BINA, Andrea (al secolo Giuseppe)
Nato a Milano il 1º genn. 1724 da Francesco, militare, compì i primi studi nel seminario della città e apprese dal padre le lingue francese e tedesca; passò poi a studiare retorica nell'università di Brera. Nel 1741 entrò nella Congregazione dei benedettini cassinesi, iniziando con successo lo studio delle scienze matematiche e fisiche. Nel 1744 fu inviato a studiare teologia a Roma; dal 1748 divenne lettore di filosofia nei monasteri benedettini di Mantova, Padova e Perugia. In quest'ultima città promosse (1751) la fondazione di un'Accademia Augusta, di cui fu acclamato segretario perpetuo. Nel 1756 il B. tornò a Mantova per insegnare teologia nel monastero di S. Benedetto in Polirone, di cui divenne priore. Fu ascritto all'Accademia dei Ricovrati di Padova e alla Società Colombaria di Firenze. Da giovane ebbe vivo interesse per la fisica, specialmente per gli studi di elettrologia, che intorno alla metà del Settecento cominciavano a fiorire anche in Italia. Tradusse dal tedesco in latino il trattato di fisica sperimentale di Chr. Wolff, aggiungendo alla fine di ciascuno dei due volumi una propria dissertazione, rispettivamente sui tubi capillari e sui fenomeni elettrici.
Le aggiunte avevano lo scopo non solo di aggiornare l'opera del fisico tedesco, che, pubblicata fin dal 1721, era già invecchiata, ma anche di porre in rilievo i fenomeni capillari e gli elettrici, ritenuti dal B. i più generali fenomeni della natura, tra loro legati nella conducibilità elettrica, un fenomeno, secondo lui, di capillarità per il fluido elettrico.
Il B. s'interessò con successo anche d'ingegneria idraulica: nell'anno 1768 vinse il concorso bandito dall'Accademia delle Scienze di Mantova sul miglior modo di sistemare gli argini dei fiumi. L'attività scientifica gli aveva dato una buona rinomanza, tanto che nel 1775 corse voce che egli avesse prevenuto il Volta nell'invenzione dell'elettroforo, allora appena divulgato; la pretesa di priorità, subito rientrata, non lasciò strascichi: nell'autunno dell'anno successivo il Volta ebbe occasione di conoscere personalmente il B... al quale confidò i propri progetti di costruzione di "uno schioppo ad aria infiammabile", cioè ad idrogeno (A. Volta,Le opere, VI, Milano 1928, p. 156). Dopo questo episodio non si sa quasi più nulla dell'attività scientifica del B., forse impedita dall'assorbente attività didattica, come egli stesso lamenta nella prefazione dell'edizione latina del testo di fisica del Wolff. Il B. morì a Milano l'8 marzo 1792.
Nell'Electricorumeffectuum explicatio, il suoprimo saggio scientifico dato alle stampe nel 1751e accolto con favore dall'ambiente colto, il B., nel professarsi "religiosamente" newtoniano, ammette una generica attrazione tra fluido elettrico e materia ordinaria. Sulla base di questo postulato elabora una macchinosa teoria, che, rompendo la costante tradizione italiana da G. Galilei in poi, tenta di escludere dal meccanismo delle attrazioni e repulsioni elettriche la partecipazione dell'aria. Il volumetto del B. assume anche qualche rilievo storico per la ripetizione e la diffusione degli esperimenti di Christian Kratzenstein tendenti a introdurre metodi quantitativi nello studio dei fenomeni elettrici, mediante l'impiego d'una bilancia per misurare le forze d'attrazione, secondo un metodo adoperato più tardi (1788) e molto più felicemente dal Volta. Inoltre, constatato sperimentalmente che si esalta l'elettrizzazione strofinando i corpi idioelettrici con foglie metalliche, il B. migliorò la costruzione delle macchine elettrostatiche del tempo, ricoprendo con foglie di bronzo lo strofinatore del globo girevole di vetro. L'Electricorum effectuum explicatio costituisce, quasi immutata, l'accennata dissertazione aggiunta al secondo volume della traduzione latina del testo di fisica del Wolff; vi è soltanto premessa una breve prefazione, troppo inadeguata ai rapidi progressi fatti nel frattempo dall'elettrologia e rivelatrice del cessato o scarso impegno del B. nel seguire l'evoluzione scientifica dell'epoca.
