AMPÈRE, André-Marie
Nato presso Lione il 22 gennaio 1775, morto a Marsiglia il 10 giugno 1836, dotto ricercatore in molti e svariatissimi rami del sapere, soprattutto nella fisica e nella matematica, celeberrimo per la scoperta dei fenomeni elettrodinamici e delle loro leggi; singolare esempio di autodidatta e di fervido amante della scienza. La sua vita, quale ci fu narrata da Arago e da Sainte-Beuve, è, nella sua semplicità, piena d'interesse.
Figlio di Jean-Jacques, trascorse la gioventù nel villaggio natale, Polémieux-le-Mont-d'Or, presso Lione. Fu fanciullo d'ingegno precocissimo, specialmente per la matematica. I suoi biografi raccontano che, prima di conoscere le cifre, egli si appassionava a fare complicati calcoli con l'aiuto di sassolini, e che una volta, essendo malato, e avendogli la mamma tolti i sassolini, perché non si affaticasse, usava in loro vece pezzetti di biscotto, anziehé cibarsene, dopo tre giorni di dieta strettissima. Narrano ancora che verso i dodici anni, avendo già imparata l'algebra e la geometria, si presentò all'abate Daburon, bibliotecario del collegio di Lione, chiedendo le opere di Eulero e di Bernouilli: in poche settimane imparò dal padre tanto di latino da poterle leggere, e dal Daburon ebbe il necessario avviamento al calcolo infinitesimale per poterle comprendere. Verso quel tempo, un amico del Daburon gli diede anche qualche avviamento alla botanica. Poi da sé stesso continuò gli studî più svariati: fin da allora impresse indelebilmente nella sua portentosa memoria tutta l'Encyclopédie. Quanto alla profondità dei suoi studî, è da notare che a diciotto anni egli studiava la Mécanique analyitque di Lagrange, rifacendone tutti i calcoli.
Sulla formazione della sua personalità morale, come egli stesso ricordava più tardi, tre cose ebbero, nella sua prima giovinezza, un'influenza notevole: la lettura fatta dell'elogio di Cartesio scritto da Thomas, che gl'ispirò l'entusiasmo per la scienza; la prima comunione che formò la sua coscienza religioaa cattolica; la presa della Bastiglia, che esaltò in lui l'amore per la libertà, il quale non si estinse mai. I suoi studî ebbero un'interruzione crudele per una tragica sventura: l'anno 1793 dopo l'assedio e la caduta di Lione, nelle feroci rappresaglie giacobine del Fouché, il padre di Andrea Maria Ampère cadde sotto la ghigliottina, terribile colpo al cuore del povero figlio, che ne fu reso quasi stupido per lungo tempo. Finalmente si rianimò, dedicandosi ardentemente alla botanica; d'altra parte, l'armonia di alcuni versi di Orazio letti per caso lo attrasse allo studio del latino, delle letterature classiche e dell'italiana. Naturalista insieme e letterato, erborizzava declamando versi, coltivava un piccolo orto botanico e sbozzava tragedie e poemi. Se in letteratura non fu niente più d'un colto e garbato dilettante, in botanica acquistò una competenza da vero scienziato naturalista. Tra le svariate cose ideate da Ampère nella sua giovinezza, si dovrebbe, secondo Arago, dare qualche importanza a una lingua universale da lui inventata, e nella quale declamava versi agli amici, che ne ammiravano l'armonia senza comprenderne il significato.
