CASALINO (Casalini), Andrea (Antonio o Antonino)
Figlio di Francesco, nacque a Fiorenzuola (Piacenza) verso il 1530. È lecito pensare che abbia appreso l'arte dal padre, che esercitava la professione di orafo oltre che di coniatore di monete. Dai documenti pubblicati dal Ronchini e trascritti dallo Scarabelli Zunti è possibile seguire il corso della sua attività.
Dopo che il C. gli ebbe donato, tramite Roberto Monaldi, una sua Venere incisa in acciaio, il duca Ottavio Farnese, duca di Parma e Piacenza, gli commissionò nel 1566 due sigilli d'argento con l'arma di famiglia e lo favori perché gli fossero affidati i lavori d'incisione presso la zecca piacentina, riaperta poco dopo il 1556, quando il duca aveva ottenuto da Carlo V l'investitura della città.
Nel 1566 il C. risulta incisore presso la zecca di Piacenza, allogata nella casa dello zecchiere Iacopo Campi, in via del Guasto. Poiché si coniavano solo monete di rame (sesini, quattrini e parpagliole), il C. il 9 ottobre del 1568 scrisse al duca consigliandolo di coniare anche monete d'oro e d'argento (cfr. Ronchini, pp. 234 s.); probabilmente deve essere di poco posteriore a questa data il ducato d'argento che ha nel recto il busto del duca e nel verso l'arma farnesiana, tra il dado e la lupa (stemma di Piacenza).
Nel 1569 Guidubaldo II Della Rovere, duca d'Urbino, cognato di Ottavio Farnese, ancora per raccomandazione del Monaldi, invitò presso di sé il C., in vista delle nozze di suo figlio Francesco Maria con Lucrezia d'Este. L'anno seguente era in Lombardia; nel 1570 eseguì vari lavori di oreficeria (anelli, collane, ecc.) anche per il principe Alessandro Farnese, figlio di Ottavio.
Nel 1571 assunse la conduzione della zecca di Piacenza, sino al 1573 con Giovanni Iacopo Cervi, poi con Antonio Costino (rimase in società con loro fino al 1582).
Uscirono in quegli anni il ducato d'argento e lo scudo d'oro; il primo con il busto del duca nel recto, girato verso sinistra, e l'Abbondanza nel verso, accanto all'allegoria del Po; il secondo con il busto del duca nel recto girato verso destra, e nel verso la lupa tra i gigli farnesiani sormontati dalla corona ducale. Tra il giugno 1571 e il 13 febbraio dell'anno seguente il C. era ancora presso la corte di Urbino, dalla quale tornò con lettere di raccomandazione per il duca Ottavio Farnese, che lo stipendiò regolarmente nel 1573 e scrisse a Guglielmo Della Porta e Giovan Federico Bonzagni, che risiedevano a Roma, pregandoli di mostrare al C., in occasione di una visita in quella città, i migliori modelli di oreficeria, in vista di una nuova coniazione di monete, per la quale si preparavano in Parma disegni e leggende. Il C. incise il conio di quella che ha nel verso le tre Grazie (allusione al mecenatismo del duca) che posano il piede sopra quel tipo di scudo che gli antichi chiamavano parma (con allusione al nome della città). La moneta fu messa in circolazione nel 1574; nello stesso anno ricevette dal duca Ottavio un compenso per "un gioiello a croce da donare alla moglie del signor Cornelio Bentivoglio" (Ronchini).
Dimorò a Roma fino al dic. 1575; ritornato a Piacenza, per le molte commissioni di opere di oreficeria fu costretto a servirsi di aiuti. Il laboratorio era in una villetta di proprietà del C. sita alla periferia di Piacenza, nei pressi di S. Antonio; ma almeno fino al 1581 il C. aveva casa anche a Parma, nella parrocchia di S. Bartolomeo della Ghiaia, come risulta da un atto rogato il 6 febbr. 1580 dal notaio parmigiano Giovanni Alberto Rocca e da un atto del 28 sett. 1581 con il quale gli si concede la cittadinanza di Parma. Tra le altre cose disegnò una armatura che fu realizzata da un armaiolo di Milano (Ronchini).