Al saggio sull'elettricità seguì, nello stesso anno, un Ragionamento sopra la cagione de' terremoti, in un certo senso collegato al precedente. Infatti i fisici del tempo, per il rapido incremento delle conoscenze elettriche di quegli anni e soprattutto impressionati dagli effetti fisiologici della scarica della bottiglia di Leida, recentemente (1745) scoperta, avevano finito per credere che "tutto sia elettricità", come scrive il Bina. Nella scia di questa tendenza del tempo si pone il Ragionamento, nel quale, dopo aver esposto con molta erudizione e qualche divagazione fisica le varie teorie formulate per la spiegazione dei terremoti, il B. li assimila alla scossa ricevuta dagli esseri viventi dalla scarica della bottiglia di Leida: secondo lui, il fluido elettrico contenuto nelle viscere della terra, commosso dall'esplosione di sostanze combustibili presenti in caverne, provoca lo scuotimento della crosta terrestre. La teoria, che, criticata da F. A. Zaccaria, fu difesa e ribadita dal B. sotto lo pseudonimo di Teofilo Bruno, si riscatta alla fine con la descrizione di un sismografo, costituito da un lungo pendolo terminante con una pesante massa di piombo munita di punta rivolta verso il basso; la punta può scalfire la sabbia di una cassetta di legno galleggiante nell'acqua di un recipiente molto più ampio: il B. non spiega lo scopo di questo recipiente, la cui funzione riesce oscura. Dai solchi che la punta traccerà sulla sabbia "si potrà conoscere la qualità, e l'impeto della scossa" (Ragionamento, p. 46): cioè, il sismografo descritto, oltre a dare la direzione del terremoto, ne registra anche l'intensità. Il B. è pertanto considerato da molti storici l'inventore del sismografo a pendolo, sebbene già dal 1731 N. Cirillo avesse istituito allo stesso scopo osservazioni pendolari. Il Ragionamento fu ripubblicato nel 1756con lievi variazioni e qualche aggiunta, la più importante delle quali è la descrizione del terremoto di Lisbona del 1º nov. 1755, le cui caratteristiche confermerebbero, secondo il B., la sua teoria. La lettera sulle meteore infiammate, cioè sui fulmini, aggiunta a questa edizione, appare alquanto arretrata rispetto alla scienza dei tempi.
Opere: Electricorum effectuum explicatio..., Patavii 1751; Ragionamento sopra la cagione de' terremoti ed in particolare di quello della terra di Gualdo di Nocera nell'Umbria seguito l'a. 1751..., Perugia 1751 (2 edizione, "con una lettera dello stesso padre intorno alle meteore infiammate", Carpi 1756); Lettera intorno all'elettrizzazione dell'aria in occasione di tempo cattivo, in Novelle letterarie pubblicate in Firenze, XIV(1753), pp. 394 s.; Physica experimentalis Christiani Wolfii..., Accedunt additamenta..., ad cuiusque voluminis calcem, I, Venetiis 1753; II, ibid. 1756; Lettera al ch. P. Zaccaria di Teofilo Bruno, in Mem. per servire alla istoria letteraria, V(1755), cc. 31 s., 46-48, 63-68; Ragionamento sopra il quesito qual sia il metodo più sicuro,più facile e meno dispendioso... per impedire e riparare la corrosione delle ripe de' fiumi arginati..., Mantova 1769 (è la memoria premiata dall'Accademia delle Scienze di Mantova).
Bibl.: F. A. Zaccaria,Storia letteraria d'Italia, III, Venezia 1752, pp. 262-67; V, ibid. 1753, pp. 100-104, 717-19; G. M. Mazzuchelli,Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 1231-33; A. Volta,Epistolario, I, Bologna 1949, pp. 89 s.; J. G. Poggendorff,Biographisch-literarisches Handwörterbuch zur Geschichte der exacten Wissenschaften, I, Leipzig 1863, col. 191; G. Terrenzi,L'inventore del sismografo a pendolo, in Riv. scientifico-industriale, XIX (1887), pp. 52-55; G. Agamennone,L'inventore del sismografo a pendolo, in La meteorologia pratica, VII (1926), pp. 264-266; M. Gliozzi,L'elettrologia fino al Volta, I, Napoli 1937, pp. 200, 262; G. Polvani, A. Volta, Pisa 1942,ad Indicem.