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BIANCHINI, Andrea

di Giuseppe Pignatelli - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 10 (1968)
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BIANCHINI, Andrea

Giuseppe Pignatelli

Nacque a Venezia nel 1738; ordinato sacerdote, prestò la sua opera nella parrocchia di S. Apollinare a Venezia; insegnò anche, in giovane età, teologia dommatica nelle pubbliche scuole dei gesuiti. Laureato in diritto civile e canonico, esercitò per molti anni l'ufficio di avvocato ecclesiastico, finché si ritirò a vita privata, dedicandosi interamente agli studi. Morì a Venezia il 30 genn. 1805.

La sua prima opera fu De reductione missarum libri quattuor, Colonia 1765, cui seguì l'Illustrazione del pubblico ecclesiastico diritto accomodato alla pratica di Venezia, Venezia 1771: in queste opere già appaiono proposizioni che lo dimostrano un giurisdizionalista moderato. Due anni dopo, infatti, usciva alla luce il volume Delle cause spirituali ed ecclesiastiche rapporto ai diritti del sacerdozio e dell'impero, Venezia 1773. In esso, partendo da una rigida separazione fra potestà ecclesiastica e potere civile, che dichiara entrambi provenienti direttamente da Dio, il B. ne ricava che né al principe compete alcuna autorità nella definizione dei dogmi e nella prescrizione dei riti, né il sacerdozio può ingerirsi nella amministrazione civile o negli affari politici. È comunque dovere dei principi proteggere la Chiesa, e tale protezione consente loro di promulgare anche leggi riguardanti la disciplina ecclesiastica, intervenire nell'amministrazione dei beni del clero, nel governo dei luoghi pii, nel giudizio dei delitti comuni dei chierici. Nello stesso anno il B. traduceva in italiano gli atti del concilio tridentino e ne inviava il manoscritto in dono a Clemente XIV; questi lo donava, a sua volta, al segretario di Propaganda Fide, mons. Stefano Borgia (cfr. il manoscritto in Bibl. Apost. Vat.,Borg. lat. 242: Il Sacrosanto Concilio di Trento volgarizzato da A. B. sacerdote veneto e dottore in ambe le leggi, 1773). La traduzione non doveva essere stata bene accetta alla Curia, se una nota manoscritta ricordava che un decreto del 22 giugno 1629 proibiva la versione degli atti del concilio nelle lingue volgari. La pubblicazione fu peraltro fatta dal B., anonimamente, soltanto nel 1781, a Venezia. La sua più importante fatica fu il Diritto ecclesiastico tratto dalle opere del Van Espen con aggiunta di materie e delle pratiche particolari della Serenissima Repubblica di Venezia, Venezia 1786 (3 voll.), in cui espone completamente il suo pensiero sulle tracce del Van Espen "maestro della scienza canonica", fornito di "dottrina soda, e sgombra da pregiudizi, pietà, zelo pel ben della chiesa". Il B. si mostra nelle questioni dogmatiche avverso ai giansenisti, ma piuttosto favorevole agli autori gallicani: infatti spesso si serve dell'autorità del De Marca, del Bossuet e di Claude Fleury. Definisce il governo della Chiesa "monarchico temperato d'aristocratico" (1, 9), teorizzando un potere collegiale affidato ai successori degli apostoli, cioè ai vescovi, insieme col papa, cui però riconosce una generica autorità di ispezione su tutta la Chiesa. Quanto alla nomina dei vescovi, il B. fissa storicamente l'epoca in cui essa fu arrogata dal papa e tolta ai patriarchi e ai metropolitani, in conseguenza delle false decretali. È compito perciò dei principi vegliare affinché l'interesse dello Stato non sia leso dalle "pretese" pontificie. Affrontando la spinosa questione della riforma degli Ordini regolari e dell'immunità dei beni ecclesiastici, difende i diritti dei sovrani: la decadenza delle istituzioni monastiche può essere arrestata soltanto da una limitazione del numero dei conventi, prescritta dalle leggi del governo veneto in appoggio alle savie deliberazioni dei vescovi; quanto alle immunità, che non ritiene di diritto divino, il B. stima giusto che anche gli ecclesiastici contribuiscano con le imposte alle necessità dello Stato; non giudica però utili e giuste le alienazioni, a meno che tali beni siano usati realmente per gli scopi benefici per cui sono stati istituiti. Profondamente preoccupato per le sorti del cattolicesimo e sollecito del bene della società civile, egli chiarisce meglio il suo pensiero nelle Riflessioni di un Italiano sopra il trattato Dello stato della Chiesa di Giustino Febronio dopo la promulgazione degli Atti Consistoriali in Roma nel 1778 (inserite nella seconda parte del terzo volume del Diritto ecclesiastico, pp. 101-118). Chiaramente avverso al Febronio, egli si dimostra scettico di fronte alla possibilità e all'utilità di una riforma che tolga i deprecati abusi della Curia papale, in quanto pensa che l'apparato curiale sia indispensabile, così strutturato, per combattere gli scismi e le eresie e far riconoscere le decisioni della S. Sede in materia dogmatica. Le sue speranze sono riposte, invece, nella capacità dei governi di ottenere da Roma dei vantaggiosi concordati e di difendere le consuetudini locali favorevoli al potere civile. A chiarimento delle sue posizioni teoriche nel campo del diritto ecclesiastico pubblicò, in seguito, traendone il succo dall'opera storica del Fleury, una Nuova compilazione di storia della Chiesa, Venezia 1788-1790 (22 tomi). Pur rifiutando di entrare nel merito delle polemiche teologiche, il B. difende chiaramente le posizioni agostiniane, attingendo al sistema di Gianlorenzo Berti. Nello stesso tempo accetta scrupolosamente la bolla Unigenitus, che ritiene giusta condannatrice degli errori dottrinali dei giansenisti. Nel 1804 a Venezia pubblicò un opuscolo di intensa religiosità,Del santissimo sacrifizio della Messa. La morte gli impedì di completare un compendio delle Vite de' Santi dell'Antico Testamento di A. Martini.