Tra l'altro il C., come esperto, era incaricato dalla corte di acquistare opere d'arte in altre città. Alessandro Farnese, sollecitato dal priore del Comune di Piacenza a mandare suoi disegni e disposizioni per le nuove monete da coniare, da Bruxelles, dove si trovava come comandante dell'esercito spagnolo, il 9 giugno 1587 scrisse al figlio Ranuccio raccomandandogli di incaricarne il C., che infatti preparò i coni del ducatone d'argento (messo in circolazione nel 1589) con il busto di Alessandro Farnese nel recto e nel verso l'Abbondanza tra il Po e la lupa (le iniziali "A.C." pare che non si riferiscano al C., ma allo zecchiere Antonio Costino).
Nello stesso 1587 venne coniato il ducato d'argento, con il busto del duca nel recto e nel verso l'arma farnesiana, con la data. Nel 1590 fu coniato lo scudo d'oro (nel recto il busto del duca; nel verso la lupa con gigli sormontati da corona ducale). Un altro ducato, con qualche variante a confronto di quello del 1589, fu coniato nel 1591.
Nel 1590 aveva eseguito un reliquiario d'argento per i confratelli della Compagnia di S. Brigida, a Parma, e aveva pesato e stimato molte monete antiche entrate nelle raccolte farnesiane, come risulta da un atto rogato dal notaio Francesco Torelli il 27 luglio 1590. Morto Alessandro Farnese (1592), Ranuccio I commissionò al C. il conio del ducatone d'argento (nel recto busto del duca; nel verso tre gigli sormontati da corona ducale sostenuta da Marte e Pallade). Collaborava con lui, nella zecca, come commissionario, Gian Alberto Pini (insieme stesero una relazione sulle nuove monete da coniarsi: cfr. Ronchini, p. 243). Tra i coni più personali del C. è quello della doppia d'oro, che venne detta "del vento" (1592) perché nel verso è incisa una nave a vele spiegate nel mare in tempesta. Alcune medaglie e quasi tutte le monete coniate dal C., già a Piacenza nella raccolta di monsignor V. B. Bissi, furono da lui cedute, verso il 1840, al Museo di antichità di Parma; andarono dispersi i lavori di oreficeria.
Il C. morì a Milano l'8 febbr. 1597. Gli successe nella carica di incisore dei coni presso la zecca farnesiana di Parma e di Piacenza il figlio Pompeo, che aveva imparato l'arte da lui.
Da un "Inventario delle Gioie ed altro de' S.mi Farnesi" (Arch. di Stato di Parma) risulta che Pompeo aveva lavorato come orafo per la casa Farnese nel 1599. Dallo Scarabelli Zunti si ha notizia anche di un altro Pompeo, figlio di Pompeo, nato intorno al 1603.
Fonti e Bibl.: Parma, Gall. naz.: E. Scarabelli Zunti, Docc. e mem. di Belle Arti parmigiane (ms.), IV, 1551-1600, ad vocem;Piacenza, Bibl. com., cassetta Pallastrelli 65: V. B. Bissi, Nomi di parecchi illustri Piacentini dei quali può aversi l'effigie, f. 2v; Ibid., Schede Rapetti (sec. XX), ad vocem;Ibid., Arch. stor. com., Pacco Zecca, passim; I. Affò, Delle monete di Parma, in G. A. Zanetti, Nuova racc. delle monete e zecche d'Italia, V, Bologna 1789, pp. 181, 185, 196; P. Zani, Encicl. metodica... delle Belle Arti, I, 6, Parma 1820, pp. 51, 307 nota 113; L. Scarabelli, Guida ai monum. storici ed artist. della città di Piacenza, Lodi 1841, p. 200; P. Salvatico, Le patrie glorie, in Strenna piacent., Piacenza 1843, p. 25; B. Pallastrelli, Delle parpagliole piacentine, Piacenza 1866, p. 12 n. 8; G. Campori, Racc. di catal. ed inventari inediti, Modena 1870, p. 48; A. Ronchini, L'orefice A.C., in Atti e mem. della R. Deputaz. di storia patria per le prov. modenesi e parmensi, VI (1872), pp. 233-244; L. Ambiveri, Gli artisti piacentini, Piacenza 1879, pp. 90 s.; Id., Suppl. alla cronaca degli artisti piacentini, in Strenna piacentina, X (1884), pp. 124-128; L. Mensi, Diz. biogr. piacentino, Piacenza 1899, p. 110; E. Ottolenghi, Fiorenzuola e dintorni, Fiorenzuola 1903, pp. 442-444; P. Falconi, Le monete piacentine, Piacenza 1920, III, pp. 28, 30; L. Grazzi, Medaglisti parmensi, in Parma per l'arte, IV (1972), pp. 44, 50, 54, 55; Corpus nummorum Italicorum, IX, 1, pp. 445-80; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 101.