ALPAGO, Andrea
Medico e arabista, nato a Belluno poco dopo la meta del sec. XV, morto nel 1521. Sembra appartenesse all'antica famiglia bellunese dei Bongaio conti di Alpago, ed è menzionato talvolta col solo cognome Bongaio (anche nella grafia corrotta Mongaio); figlio del primo conte, Enrighetto, sarebbe stato Agostino, padre del notaio Francesco, padre a sua volta del notaio Nicolò (m. 1475), dal quale nacquero Andrea e altri sei fratelli; si rammenta il nome della moglie di A., Lucrezia, nonché la sua ammissione nel consiglio dei nobili il 12 maggio 1479 e l'atto di divisione dal suo patrimonio (F[rancesco] P[ellegrini] in (G. de Bertoldi], Notizie e lettere di A. A. medico in Damasco tratte dai Diarii di Marino Sanuto, Nozze Alpago-Novello-Valduga, Belluno 1888, p. 19; L. Alpago-Novello, Matrimoni delle famiglie Alpago, Alpago-Novello, Novello e Bongaio, in Arch. stor. di Belluno, Feltre e Cadore, III [1531], p. 205; Francesco Alpago, Dizionario delle cose bellunesi, mss. nella Biblioteca civica di Belluno e presso il dr. arch. Alberto Alpago-Novello; notizie inedite fornite da quest'ultimo); ma niente altro è noto né dei suoi anni giovanili né dei suoi studi di medicina, che ovviamente dovettero essere compiuti a Padova. Ad acquistare conoscenza assai più che superficiale dell'arabo e della cultura islamica, tale da consentirgli d'intendere nel testo originale opere mediche e filosofiche (il che gli assegna un posto unico tra i dotti europei del suo tempo), gli porse il destro il soggiorno trentennale fatto a Damasco (a partire approssimativamente dal 1487) in qualità di medico del consolato di Venezia: come suo maestro egli rammenta un "Ebenmechi physicus inter omnes arabes primarius", recentemente identificato col medico damasceno Shemseddin Moliammed Ibn Mekki, morto più che ottantenne nel 1531. La sua perizia linguistica gli procurò presso il consolato incarichi anche estranei all'arte medica, dei quali rimane traccia nei diari di Marino Sanuto in forma di rapporti, alcuni assai lunghi, inviati da lui, tra il 1504 e il 1514, intorno alla situazione politica e commerciale dell'intero Oriente, dall'Egitto e dalla Turchia fino all'India, e in particolare intorno al "Sophi" o "Suffi", ossia lo scià di Persia Ismā'īl fondatore della dinastia Safawide (1502-24), del quale Venezia ricercava l'alleanza contro i Turchi (Diarii, VI, pp. 57-58;XI, pp. 31, 477-480; XV, pp. 355-358; XVIII, pp. 155,393-396: l'A. vi è chiamato "Maistro Andrea Bellunese", più spesso "Andrea da Cividale", dall'antica denominazione del comune di Belluno).
Nel suo Compendium, f. 25, l'A. riproduce, in italiano, l'introduzione di una lettera dello scià alla Signoria, mostrando così di avere accesso a documenti riservati, o addirittura di esserne il traduttore. Fin dal 1510 (Diarii, XI, p. 31) egli era conosciuto a Venezia come colui che "traduse Avicena de arabico in latin".
Nel 1507, dopo vent'anni di residenza a Damasco, l'A. sembra aver manifestato il proposito di far ritorno in patria, ma aver poi cambiato idea all'arrivo del sostituto che la Signoria aveva mandato al seguito del nuovo console Tommaso Contarmni: ciò risulterebbe dalla rimostranza inviata a Venezia dal console, copia della quale è segnalata a principio del sec. XIX presso discendenti dell'A. (così Ticozzi: il documento sembra essersi smarrito).
