VAJ, Andrea Benedetto
VAJ, Andrea Benedetto. – Non sono note le sue origini e nemmeno i suoi natali. Presumibilmente lombardo, se non proveniente direttamente dall’entroterra milanese (Novellis, 1844), è certo solamente che questo maestro fu attivo fra la prima e la seconda metà del XVIII secolo per lo più nel contesto delle comunità di Savigliano e Cavallermaggiore (Cuneo), dove ricoprì il ruolo tanto di progettista quanto di direttore di cantiere (Turletti, 1844, p. 796).
Del resto, era tipico per l’epoca svolgere entrambe le mansioni, giacché riunire in sé simili compiti consentiva sia di soddisfare rapidamente le volubili indicazioni della committenza sia di abbattere i costi di fabbricazione. Per di più, l’imprenditoria garantiva un sostentamento stabile, altrimenti difficoltoso in ambienti per loro natura poveri di mezzi.
Il primo incarico di prestigio sicuro cui prese parte Vaj fu la costruzione del campanile della collegiata di S. Andrea a Savigliano, edificato all’incirca nel 1737 a partire da una preesistenza in situ (Bonino, 1929, p. 49).
Sviluppato in tre piani scanditi da altrettante cornici – l’ultimo dei quali aggiunto nel 1928 da Giuseppe Gallo (Rovere, 2016, p. 298) – il torrione rielaborava i modelli della tradizione secondo una linea di maggiore dinamicità, smussando gli angoli per mezzo di aggetti dal forte valore plastico, sottolineati dall’accentuata sporgenza della trabeazione sopra le bucature del livello intermedio: forature, quest’ultime, così come le sottostanti, tutte arricchite al contorno da cornici e decorazioni desunte dal repertorio di compendi come lo Studio d’architettura civile (Roma, dal 1702) all’epoca di grande successo nel Piemontese sulla scia delle sperimentazioni di Bernardo Antonio Vittone (Zevi, 1971).
Tuttavia, si trattava di aggettivazioni che rinnovavano unicamente l’aspetto esteriore e non la sostanza del manufatto: un atteggiamento diffuso coerente con la situazione economico-finanziaria di una municipalità più volte oggetto di occupazione militare nella prima metà del Settecento, rilevabile altresì nello sviluppo dell’interno della chiesa adiacente, aggiornata da Vaj a partire dal 1731 e terminata attorno al 1756-57. Nello specifico, allorché le truppe francesi di norma stanziate nel borgo se ne ritirarono definitivamente, si rese opportuna una ristrutturazione integrale del principale centro di culto cittadino, precedentemente adibito a ospedale. Al capomastro venne affidato l’onere di tale rinnovamento, che si concretizzò in una rimodulazione delle superfici e in un ampliamento dell’edificio che, ritratto in un secondo momento dal figlio Michelangelo (Veduta dell’interno della chiesa di S. Andrea a Savigliano, 1792, penna e inchiostro grigio acquerellato; in Romano - Spione, 2004), fu poi concluso da una facciata in continuità con i caratteri dell’annesso campanile.
Sempre in loco l’ormai a tutti gli effetti architetto si occupò nel 1775 pure dell’ampliamento della vicina chiesa di S. Giovanni, già riformata da lui nella tribuna nel 1765 per volontà dell’omonima confraternita ivi presente: una modernizzazione condotta principalmente – questa volta – nel presbiterio, il quale venne provvisto di un nuovo altare e quattro colonne agli angoli.
In quegli stessi anni Vaj lavorò al completamento della fabbrica di S. Giovanni Decollato a Cavallermaggiore, comunemente conosciuta come dei Battuti Neri, la cui facciata era rimasta irrealizzata dal 1719. Vaj la terminò entro il 1766: un prospetto in laterizio a faccia vista, severo nella composizione, ma altresì vivace nell’articolazione intrinseca, risolta per mezzo di un profilo concavo ai lati – concluso da due imponenti pilastri adornati da binati di lesene – e di un settore mediano convesso di maggiore altezza, valorizzato dal portone centrale e dal soprastante finestrone ovale.
