BIRAGO, Andrea
Nacque con tutta probabilità a Milano, in data imprecisata nella seconda metà del sec. XV, da Francesco e da Agostina di Marcellino Barbavara. Educato al mestiere delle armi dal padre, entrò al servizio di Ludovico il Moro.
Nel 1499 però la famiglia Birago passò in blocco al partito filofrancese capeggiato dai Trivulzio. La rottura con gli Sforza risultò confermata dall'atteggiamento tenuto dai Birago nel corso della crisi che provocò l'effimera restaurazione sforzesca del febbraio-aprile 1500: il 1º febbr. 1500, nell'imminenza dell'arrivo del Moro alla testa degli Svizzeri, due Birago, Galeazzo di Giampietro e Antonio di Francesco, il primo cugino e il secondo forse fratello del B., parteciparono alla solenne dichiarazione di fedeltà a Luigi XII della nobiltà e del clero di Milano.
Al ritorno del Moro il B. restò in città, pensando forse di non essersi compromesso eccessivamente con i Francesi, ma l'atteggiamento della famiglia gli suscitò contro la violenta reazione sforzesca. Soggetto a continue vessazioni e minacciato anche nella vita, il B. fuggì nel marzo a Lodi, occupata dai Veneziani alleati di Luigi XII.
La disfatta dell'esercito sforzesco e la cattura del Moro riportarono la dominazione francese in Lombardia, e il B. poté ritornare a Milano. Per gli anni successivi mancano notizie precise su di lui. È sicuro che nel 1508 faceva parte del contingente francese inviato da Luigi XII, sotto il comando di Gian Giacomo Trivulzio, nel Veronese per aiutare i Veneziani a bloccare la discesa in Italia dell'imperatore Massimiliano. Il 17 febbraio fu arrestato "in campo, dove era il sig. Io.Iacobo, et menato a Milano in castello", sotto l'accusa di partecipare a un complotto contro i Francesi per consegnare Milano agli imperiali. L'accusa sembra inverosimile, se si considera che la corte imperiale aveva accolto il grosso dei profughi ghibellini sostenitori di una restaurazione sforzesca, alla quale i Birago non erano affatto interessati, e meno che mai nel 1508, quando la dominazione francese in Lombardia sembrava ormai, dopo la recente sottomissione di Genova, definitivamente assicurata. L'arresto del B. non dovette avere, però, conseguenze serie, se nell'ag. 1510 risulta al seguito del Trivulzio, impegnato con l'esercito francese nella guerra contro Venezia. Era ancora con i Francesi durante la guerra contro la lega santa, e nel corso della ritirata francese dalla Lombardia fu mandato, nel giugno del 1512, a Milano a chiedere invano ospitalità per l'esercito in rotta. Ritornò in patria con l'esercito francese che il 13-14 sett. 1515 sconfisse gli Svizzeri a Marignano e costrinse il duca Massimiliano ad abbandonare il ducato. Continuò a servire con i Francesi, e nel 1517 fu nominato governatore di Alessandria, dove riuscì abilmente a comporre le lotte cittadine tra le fazioni dei Trotti e dei Guaschi.
Da Alessandria però il B. fu chiamato nello stesso 1517 a Concordia "dal signor Trivulzio per la diffesa delle cose della signora contessa e per far la guerra al conte Gio. Francesco" (Cronaca della nobilissima famiglia Pico..., II, p. 198). La contessa Francesca Trivulzio, congiunta del grande Gian Giacomo, era impegnata in una piccola guerra contro Giovan Francesco Pico, che aveva usurpato il ducato della Mirandola al nipote Galeotto, figlio di Francesca. Il B. restò a Concordia fino al 1521, e come luogotenente di Galeotto Pico vi condusse un'estenuante guerriglia, fatta di scorrerie e colpi di mano, senza riuscire tuttavia a prendere la fortezza della Mirandola, tenuta saldamente da Giovan Francesco Pico.
Intanto tra il settembre e l'ottobre del 1519 Francesco I aveva concluso un'alleanza col papa Leone X che fruttò al B. la nomina a commissario papale a Concordia e inserì la piccola guerra locale della Mirandola nel generale conflitto franco-asburgico che incombeva. Il 10 ott. 1520, nell'imminenza di un nuovo attacco del Pico, che aveva ricevuto un rinforzo di quattrocento Corsi, il B. chiese aiuto al governatore di Milano, Odetto di Foix, signore di Lautrec, che promise un intervento francese a Concordia, ma nel fatto non ne fece niente. Il B. così dovette resistere da solo alle forze del Pico, che lo assediò nella fortezza di Concordia. La situazione internazionale precipitava verso la guerra: il 29 maggio 1521 Leone X raggiunse un accordo con Carlo V e abbandonò l'alleanza con la Francia, alla quale restò solo l'aiuto veneziano. Nel giugno iniziò la guerra in Romagna e alla fine del luglio un ultimatum del comandante dell'esercito cesareo-pontificio, Prospero Colonna, costrinse il B. a cedere Concordia al marchese di Mantova Federico Gonzaga, alleato di Leone X, perché la tenesse a nome di Galeotto Pico.