L'A. rimase a Damasco ancora dieci anni, e la lasciò soltanto nel 1517 (forse in seguito alla conquista della Siria da parte degli Ottomani?) per recarsi presso il consolato di Nicosia a Cipro, dove rimase fino al 1520; secondo quanto narra il nipote Paolo (figlio di suo fratello Cristoforo), suo compagno di viaggi e di studi, avrebbe percorso la Siria, l'Egitto, Cipro in traccia di manoscritti arabi. Tornato in patria, il Senato veneto gli conferì una cattedra nell'università di Padova; ma, pochi mesi dopo, la morte lo colse all'improvviso dopo cena. Così racconta l'umanista Pieno Valeriano, suo concittadino più giovane, il quale anche ne pianse il triste fato in un epigramma latino che si trova stampato in fronte così al Compendium come al Canon.
La notizia secondo la quale sarebbe stato professore di medicina teorica a Padova nel 1506 (N. C. Papadopoli, Historia Gymnasii Patavini, Patavii 1726, I, p. 293, riprodotta da Iac. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, Patavii 1757, p. 137, con la correzione della data in 1504) è certamente falsa (l'A. era allora a Damasco) e sembra nata da errata interpretazione di una frase della cronaca di Belluno di G. Piloni, che pone nel 1504 il "fiorire" dell'A., del quale si dice poi, senza riferimento cronologico, che "lesse pubblicamente in Padova con grande concorso" (non figura tuttavia negli elenchi dei professori). Un suo busto marmoreo "in costume turco", accompagnato da un'iscrizione laudativa datata del 1566, esiste tuttora a Belluno in via San Lucano sulla facciata dell'antica casa degli Alpago, passata poi alle famiglie Tissi e Protti. Di un suo ritratto, già posseduto da Luigi Alpago-Novello e trafugato durante l'occupazione austro-germanica nel 1917-18, si conserva un 'incisione in rame, di Francesco Monaco (sec. XVIII), nel Museo civico di Belluno (notizia dell'arch. A. Alpago-Novello) e ne è segnalata una fotografia presso l'Orto botanico dell'università di Padova: da essa il proprietario fece poi trarre un nuovo dipinto (così nella prima puntata dell'articolo citato immediatamente qui sotto).
L'A. è stato talvolta confuso col suo congiunto di poco più giovane, il botanico Agostino Alpago, sul quale v. L. Alpago-Novello, A. A. botanico bellunese del Cinquecento, in Arch. stor. di Belluno..., IX (1937), pp. 841-849; XII (1940), pp. 1229-1231.
Le opere a stampa dell'A., tutte pubblicate postume, sono:
1. Principis Avic[ennae] Liber Canonis ["al-Qānūn fi'ṭ-ṭibb", la famosa enciclopedia medica] necnon de Medicinis cordialibus ["al-Adwiya al-qalbiyya",n. 111 in G. C. Anawati, Essai de bibliographie avicennienne,Cairo 1950 (in arabo)] et Canticum ["al-Urgiūza fi'ṭ-ṭibb", compendio di medicina in versi, n. 114 A., ed. e trad. H. Jahier-A. Noureddine, Paris 1956] ab Andr[ea] Bell[unensi] ex antiquis Arabum originalibus ingenti labore summaque diligentia correcti atque in integrum restituti una cum interpretatione nominum Arabicorum quae partim mendosa partim incognita lectores antea norabantur, Venetiis, Giunta, 1527. Altre edizioni con leggere modificazioni nel frontespizio, sempre presso i Giunta, 1544 (con correzioni di Paolo Alpago, il quale promette prossima l'edizione di scritti inediti dello zio); 1555 ("curante Benedicto Risio") coll'aggiunta di: Libellus Avicennae de Removendis nocumentis quae accidunt in regimine sanitatis s[ive] ex errore usus rerum naturalium ["Raf' (o Daf') al-madārr al-kufliyya 'an al-abdān al-insāniyya", anche intitolato "at-Tadāruk li-anwā' khaṭa' at-tadbīr" o "Tadāruk al-kḥaṭa' al-wāqi' fi'l-a'-māl aṭṭibbiyya", n. 130 A., ma meglio in Y. Mahdavi, Bibliographie d'Avicenne,Teheran 1954 (in persiano), pp. 114-115 n. 75]; Tractatus de syrupo acetoso...["Fi's-Sikandagin",n. 132 A.]; 1562 con correzioni e aggiunte "adhibitis ex exemplaribus manu Alpagi scriptis quorum copiam nuper nobis fecerunt eius heredes"; 1564 ("curantibus loanne Paulo Mongio Hydruntino et loanne Costaeo Laudensi"), in due volumi; 1582; 1595; 1608, in due volumi. Un'edizione di Basilea 1556 riproduce la giuntina del 1555; anche varie altre edizioni dei secc. XVI e XVII sono fondate sulla traduzione dell'A.; il Canticum (o Cantica, plurale) è riprodotto anche nel vol. X di Aristotelis... omnia quae extant opera,Venetiis 1550-52, e ristampe 1562, 1574.
