BRATTI, Andrea
Nato a Capodistria il 20 dic. 1759 da Giovanni Battista e da Maddalena Beltramini, in una famiglia agiata, fu ordinato sacerdote nella città natale da mons. Bonifacio da Ponte il 20 dic. 1783 e divenne nel 1801 canonico della cattedrale. Dopo che l'Istria, in seguito alla pace di Presburgo (305), fu annessa al'Impero francese, il B. fece parte della loggia massonica costituita a Capodistria nel maggio 1806; in questo periodo fu inviato dal prefetto Calafati a Parigi per rappresentare al governo francese le necessità della provincia istriana. Messosi così in luce presso Napoleone, fu da questo nominato con decreto, datato Varsavia 11 genn. 1807, vescovo di Forlì, ove il seggio era vacante per la morte di mons. M. Prati. Consacrato il 27 dic. 1807 dall'arcivescovo di Ravenna A. Codronchi nel duomo di Milano, il B. fu confermato da Pio VII il 9 genn. 1808 e il 16 gennaio prese possesso della diocesi. Qui si dimostrò del tutto ligio alle direttive imperiali in materia di politica ecclesiastica, anche dopo la deportazione del papa: infatti invitato dal governo del Regno d'Italia ad aderire alla dichiarazione del capitolo metropolitano di Parigi del 1810, che rivendicava alle Chiese metropolitane il potere di nominare i vescovi, il B. rispose con una lettera (7 febbr., 1811), in cui, richiamandosi a esempi desunti dalla storia ecclesiastica, approvava la posizione presa dal clero cesaro-papista francese.
In effetti l'indirizzo del B., pubblicato dal Giornale italiano dell'11 febbr. 1811 per fini propagandistici, accontentava nella sua sostanza anche i più estremisti del gruppo giansenista (cfr. la lettera entusiastica del Degola al Grégoire del 13 marzo 1811, in Codignola). Se da un lato questo atteggiamento fruttò al B. generosi riconoscimenti da parte delle autorità politiche (prima la nomina a commendatore della Corona ferrea, poi, l'8 maggio 1812, quella a barone del Regno d'Italia), dall'altro gli fece incontrare l'ostilità del capitolo forlivese, che si manteneva su una linea di intransigente fedeltà al papa.
Crollato l'Impero napoleonico e il Regno d'Italia, allorché Pio VII, ritornando dall'esilio francese, si fermò alcuni giorni a Imola nell'aprile del 1814, il B. riuscì, pur dopo alcuni rifiuti del papa, a essere ricevuto e a ottenere il perdono: anzi il papa ne accettò l'ospitalità a Forlì. Nonostante lo zelo religioso e la mitezza d'animo con cui egli governò la diocesi negli anni successivi, nel clima più intransigente che si aprì con l'avvento al pontificato di Leone XII il caso fu riaperto per l'accusa di simonia, negligenza e dissolutezza lanciata contro il B. da diversi canonici. La denuncia presentata alla Congregazione concistoriale fu da questa trasmessa alla Congregazione dei vescovi e regolari, la quale invitò il B. a comparire a Roma, per discolparsi, il 18 luglio 1826. Dopo qualche esitazione questi partì per Roma il 19 luglio, sostituito da mons. F. De Angelis, arcivescovo di Leuca, con funzioni di vicario e visitatore apostolico. Riconosciuto genericamente colpevole di abusi e disordini, il B. fu invitato a lasciare la diocesi con divieto di divulgare il suo caso per mezzo delle stampe. Dopo un breve soggiorno a Firenze e a Lugo, falliti anche gli interventi in suo favore dei cardinali Rivarola e Sanseverino, il B. si ritirò a Capodistria dove morì l'11 nov. 1835.
Fonti e Bibl.: Arch. Segreto Vaticano, Proc. Dat., 1807, vol. 176, ff. 231-243; Carteggi di giansen. liguri, a cura di E. Codignola, III, Firenze 1942, p. 486; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, II, Venezia 1844, pp. 355-362; A. Mambelli, IForlivesi nel Risorgimento nazionale, Forlì 1936, pp. 51 s.; P. S. Leicht, Unvescovo napoleonico, in Rass. storica del Risorgimento, XXIV (1937), pp. 1427-1440; R. Colapietra, La Chiesa tra Lamennais e Metternich, Roma 1963, pp. 288 s.; G. Moroni, Diz. di erudizione stor.-eccles., XXV, pp. 288, 298.