Fonti e Bibl.: G. A. Moschini,Della lett. venez. del sec. XVIII fino ai nostri giorni, III, Venezia 1806, pp. 240 s.; G. Dandolo,La caduta della Repubbl. di Venezia ed i suoi ultimi cinquant'anni, Venezia 1855, p. 220; F. H. Reusch,Index der verbotenen Bücher, II, Bonn 1885, p. 932; E. Codignola,Il giansenismo toscano nel carteggio di Fabio De Vecchi, I, Firenze 1944; p. 21; M. Berengo,La società veneta alla fine del Settecento, Firenze 1956, p. 146; C. von Würzbach,Biographisches Lexikon des Kaiserthums Oesterreich, I, p. 381; H. Hurter,Nomenclator literarius... theologiae catholicae, V, coll. 80, 709.

Vedi anche
presbìteri presbìteri Nel Nuovo Testamento, gli "anziani" della comunità cristiana, a cui è affidato il governo della comunità stessa. Nel 2° sec. questa funzione di governo della Chiesa locale venne assunta, in alcune comunità, da un vescovo, che si differenzia dal collegio dei presbiteri, dando origine all'organizzazione ... Chiesa cattolica Si definisce cattolica, cioè "universale", la Chiesa cristiana di Roma, a partire all'incirca dal tempo dell'Editto di Costantino (313), che stabilì che il cristianesimo era religione lecita nell'Impero romano. Dopo la riforma protestante, l'attributo di cattolica serve soprattutto a distinguere la Chiesa ... parrocchia Ente ecclesiastico territoriale di base che forma, assieme alle altre parrocchia di una determinata partizione di territorio, la diocesi. ● Il can. 515 la definisce come una determinata comunità di fedeli, eretta stabilmente nell’ambito di una Chiesa particolare (la diocesi), la cui cura pastorale è ... vescovo Nel cristianesimo primitivo e in molte Chiese cristiane non cattoliche, il capo di una comunità di fedeli, in posizione più elevata rispetto agli altri ordini del ministero ecclesiastico. Nella Chiesa cattolica, prelato che, sotto l’autorità del romano pontefice, ha il governo ordinario di una diocesi, ...
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Vocabolario
àlbero di sant’Andrèa
albero di sant'Andrea àlbero di sant’Andrèa locuz. usata come s. m. – Pianta della famiglia delle ebenacee (Diospyros lotus), nota anche con i nomi di legno santo, loto falso, loto d’Egitto, guaiaco falso; originaria dell’Asia, ha foglie...
bianchina
bianchina s. f. [dim. di bianca], tosc. – La seconda dormita dei bachi da seta, che segue alla prima, chiamata bianca.
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