2. Serapionis medici Arabis celeberrimi Practica... quam postremo Andreas Alpagus Bellunensis medicus, et philosophus idiomatisque Arabici peritissimus, in latinum convertit...(altro titolo a f. Ir: Liber Ioannis filii Serapionis, noviter ex Arabico in latinum traductus per...) ["al-Kunnāsh" (Zibaldone) di Yūḥannā (o Yaḥyā) ibn Sarābiyūn (sec. IX), nella redazione minore in sette libri]. Venetiis, Giunta, 1540.
3. Avicennae philosophi praeclarissimi ac medicorum principis Compendium de anima ["Maqāla fi'n-nafs",n. 102 A.] (f. 1-39v) De Mahad, id est de dispositione seu loco ad quem revertitur homo vel anima eius post mortem ["ar-Risāla al-Aḍḥawiyya fī amr al-ma'ād", n. 200 A.] (f. 40-102). Aphorismi de anima [non identificato: il titolo arabo sembra essere "al-Fuṣūl fi'nnafs"] (f 102v...121) De diffinitionibus ["Fi'l-ḥudūd", n. 9 A.] (f. 121-137v) et quaesitis (altro titolo più ampio: Quaesita sumpta ex libello Avicennae de quaesitis) [probabilmente sono estratti da "al-Masā'il al-'ashara", n. 38 A., inedito] (f. 137v-139v). De divisione scientiarum ["Aqsām al-ḥikma", n. 4 A.] (f. 139v-145v). Venetiis, Giunta, 1546. Proemio di Paolo Alpago.
4. Avicennae... Libellus de removendis nocumentis, quae accidunt in regimine sanitatis. Tractatus eiusdem... de Syropo acetoso [sono i due opuscoli ristampati nell'edizione 1555 del Canone]. Syrasi philosophi ...expositiones super secundam, et tertiam, et partem quartae fen primi canonis Avic.[commento di Quṭbaddīn Muḥammad ibn Mas'ūd ash-Shīrāzī (sec. XIII), n. 140, p. 205, 3 A.]. Ebenefis philosophi ...expositio super quintum canonern Avicennae [commento di 'Ali Ibn an-Nafīs (sec. XIII), n. 140, p. 250, 2 A.]. Tractatus de ponderibus, et mensuris [non è il cap. 10 della sez. 2 del libro 5 del Canone; "Fi dhikr al-awzān wa'l-makāyil",e sarà piuttosto "Tafsīr al-akyāò wa'l-awzān"di Abu'l-Qāsim Khalaf az-Zahrāwi (Abulcasis) (sec. X)]... Venetiis, Comino, 1547. Proemio di Paolo Alpago.
5. Ebembitar Arabs de malis Limonibus [è la voce "Laymūn" del lessico di materia medica e dietetica "Giāmi' mufradāt al-adwiya wa'l-aghdhiya" di Muḥammad Ibn al-Bayṭār (sec. XIII), IV, pp. 118-122 dell'ed. Cairo 1291 è gira, trad. Leclerc in Not. et Extr. des manuscrits,XXVI (1885), pp. 256-262]. Tractatus Arabicus ab A.A. latinitate donatus.Venetiis, Orazio Gobbis, 1583 ("curante Francisco Butirano"). Altre edizioni: Parigi 1602 (Embitar); Cremona 1757; commento di Paolo Valcarenghi, Cremona 1758.