Poeticamente ingenuo fu il suo amore per una fanciulla vista la prima volta nella luce del crepuscolo coglier fiori presso un ruscello; amore che egli narrò a sé stesso in un diario intimo intitolato Amorum (curioso il plurale), tramezzando a candide note teneri versi. Il matrimonio fu celebrato nel 1799, dopo che per consiglio dei futuri parenti, a fine di provvedere alle necessità economiche della famiglia (ché pochi erano i beni di fortuna), egli si era messo a dare lezioni private di matematica. Intanto studiava appassionatamente, in compagnia di amici, il trattato di chimica del Lavoisier. La sposa, Julie Carron, di famiglia religiosissima, deve aver accentuata la religiosità di Ampère; essa presto gli diede un figlio, che fu poi l'illustre letterato Jean-Jacques Ampère; ma la pace e la felicità furono brevi. Nominato professore di fisica e chimica alla Scuola centrale dell'Ain, Andrea Maria dové trasferirsi a Bourg, lasciando con dolore la sposa già malata, sì che egli bramava una cattedra nel liceo di Lione; e, mentre in Bourg assettava il gabinetto e curava le lezioni, diede alle stampe la sua prima memoria scientifica Essai sur la théorie mathématique du Jeu, la quale tra notevoli pregi analitici ha anche la buona intenzione morale di far ravvedere i giocatori. Questa memoria, grandemente pregiata dall'autorevole Delambre, gli fruttò l'ambita nomina (1803), che lo ricongiunse alla consorte. Per poco, perché questa muore lo stesso anno! Al suo lutto acerbissimo Andrea Maria cerca conforto nella fede religiosa, come attestano le note tragiche e i versetti della Bibbia che chiudono il diario amoroso, e una preghiera rinvenuta tra i suoi manoscritti, riboccante di fervore devoto. Così si chiude dolorosamente la gioventù di Ampère. Il resto della sua vita ha minore interesse per il biografo, maggiore per gli scienziati, in ragione delle opere del suo ingegno ormai maturo.
Nel 1805 egli si stabilisce a Parigi, nell'ufficio di ripetitore di analisi matematica della Scuola politecnica; mentre attende con grande zelo al suo insegnamento, è preso intensamente dallo studio della filosofia che già da qualche tempo lo attraeva. Il suo spirito è ancora inquieto, agitato 1ra molte e possenti idee, turbato da dubbî religiosi; il suo cuore è bisognoso di affetto. È confortato dall'amico íedele Ballanche, che fra l'altro gli consiglia di riprendere moglie. Difatti Ampère si sposò di nuovo, ed ebbe ancora una figlia.
Nel 1806 fu nominato segretario del Bureau consultif des arts et métiers; nel 1808 ispettore generale delle università, ufficio che tenne fino alla morte; nel 1809 professore di analisi matematica e meccanica alla École politechnique. Solo in quegli anni le sue pubblicazioni scientifiche cominciarono ad essere frequenti, e trattarono argomenti di matematica, di meccanica e di fisica matematica. Egli però frequentava ugualmente i ritrovi intellettuali dei cultori di queste scienze e i filosofi, fra i quali Cousin, che si raccoglievano intorno a Maine de Biran; anzi pare che la sua preferenza fosse per la filosofia. Ciò non impedì che poco appresso (1814-16) egli pubblicasse importanti lavori di chimica generale. Nel 1814 fu eletto membro dell'Istituto di Francia (Accademia delle scienze), nel 1819 fu nominato professore di filosofia nella Facoltà di lettere di Parigi. L'anno appresso, quasi occasionalmente, fu condotto a quel gruppo di lavori fisico-matematici, nel quale affermò tutta la grandezza del suo ingegno, e nel 1824 fu eletto professore di fisica sperimentale e generale al Collège de France; ma né questi suoi lavori d'importanza capitale, né questa cattedra segnarono per lui una definitiva scelta del suo campo di attività scientifica. Infatti nel 1832 egli fu a fianco di Geoffroy Saint-Hilaire nella celebre disputa contro Cuvier sulla struttura degli esseri organizzati; e l'ultima sua opera fu un trattato filosofico.
Ampère morì, nell'adempimento del dovere, il 10 giugno 1836, lontano dai suoi, a Marsiglia, essendosi ammalato durante un viaggio intrapreso come ispettore generale delle università.
Egli è sepolto nel cimitero di Montmartre a Parigi in uno stesso monumento col diletto e degno figlio Jean-Jacques Antoine; dobbiamo avvertire che la data della nascita di Andrea Maria incisa nell'iscrizione non è quella da noi adottata secondo più autorevoli testimonianze.
Ampère appartenne, oltreché all'Accademia delle scienze di Parigi, alle più importanti società scientifiche d'Europa.
