta sempre misterioso), opere d'arte"; "…a me pare che il Vero, sia tutt'altro che il Reale. Il Vero, io considero Scopo, ed il Reale, mezzo. Quello tenta raggiungere la forma estetica del pensiero; questo costituisce il magistero nell'esecuzione" (Pelaggi, 1972, n. 2, p. 19, dai Pensieri artistici del C., Catanzaro 1890; Frangipane, 1937, n. 5, p. 77). Un dualismo che lascia ampio spazio a ogni intento purché "vero" e che serve a illuminare e a comprendere, nella ricca produzione del palizziano C., tante felici digressioni ora romantico-morelliane, ora "macchiaiole", ora anche puriste e preraffaellite ma, evidentemente, a sentire l'artista, tutte ugualmente "vere". Si spiegano così i quadri storico-romantici, come la già citata Battaglia di Capua (Reggio Calabria, Museo nazionale) o il Bruto che condanna i figli del 1863 (Catanzaro, palazzo della Provincia), e quelli di ispirazione dantesca, i più aperti all'influsso del Morelli e di quanto attraverso di lui potesse giungergli di purismo e di preraffaellismo; i quadri di ispirazione socio-politica e di attualità, criticati da F. Palizzi e da V. Imbriani, e opere come il Ritratto del cognato a cavallo, l'Autoritratto da garibaldino, La famiglia in giardino, La famiglia in terrazza (tutti presso il Museo provinciale di Catanzaro) che - a qualunque fase appartengano nello svolgimento artistico del C. - sono chiaramente filo-fiorentine e filo-fattoriane.La morte del fratello Raimondo alla fine del 1861, "per esplosione involontaria del proprio fucile" (Cortale, Arch. Cefaly; Frangipane, 1956, nn. 5-6, p. 6), costrinse il C. a tornare di nuovo a Cortale, dove fu preso per anni dai problemi della fondazione di una scuola d'arte dedicandosi, fra l'altro, allo studio della musica e all'invenzione di un nuovo strumento, il "pessalo" (simile al violoncello), per il quale P. Serrao compose una "serenata rusticana" (Ibid.; Frangipane, 1965, n. 2, pp. 4 s.); in tale periodo convennero a Cortale numerosi amici come i pittori M. Lenzi, F. Sagliano e il musicista S. Caro. Interessanti dovettero essere gli anni 1873-1874 per la collaborazione con il pittore fiorentino F. Andreotti nelle decorazioni del palazzo, ora distrutto, di A. Serravalle a Catanzaro: il C. aveva dipinto l'Aurora nel soffitto del primo pianerottolo della scala e il Progresso su una parete di uno studio al primo piano. Ne rimane il ricordo nelle lettere del C. ad A. Serravalle (Catanzaro, Arch. De Nobili; Frangipane, 1932, nn. 1-2, p. 11; Di Dario Guida, 19785 p. 199 nota 3).