Notizie sulle varie edizioni si trovano in A. G. Ellis, Catalogue of Arabic Books in the British Museum, London 1894, I, pp. 269-271; L. Alpago-Novello, Giunte alla Bibliografia Bellunese di Augusto Buzzati (Miscell. di storia Veneta edita per cura della R. Deput. di storia patria per le Venezie,s. 4, V, 2), Venezia 1931, nn. 33, 37, 41, 42, 54.
Nel proemio al Compendium Paolo Alpago dà l'elenco di alcuni inediti dello zio dei quali promette l'edizione (di altri rammenta solo l'esistenza, non il titolo): De venenis [secondo Wüstenfeld sarebbe l'opuscolo attribuito ad Avicenna nel catalogo dei manoscritti orientali della Laurenziana di Firenze, n. 222; ma l'attribuzione non è sicura]; De correctione errorum qui accidunt in regimine sanitatis [è l'opuscolo pubblicato nei nn. 1 (ed. 1555) e 4]; De medicinis principum non horribilibus [è probabilmente "at-Tibb al-mulūki" di Abū Bakr Muḥammad ibn Zakariyyā' arRāzī (Rhasis) (sec. IX-X)]; De lapidibus pretiosis [è forse "Azār al-afkār fī giawāhir al-aḥgiār" di Ahmad ibn Yūsuf at-Tifāshi (sec. XIII), del quale l'A. menziona una traduzione latina nell'indice del Canone, f. 7 col. 2 (ed. 1555)].
L'A. stesso nel proemio all'indice dei nomi del Canone ricorda una sua traduzione di una storia dei filosofi arabi e greci, che certamente è "Ta'rīkh al-ḥukamā'" di 'Ali Ibn al-Qifṭī (sec. XII-XIII), conservato soltanto in compendio.
Un giudizio esauriente sul valore dell'opera dell'A, non potrebbe darsi se non sul fondamento di un esame accurato di essa, di un confronto con le traduzioni latine medievali, e di un'indagine delle fonti arabe adoperate da lui: esame, confronto e indagine non mai intrapresi finora e dei quali è sentito il desiderio (un primo saggio se ne ha nell'ultimo degli scritti di M.-Th. d'Alverny cit. in bibl.).
Mentre alquanti degli opuscoli medici e l'intera raccolta degli opuscoli filosofici avicenniani sono stati tradotti per la prima volta dall'A., le traduzioni del Canone, di Serapione, dei due opuscoli che seguono il Canone nell'edizione del 1555 si presentano come revisioni di quelle di Gherardo da Cremona e di altri traduttori medievali; e deve anche rammentarsi che nella revisione del. Canone l'A. era stato preceduto da Girolamo Ramusio (1450-86), che anch'egli aveva imparato l'arabo a Damasco (v. F. Flamini, Gir. Ramusio [1450-1486] e i suoi versi latini e volgari, in Atti e Mem. d. R. Acc. di scienze, lettere e arti di Padova, n. s., XVI (1899-1900], pp. 11-41), la cui versione, limitata al libro primo, è stata utilizzata in edizioni posteriori a quella dell'A. e non sembra sia stata conosciuta da questo (si conserva, interlineata nella copia del testo arabo fatta dal Ramusio stesso a Damasco nel 1485,nel manoscritto della Bibliothèque Nationale di Parigi Arabe a.f. 1048, n. 2897 del catalogo). Ma già da saggi sporadici e sommari risultano l'impegno posto dall'A. nel suo lavoro, la sua conoscenza dell'arabo, la sua familiarità con la terminologia scientifica islamica, naturalmente entro i limiti dei criteri metodologici del tempo. Il lunghissimo e diffuso Indice dei nomi (ossia dei termini tecnici e della materia) del Canone, che accompagna e integra quello tradizionale, non solo corregge la trascrizione e illustra il significato di un numero stragrande di termini anatomici, cinici, farmacologici, ma riferisce passi di opere arabe di medicina, farmacopea, storia naturale e contiene osservazioni dirette e precise dell'ambiente orientale; nella breve introduzione premessagli si rettifica la leggenda dell'origine spagnola di Avicenna (e le edizioni dal 1544 in poi contengono la biografia di Avicenna composta da un discepolo di lui e tradotta di su un manoscritto posseduto dall'A.) e si forniscono informazioni sostanzialmente esatte sulla peculiarità della scrittura araba e dell'onomastica musulmana. Tanto nel Canone quanto negli altri testi tradotti l'A. ha cura di riferire varianti di manoscritti.