Vaj ideò in seguito pure la parrocchiale di S. Lorenzo nella borgata del Foresto – frazione di Cavallermaggiore – la quale fu probabilmente il suo capolavoro.
Innalzata fra il 1770 e il 1774, questa chiesa dai tratti tardobarocchi, evidenti soprattutto nella concavità dell’affaccio, si connota per una pianta a forma di quadrato i cui angoli risultano, cionondimeno, smussati da tratti di linea retta; così, in due lati della figura prendono forma altrettanti bracci contenenti altari in cotto, mentre gli altri alloggiano il presbiterio e – di contro – la porta d’ingresso (Bonino, 1929, p. 51).
Sobrietà combinata a un’attenzione tutta speciale al dettaglio caratterizza infine a Cavallermaggiore gli altari maggiori della chiesa dei Battuti Bianchi (confraternita di S. Croce e di S. Bernardo) e della Madonna del Pilone, per il cui arredo l’esperto costruttore disegnò nel 1770 in più la balaustrata e l’alzato attorno all’ancona, il tutto in marmi policromi.
Non è dato sapere quando esattamente Vaj si spense e se egli ebbe o no allievi di sorta.
Indubbiamente, però, si formò nella sua bottega il figlio Michelangelo (1750-1810) – «pittore architetto» (Savigliano, Archivio di S. Maria Assunta, ad vocem) – successivamente autore dell’altare maggiore della confraternita dell’Assunta a Savigliano (1798). Il progetto di qualità raccolse l’approvazione persino di Carlo Andrea Rana, architetto regio al servizio di re Emanuele IV di Savoia, il quale a sua volta aveva donato i marmi necessari per l’esecuzione della mensa. Coinvolto più tardi nel perfezionamento dell’ospedale cittadino di Cavallermaggiore attorno al 1785, il giovane Vaj tuttavia si dedicò di qui in avanti quasi esclusivamente all’elaborazione di ornamenti e mobili. Rinchiuso coattamente per un disturbo mentale nell’istituto sanitario di Savigliano attorno all’anno 1800, vi morì attorno al 1810 (Casalis, 1849).
Fonti e Bibl.: Savigliano, Archivio di S. Maria Assunta, ad vocem.
C. Novellis, Storia di Savigliano e dell’abbazia di S. Pietro, Torino 1844, p. 365; C. Turletti, Storia di Savigliano, II, Torino 1844, pp. 87, 796, 997; G. Casalis, Dizionario geografico, storico-statistico-commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna, XIX, Torino 1849, p. 557; G. Peiretti, Santuario dell’Assunta in Savigliano, Savigliano 1907; P. Prato, Storia di Cavallermaggiore, Savigliano 1912; A. Bonino, A. e Michelangelo V. architetti, in Bollettino della Società piemontese di archeologia e belle arti, VIII (1929), 3-4, pp. 49-53; Mostra del Barocco piemontese (catal.), a cura di V. Viale, I, Torino 1963, p. 72; S. Galletto, Cavallermaggiore, storia, vita, arte, Cavallermaggiore 1967, pp. 142, 144 s.; B. Zevi, Cronache di architettura, V, Roma-Bari 1971, p. 137; A. Olmo, Arte in Savigliano, Savigliano 1978, pp. 20-22, 28, 48, 55, 79 s., 221; E. Sbaglietti, Il Campanile di S. Andrea a Savigliano: indagine conoscitiva della storia e della condizione strutturale, tesi di laurea, Politecnico di Torino, 2003; G. Romano - G. Spione, Una gloriosa sfida: opere d’arte a Fossano, Saluzzo, Savigliano, 1550-1750, Caraglio 2004, p. 337; F. Carena - E. Gallo - D. Racca, Cavallermaggiore – chiese. Alla scoperta delle nostre radici storiche, religiose, artistiche e culturali, Torino 2014, pp. 74-77; C. Rovere, Viaggio in Piemonte di paese in paese, I, Savigliano 2016, pp. 293-299.