Le opere scientifiche lasciate da Ampère trattano dunque di matematica, di meccanica, di fisica matematica e sperimentale, di chimica, scienze naturali, filosofia; ma non è possibile in esse separare nettamente il cultore di questa o di quella disciplina, e specialmente il fisico dal matematico. Egli concepì la matematica più spesso come un mezzo che come fine a sé stessa; e molti dei suoi lavori, come abbiamo accennato, trattano di calcolo delle probabilità, di meccanica (principio delle velocità virtuali, proprietà degli assi permanenti di rotazione, applicazioni alla meccanica del calcolo delle variazioni, forze acceleratrici), di ottica teorica (rifrazione ordinaria e straordinaria dedotta dal principio della minima azione). Ciò nonostante, nel campo delle matematiche pure egli diede una dimostrazione dell'uguaglianza dei volumi dei poliedri simmetrici, e hanno grande importanza le sue ricerche sull'integrazione delle equazioni differenziali, e gli studî sui rapporti incrementali delle funzioni. Tuttavia i suoi capitali lavori elettrodinamici appartengono ugualmente alla matematica e alla fisica sperimentale. Essi ebbero origine dall'esperimento col quale il fisico danese Gian Cristiano Oersted scoperse l'azione della corrente elettrica sull'ago magnetico. Tale esperimento fu comunicato all'Accademia delle Scienze nella seduta del giorno 4 settembre 1820, e riprodotto in quella dell'11, da Arago. Ampère subito (18 settembre 1820) ne precisò meglio il valore e il significato; e mentre Biot e Savart, quindi Laplace, determinarono le leggi esatte delle azioni elettromagnetiche, egli vide più lontano e più a fondo, scoprendo le azioni mutue tra i conduttori percorsi dalla corrente elettrica (azioni elettrodinamiche); e rapidamente giunse a risolvere in questo genere di forze quelle elettromagnetiche e le stesse comuni azioni magnetiche, per mezzo del concetto genialissimo che il magnete debba le sue proprietà caratteristiche a correnti elettriche concordemente circolanti nel suo interno. Così egli fu condotto a ricercare una legge elementare più generale e profonda, cioè quella delle azioni elettrodinamiche. Ora, siccome non è possibile sperimentare su singoli elementi di corrente, cioè su piccoli tratti del filo conduttore, i quali non possono essere separati dal resto senza interrompere la corrente stessa, ma è necessario sperimentare su circuiti elettrici completi, così tale ricerca presentava difficoltà enormi, che furono superate con un procedimento insieme matematico e sperimentale tanto mirabile, da giustificare l'appellativo che Giacomo Clerk Maxwell diede ad Ampère, di "Newton dell'elettricità". E il suo Mémoire sur la théorie des phénomènes électrodynamiques uniquement déduite de l'expérience è nella letteratura delle scienze esatte uno dei più grandi capolavori. Ampère precorreva di molto i tempi: infatti, nel successivo fervido svolgimento dell'elettrologia, l'opera di Ampère non ebbe un seguito pari all'ammirazione; perché il suo concetto che riduce il magnetismo ad elettrodinamica, enorme passo del pensiero scientifico verso l'unità, non fu universalmente accettato, e meno ancora utilizzato, per molto tempo; e solo quasi un secolo dopo prevalse definitivamente. Ampère fu dunque soprattutto grande fisico, sebbene le sue ricerche di fisica abbiano occupato solo un quinquennio della sua vita. Nella storia della chimica la sua opera avrebbe importanza capitale, se del risultato più importante la priorità scientifica non spettasse ad Amedeo Avogadro, il quale nel 1811 aveva già pubblicato la sua celebre legge che Ampère trovò indipendentemente dopo. Delle scienze naturali Ampère fu un profondo conoscitore, e nelle sue poche pubblicazioni fu sostenitore di quelle idee di avanguardia che preludevano alla grande teoria darwiniana. La sua più vasta opera filosofica s'intitola: Essai sur la philosophie des sciences, ou Exposition analytique d'une classification naturelle de toutes les connaissances humaines. Tale classificazione si fonda sopra la natura stessa dell'obbietto, e divide le scienze in cosmologiche e noologiche, procedendo a suddivisioni ulteriori che ricordano (invero troppo) le classificazioni dei naturalisti. Ma forse la parte più importante del suo pensiero è piuttosto rappresentata dalle sue teorie psicologiche, le quali sono sparse in frammenti e in un notevole carteggio con Maine de Biran. A. analizzò per primo il processo psicologico per il quale le sensazioni formano, eon la memoria di precedenti impressioni sensitive, aggruppamenti, che chiamò "concrezioni". Quanto alla conoscenza del mondo esterno, egli ritenne che i noumeni di Kant non sfuggano alla trattazione scientifica, ma formino il mondo conoscibile che la fisica scopre sotto i fenomeni e traduce in formula matematica. Egli ammette l'anima e l'esistenza di Dio come ipotesi, cui attribuisce uguale ragione di essere che a quelle scientifiche: la religione ha così per lui lo stesso grado di certezza che la scienza (cfr. I. Überweg, Grundriss der Geschichte der Philosophie, 12ª ed., V, pp. 10-11).