Abbandonata Concordia, il B. si recò a Milano per mettersi a disposizione dei franco-veneti, e da Teodoro Trivulzio fu subito mandato a Venezia "per aver conduta di cavalli lizieri". Le vicende generali della guerra volsero a favore dei cesareo-pontifici che il 21 novembre occuparono Milano e poco dopo Parma: il 27 apr. 1522 l'esercito francese venne sconfitto duramente alla Bicocca e costretto a sciogliersi. A Milano il governo di Francesco II Sforza, il 7 genn. 1522, intimò ai fuorusciti filofrancesi di presentarsi entro quindici giorni. Il B., il cui nome compare nella lista dei ribelli insieme a quello dei fratelli Pietro e Pietro Antonio, non si presentò e subì per la seconda volta la confisca dei beni. Ritornato in Lombardia nel settembre del 1523 al seguito dell'esercito francese, fu incaricato insieme a Lionello Pio di occupare Carpi, dalla quale fu sloggiato però di lì a poco dagli imperiali. Nel novembre era a Lodi per iniziare con i suoi cavalli leggeri una logorante guerriglia contro i collegati imperiali, ducali e Veneziani. Il 9 febbr. 1524 i suoi cavalli arrivarono "fino in li zardini di borgi di Milan, et fato preda". Subito dopo si impadronì di Castel Leone che utilizzò abilmente come base per una serie di scorrerie nel Bergamasco. Dalla metà di febbraio alla metà di marzo fu un continuo susseguirsi di violenze e di saccheggi a danno della popolazione civile veneta, che costrinse i Veneziani a impegnarsi seriamente contro di lui, riuscendo infine a sloggiarlo l'11 marzo da Castel Leone, che però il E. riconquistava e fortificava nell'aprile.
Intanto l'esercito francese passava da una sconfitta all'altra, e incalzato dai collegati si ritirava in Piemonte, lasciando il presidio di Lodi, comandato da Federico Gonzaga signore di Bozzolo, e quello di Castel Leone che ne dipendeva, a sostenere da soli l'avanzata dell'esercito veneziano guidato dal duca d'Urbino Francesco Maria Della Rovere. Mentre attendeva alla fortificazione di Castel Leone il B. si ferì a una gamba e forse anche in conseguenza a questo incidente inviò il 6 gennaio un suo dipendente, certo Bartolomio di Villachiara, dal duca d'Urbino per offrire la resa "salvo l'aver e le persone, qual è in Castel Lion, con condition di esser acompagnato fino dove sieno securi, prometendo non intrar in Lodi, né altre terre e lochi che si tegni per il re christianissimo" (Sanuto, XXXVI, col. 310). Il duca d'Urbino accettò la proposta, ma l'8 maggio il B. smentì il Villachiara, e ai Veneziani che ormai lo stringevano d'assedio mandò a dire "ch'l si volea mantenir, et che quello liavia ditto el Villachiara era sta' da se e non de suo voller" (ibid., col. 329). La situazione generale, con l'esercito francese ormai definitivamente battuto, non consentiva troppe possibilità di resistenza, e l'11 maggio finì con l'arrendersi nelle mani del podestà di Crema Alvise Foscari "e non ad altri, con li capitoli salvo l'aver e le persone, et esser asecurato et acompagnato fino a li pe' de monti" (ibid., col. 339). Il 24 maggio Federico da Bozzolo dovette venire a patti, ottenendo anche un salvacondotto per il B., che poteva così ricongiungersi con il grosso dell'esercito francese.
Il B. dovette riprendere le armi nell'autunno dello stesso 1524, col ritorno dei Francesi in Italia, ma non si sa se combatté a Pavia. Il 2 maggio 1525, tre mesi dopo la disfatta dell'esercito francese, il Sanuto venne a sapere che il B. si trovava nel Ferrarese agli ordini di Giovan Paolo Manfron. Dopo questa data manca ogni notizia di lui. Non si conoscono il luogo e la data della sua morte.
Fonti e Bibl.: Storia di Milano scritta da Giovanni Andrea Prato, in Arch. stor. ital., III (1842), p. 298; Cronaca di Antonio Grumello…, a cura di G. Müller, in Racc. di cronisti e doc. stor. lombardi ined., I, Milano 1856, p. 320. Cronaca milanese... di maestro Ambrogio da Paullo: a cura di A. Cerati, in Misc. di storia ital., XIII, Torino 1871, pp. 213-214; Cronaca della nobilissima famiglia Pico scritta da autore anonimo…, in Mem. stor. della città e dell'antico ducato della Mirandola..., II, Mirandola 1874, pp. 69-77, 197-198; M. Sanuto,Diarii, III-XXXVIII, Venezia 1880-1893,ad Indices; Documents pour l'histoire de la domination française dans le Milanais (1499-1513), a cura di L.-G. Pélissier, Toulouse 1891, p. 281; La politica española en Italia. Correspondencia de don Fernando Marin,abad de Nájera,con Carlo I, a cura di E. Pacheco y de Leyva, I, Madrid 1919, pp. 441, 442, 448; M. Formentini,Ilducato di Milano, Milano 1877, p. 413; L.-G. Pélissier,Louis XII et Ludovic Sforza (8 avril 1498-23 juillet 1500), II, Paris 1897, pp. 277, 285 s.; E. Picot,Les Italiens en France au XVIe siècle, in Bulletin italien, I (1901), pp. 132 ss.; G. Ghilini,Annali di Alessandria, II, Alessandria 1903, p. 133; Mantova. La Storia, II, Mantova 1961, p. 325; P. Litta,Famiglie celebri ital., sub voce Birago di Milano, tav. II.