Ma la piena misura della sua erudizione, del suo ingegno e dell'originalità del suo lavoro l'A. la dà nella raccolta di testi filosofici avicenniani, che ha inizio col Compendium de anima: la traduzione è accompagnata da "declarationes" ed "explicationes" in cui vari punti dottrinali sono esposti diffusamente (alcune note occupano più che una dozzina di pagine) con comprensione intelligente così della filosofia come del sistema teologico islamico secondo le differenti tendenze, scuole e sètte (talora con raffronti con le dottrine cristiane), con frequenti riferimenti a fonti letterarie. Se anche possa sospettarsi che alcuni degli autori citati gli siano noti soltanto di seconda mano, attraverso compendi dettatigli o fornitigli dal suo maestro Ibn Mekki, la sua capacità d'intendere ed esporre una materia ardua e nuova è degna di ammirazione e fa di lui uno dei più insigni iniziatori dello studio dell'Islam in Occidente.
Bibl.: Pieno Valeniano, De litteratorum infelicitate, lib. I, Venezia 1620, pp. 34-35; G.Piloni, Historia... della città di Belluno, Venetiis 1607, p. 261; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, I, 1, Brescia 1753, pp. 515-517; S. Ticozzi, Storia dei letterati e degli artisti del dipartimento della Piave, I, Belluno 1813, pp. 67-74; M. Pagani, Catalogo ragionato delle opere dei più insigni scrittori bellunesi non viventi, Belluno 1844, pp. 8-10; A. De Gubernatis, Matériaux pour servir à l'histcnre des études orientales en Italie, Paris-Florence 1876, pp.183-186; F. Wustenfeld, Die Uebersetzungen arabischer Werke in das Lateinische..., Gottingen 1877, pp. 123-127 (Abhandlungen der kon. Gesellsch. der Wiss. zu Gott.,XXII); Andrea Alpago Medico - Cenni tratti dal Dizionario manoscritto delle cose bellunesi di Francesco Alpago, dedicati da O. Angoletta, ecc., Belluno 1888 (Nozze Alpago-Novello-Valduga); M. Steinschneider, Die europdischen Uebersetzungen aus dem Arabischen..., Wien 1904, p. 5n. 16 (Sitzungsberichte der kaiserlichen Akad. der Wiss. zu Wien,149, IV. Abh.); M.-Th. d'Alverny, Avicenne et les médecins de Venise,in Medioevo e Rinascimento, studi in onore di B. Nardi, Firenze 1955, pp. 184-198; Id., Les traductions d'A vicenne (moyen age et renaissance), in Avicenna nella storia della cultura medioevale, Roma 1957, pp.85-86 (Acc. dei Lincei. Problemi attuali di scienza e di cultura, quad. 40); Id., Anniyya-Anitas,in Mélanges offerts à Etienne Gilson,Toronto-Paris 1959, pp. 81-88; E. D. Coppola, The discovery of the pulrnonary circulation, in Bulletin of the History of Medicine, XXXI, 1957, pp. 44-77 (sulla possibilità che A. abbia comunicato a Realdo Colombo la teoria d'Ibn an- Nafīs, con dati biografici inediti forniti dall'arch. A. Alpago-Novello); J. Schacht, Ibn an-Nafīs. Servetus and Columbus, in Al-Andalus, XXII, 1957, pp. 317-322; Biogr. Univers., I, p. 516; Nouvelle Biogr. Géjzér., II, coll. 205-206; Biographisches Lexikon der hervorragenden Aerzte, I, Berlin-Wien 1929, p. 99.