BADOER, Andrea Biagio
Nacque il 2 febbr. 1515 (1514 more veneto)da Pietro e da Caterina Giustinian; sposò nel 1544 una figlia del ricco Zuanne Corner e trascorse la vita nella carriera amministrativa e diplomatica. Inviato come rettore a Feltre nel 1552 ed a Crema nel 1553, fu successivamente eletto savio di Terraferma. Nel dicembre del 1560 gli fu affidata un'ambasceria straordinaria a Filippo II e tre anni dopo fu inviato come luogotenente in Friuli. Eletto membro del Consiglio dei Dieci, nel dicembre del 1567 fu delegato, insieme con Agostino Barbarigo e Sebastiano Venier, a discutere con i commissari imperiali la vertenza sui confini veneto-tirolesi nell'Ampezzano.
Un ruolo politico di notevole rilievo toccò al B. quando, caduta Cipro in mano ai Turchi nel 1571, si aprirono con la Spagna e con la Santa Sede le trattative per la formazione di una lega contro i Turchi. Il B. fu allora tra coloro che con maggior forza si opposero nel Senato veneto all'adesione della Repubblica alla lega: preoccupava infatti il B. ed il partito numeroso, anche se non ancora abbastanza influente, che egli in quelle circostanze rappresentò, il ruolo egemonico che la Spagna si sarebbe attribuito nella lega, aumentando pericolosamente anche in Italia, a tutto danno dello Stato veneto, la propria influenza politica; d'altra parte il B. prevedeva lucidamente gli scarsi risultati che un'iniziativa comune, del tutto provvisoria, degli Stati cristiani avrebbe prodotto nei riguardi dei vitali interessi veneziani in Levante: e sulla provvisorietà di una lega che univa tanti e così disparati interessi il B. non aveva dubbi "non essendovi cosa più sicura dell'incostanza delle leghe", come dichiarò in Senato, secondo quanto riferisce il Molmenti.
Le previsioni pessimistiche del B. furono ampiamente confermate dopo Lepanto, giacché le forze dei collegati non sfruttarono a fondo la vittoria e non riuscirono né a ridurre considerevolmente il pericolo di una controffensiva turca né a recuperare i territori perduti dalla Repubblica l'anno precedente.
Perduta ogni fiducia nella capacità della lega di difendere le province venete di Dalmazia e le isole del Levante, con il commercio paralizzato e le finanze esauste, la necessità di una pace separata con i Turchi, sostenuta dal B. e dal suo partito, nel quale convergevano coloro che a cagione della guerra erano sottoposti a più forti contribuzioni e quanti soffrivano maggiormente per l'interruzione del commercio con l'impero ottomano, finì per imporsi al governo veneto. Trattative segrete furono avviate tramite il bailo a Costantinopoli Marcantonio Barbaro e, nella fase finale di esse, il B. - che nel 1572 aveva recato al neoeletto Gregorio XIII l'omaggio della Repubblica - venne mandato a Costantinopoli come inviato straordinario per la stipulazione del trattato, insieme a Antonio Tiepolo, il quale succedeva al B. nella carica di bailo.
Le condizioni che il B. ed il suo compagno ottennero dal governo turco furono considerate in tutta Europa assai sfavorevoli ed addirittura vergognose dopo la vittoria di Lepanto. Esse incontrarono una forte opposizione nel Senato veneto ed in una parte larghissima della popolazione, che considerarono il trattato come lesivo non soltanto del prestigio veneziano, ma anche del futuro della Repubblica nel Mediterraneo. Ma il partito favorevole alla pace riuscì finalmente ad imporsi ed il trattato - stipulato nel marzo del 1573 - ottenne alla Repubblica quello che allora soprattutto importava: un trentennio di pace con l'impero ottomano e le tradizionali garanzie per il commercio in Levante. Selini II si impegnava, in proprio nome ed in quello dei suoi successori, ad una tregua di trenta anni, garantiva una assoluta libertà di commercio per le merci veneziane nel territorio dell'impero; si impegnava a rispettare i domini della Repubblica nell'Adriatico e in Grecia e autorizzava i mercanti veneti ad acquistare. spezie ed altre mercanzie ad Alessandria e Damasco. In cambio Venezia si impegnava ad un pagamento di 300.000 zecchini per i danni di guerra, rinunziava a qualsiasi diritto su Cipro, restituiva le piazzeforti occupate in Dalmazia durante la guerra e riconosceva assoluta libertà nei propri domini al commercio turco.
Tornato a Venezia dopo la stipulazione del trattato, il B. sottolineava nella sua relazione al doge che egli ed il Tiepolo avevano finito per rassegnarsi alle condizioni imposte dal sultano "costretti dalla necessità, dubitando noi che non determinassero la guerra, invitati da pericoli maggiori che erano per succedere, e sforzati per lettere di Vostra Serenità".
In questa relazione, tuttavia, il B. non accenna che molto rapidamente alle trattative di pace, rimandando ai dispacci che in proposito aveva inviati da Costantinopoli. Egli si sofferma invece con interessanti notizie e considerazioni sui metodi della diplomazia turca e sul comportamento dei principali esponenti politici dell'impero ottomano, sottolineando in particolar modo l'influenza che sul sultano esercitava l'ebreo Giovanni Miquez, che accusa di aver suggerito a Selim i più nefasti progetti contro la cristianità perché, essendo lui capo di tutta la nazione sua ed avendo intelligenza in ogni loco e per tutte le parti del mondo fa sapere a Sua Maestà molte imperfetioni dei principi, che causano poi grandissime rivolutioni negli Stati,".
Nel 1575 il B. fu designato ambasciatore straordinario ad Enrico III di Francia, ma, giunto a Vercelli, si ammalò e vi morì poco dopo aver dettato, l'11 sett., una integrazione al suo testamento in favore dei nipoti maschi.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Avogadori di comun, Nascite di patrizi,I, f. 11 v; Senato, Dispacci Spagna,filza 4, cc. 54-58 (5-22 dic. 1560); Dispacci Costantinopoli,filza 6, cc. 11-61 (dal 3 ag. 1573 al 26 febbr. 1574); Dispacci Francia,filze 8 bis-9 (6-29 luglio 1574 e 24 ag.-19 sett. 1575); Testamenti, Atti Ziliol Cesare,busta 1256; E. Alberi, Le relazioni degli ambasciatori veneti al Senato durante il sec. XVI,s. 3, I, Firenze 1840, pp. 347-368, 369-436; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni veneziane,V,Venezia 1842, pp. 248, 592; G. Moroni, Diz. di erudiz. stor. ecclesiastica, XCII,Venezia 1859, p. 399; Ch. Yriarte, La vie d'un patricien de Venise au seizième siècle, Paris 1874, pp. 217 s.; P. Molmenti, Sebastiano Veniero e la battaglia di Lepanto,Firenze 1899, p. 209; F. Seneca, Ildoge Leonardo Donà, Padova 1959, p. 273.