Ma i pericoli dell'isolamento in un ambiente provinciale non sfuggivano intanto a Filippo Palizzi insieme con le deviazioni del "vero" professato dal C. dalla sua tematica "naturalistica": "...la vicinanza della fucina rivoluzionaria dell'arte ... è indispensabile al progresso - voi abitate un paese ... che per quanto vi può essere caro ... è sempre nocivo al progresso della pittura, essa in voi vi resterà stazionaria se non deteriora ... Dunque ancora vi consiglierei di fare cose semplicissime - pure imitazioni del vero -" (Cortale, Arch. Cefaly; Frangipane, 1928, n. 6, pp. 1 s.). In un'epoca feconda e ricca di problematiche il C. rimase fuori dall'ambiente artistico di Napoli e quando vi ritornò, nel 1876, trovò già conclusa quella finissima vicenda filomacchiaiola che fu la scuola di Resina; la sua cultura artistica, a giudicare dai dipinti assegnabili con certezza a quest'epoca, non sembra aver registrato - a parte qualche raro episodio "macchiaiolo" - ulteriori sensibili svolgimenti, moderatamente attestandosi, senza nulla concedere alle vacue novità portate dal Fortuny, su posizioni analoghe a quelle tenute dai pittori volutamente rimasti fuori dalla tematica di ascendenza cecioniana della scuola di Resina. Sicché nelle opere di tale periodo - la Francesca da Rimini del 1876 (Napoli, Capodimonte), Chi compra Manfredi? (Catanzaro, Museo provinciale), che nel '76 era certamente terminato, La morte di Spartaco (Cortale, eredi Cefaly) e il Caino (Catanzaro, Museo provinciale), dei quali parla IlCalabro del 12 apr. 1877, Il progresso in America (ibid.) già dipinto nel 1880, La battaglia di Legnano (ibid.), esposta a Torino nel 1884, ma di cui si erano occupati vari giornali meridionali già nel 1883, il Germanico del 1884 (Catanzaro, coll. privata) - sull'emergente naturalismo palizziano affiora spesso una vitalità, e una foga barocca che sembra risalire a precedenti seicenteschi, avvicinando l'artista calabrese ai neobarocchi suoi coetanei Cammarano, Migliaro, Mancini. Furono questi gli anni di più fervida attività anche per l'uomo politico il quale, interessatosi da sempre ai problemi sociali della sua terra - che più volte avevano costituito lo spunto di alcune sue opere che si inseriscono de plano nella linea di "verismo sociale" di pittori come T. Patini, L. Serra, M. Cammarano -, dopo essere stato consigliere comunale e provinciale dal '71 al '75, fu eletto deputato per il collegio di Serrastretta nella XII (entrò alla Camera nel sett. 1875) e XIII legislatura (20 nov. 1876-2 maggio 1880), militando nelle file della nascente Estrema Sinistra con Bovio e Cavallotti. Di tale periodo rimangono alcune lettere del 28 nov. 1877, in seguito all'abolizione della pena di morte, in Calabria letteraria, [1957], n. 7, p. 32).
Le opere dell'ultimo periodo napoletano rimangono tra le migliori realizzazioni del C., ma sono anche il suo canto del cigno; poiché il pittore, ripetutamente colpito da laceranti disgrazie familiari - perdette in breve volgere di anni sei dei sette figli avuti dalla moglie Agnese Votta di Maida - e costretto dal colera a rifugiarsi a Cortale nel 1884, vi rimase, fatta eccezione per un breve periodo trascorso a Catanzaro, fino alla morte, ritirandosi dalla vita politica attiva e dedicandosi a dipingere ritratti e quadri luminosi e devoti per le chiese della sua terra. Solo un ultimo quadro storico, L'incendio di Roma sotto Nerone, rimase a testimoniare la fedeltà alle aspirazioni di un tempo da parte del pittore sempre più schivo e modesto: "Per carità, non mi chiamate maestro, io sento quanto valga ... essendo così qual sono costretto a vivere tanto lontano dall'Arte, che tanto amai".
Morì a Cortale il 4 aprile del 1907.
Del C. rimangono numerosi altri dipinti conservati nel Museo provinciale di Catanzaro e in collezioni private ed una sola scultura - una statua in terracotta raffigurante l'Italia - a Cortale. Al C. si devono anche scritti d'arte - i citati Pensieri artistici, L'universo considerato da un pittore (Catanzaro 1860), Scritti d'arte (ibid. 1880), - e alcune poesie: oltre all'Inno alla libertà, Il moto, Lettera all'amico prof. Mazzei del 1886, Il trionfo delle plebi oppresse, Le rosse aurore (1° maggio 1898), Inno alla Madonna.
Fra gli allievi del C. si distinsero Raffaele Foderaro di Cortale (1846-1890), Guglielmo Tomaini di San Pietro Apostolo (1854-1909, figlio di una sorella del pittore, Giuseppina), Gregorio Cordaro di Borgia (1848-1919), Antonio Palmieri di Nicastro (1850 c.-1920).