Riassumendo, osserveremo che la versatilità di questo singolare ingegno non si esplica in trattazioni successive di obbietti separati, ma in un applicarsi via via più intenso a molti ordini di idee sempre insieme presenti allo spirito. Così avviene che, professore di meccanica, egli fa ricerche di chimica e si appassiona alla filosofia; professore di filosofia, fa la sua più grande prova nella fisica; professore di fisica, dà saggi in anatomia comparata e scrive una vasta opera filosofica. Queste singolarità dell'ingegno si accordano con l'indole dell'uomo: buono, affettuoso e religioso, ma talvolta travagliato dal dubbio, talvolta facile ad ire innocue e fugaci; sensibile, entusiasta, fiacco di volontà, debole e timido di carattere, ma capace d'impulsi generosi, indefesso nel lavoro e nell'adempimento del dovere; espertissimo delle astrazioni scientifiche e degli oggetti naturali, affatto inesperto della società e degli uomini; credulo per ingenuità ed eccesso di fantasia (convinto, per es., della seria attendibilità di quei fenomeni che allora si ascrivevano al "magnetismo animale"); infine tutt'altro che esente da spiccati difetti superficiali: scrivera con gran fatica a caratteri enormi, faceva sempre lezione passeggiando su e giù per l'aula, perché (narrano) aveva una strana difficoltà a parlare stando seduto, era infine divenuto addirittura proverbiale per le sue madornali distrazioni.
Opere: Elettrodinamica: I numerosi lavori scomparsi la prima volta nelle pubblicazioni dell'Académie des Sciences e in altri periodici tra il 1820 e il 1827 (anno in cui l'Accademia delle scienze pubblicò il Mémoire sur la théorie, ecc., datato del 1823), sono stati riprodotti insieme con alcune note inedite per cura di J. Joubert nella Collection de Mémoires rélatin à la Physique publiés par la Société Française de Physique, II e III, Parigi 1885 e 1887. Il Mémoire sur la théorie des phénomènes électrodynamyques etc. era stato ristampato a parte nel 1883 (Parigi). Matematica: Considérations sur la théorie mathematique du Jeu, Lione 1802; altre memorie in Correspondance sur l'École Polytechnique, 1806; Mémoires des Savants Étrangers (Académie des Sciences), I (1806); Journal de l'École Polytechnique, 1806, 1808, 1815, 1820; si ricorda anche un trattato di calcolo differenziale e integrale senza titolo, senza nome di autore, senza indice. Chimica: quattro memorie, in Annales de Chimie, 1814, 1816. Ottica teorica: Scritti varî, in Mémoires de l'Institut, 1816; Annales de Chimie et Physique, 1828. Zoologia: in Annales de Sciences Naturelles, I824. Filosofia: Essai sur la Philosophie des Sciences, etc.; la prima parte fu pubblicata dall'A. nel 1834; dopo la sua morte, il figlio pubblicò la seconda parte (Parigi 1843), quindi una seconda edizione della prima parte (Parigi 1856).
Bibl.: In onore di Ampère la Revue générale de l'Électricité ha pubblicato un numero speciale (novembre 1922) in occasione della celebrazione centenaria della scoperta di Ampère, fatta alla Sorbona il 24 novembre 1921.
Notevoli scritti su Ampère sono i seguenti: Arago, Ampère, biografia letta in compendio all'Accademia il 21 agosto 1839, in Oeuvres complètes de F. Arago, II, Parigi 1854; Sainte-Beauve e Littré, due articoli successivi, in Revue des Deux Mondes (15 febbraio 1837), riprodotti nella seconda parte dell'Essai sur la philosophie des sciences; l'articolo di Sainte-Beuve figura anche nei suoi Portraits littéraires, Parigi 1862.