Fonti e Bibl.: Cortale, Arch. Cefaly (mss., documenti, appunti in gran parte pubblicati da A. Frangipane nella rivista Brutium); Catanzaro, Archivio De Nobili: lettere fra il C. e A. Serravalle; miscell. di versi manoscritti di Vittoria Cefaly, sorella del C., monaca, che ebbe parte attiva nelle vicende patriottiche della famiglia (Frangipane, 1932, nn. 1-2, p. 11); giornali e riviste dell'epoca fra cui: L'Omnibus (Napoli), 7 maggio 1856; Il Calabro (Catanzaro), 12 apr. 1877; La Verità (Catanzaro), 25 marzo 1880; La Gazzetta di Napoli, 26 maggio 1883; L'Opinione (Roma), 31 maggio 1883; Corriere Calabrese, 28 sett. 1883; La Sinistra (Napoli), 14 maggio 1884; La Voce del Popolo (Napoli), 21 febbraio 1886; G. Barone, Profilo di A. C., in Vita Italiana, dicembre 1895 (poi in Calabria letteraria, V[1957], n. 7, pp. 3-7); M. Levi Bianchini, Le dentiste. Tableau de A. C., in Nouvelle iconographie de la Salpêtrière, novembre 1904 (poi in Calabria letter.,V[1957], n. 7. pp. 27-28); A. Frangipane, La prima mostra d'arte calabrese, Catanzaro 1912, Bergamo 1913, pp. 28-40, 70-72; G. Maturi, A. C., Napoli 1921; V. G. Galati, Tre opere sconosciute di A. C., in Brutium, IV(1925), n. 7, p. IIIe n. 8, pp. I s.; A. Frangipane, A. C. pittore dell'Ottocentc, ibid., V(1926), n. 13, pp. Is.; V. Vivaldi, Calabresi illustri, Catanzaro, 1927, pp. 208-256 (già pubbl. in Rassegna pugliese, XXII[1905-06], pp. 201-210, 365-373, e XXIII [1907], p. 85); A. Frangipane, Intorno al quadro del "Primo Ottobre", in Brutium, VI(1927), n. s, p. 11; Id., Come il pittore C. conobbe G. Verdi, ibid., n. 12, pp. 1 s.; Id., Una critica di F. Palizzi per A. C., ibid., VII(1928), n. 6, pp. 1 s.; Id., Una polemica fra artisti dell'Ottocento. ibid.,n. 11, pp. 1 s.; Id., Lettere di P. Serrao, ibid., VIII(1929), n. 2, p. III; Id., Carteggi ined. di artisti dell'Ottocento, ibid., n. 6, pp. 1 s.; Id., Lettere a C., ibid., nn. 9-10, p. IV; Id., Lettere di Florimo, ibid., X (1931), n. 3, p. I; n. 4, p. III; Id., Una lettera inedita di G. Mazzini al pittore A. C., ibid.,n. 5, p. I; Id., A. C. e A. Serravalle…, ibid., XI(1932). nn. 1-2, p. 11; Id., Lettere di A. Martelli, ibid., n. s, pp. 11 s.; Id., Garibaldi e gli artieri calabr., ibid.,n. 7. p. 11; Id., V. Imbriani contro un ... areostatico dipinto di A. C. La risposta, del pittore, ibid., nn. 10-12, p. 11; Invent. degli oggetti d'arte d'Italia, II, A. Frangipane, Calabria, Roma 1933, ad Indicem; A.Frangipane, Carteggi inediti di artisti..., in Brutium, XIII(1934), n. 1, pp. 13 s.; Id., C. e F. Sagliano, ibid., XIV(1935), n. 1, pp. 9 s.; Id., Lettere di M. Tedesco, ibid., XV(1936), n. 4, pp. 56 s.; Id., A. C., ibid., n. 5, pp. 72-74; n. 6, pp. 81-83; XVI (1937), n. 1, pp. 9-13; Id., A. C. e F. Jeerace, ibid.,n. 1, p. 8; Id., Mercadante, Serrao e C., ibid., n. 3, pp. 43 s.; Id., Carteggi inediti... C. Scarpitti e Seismit-Doda, ibid., n. 5, pp. 77 s.; V. Imbriani, Critiche d'arte e prose..., a cura di G. 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