BEAUNEVEU, André
Scultore, pittore e miniatore francese, attivo nella seconda metà del 14° secolo. La vastità e la varietà della sua attività artistica sono attestate da numerosi documenti, ma la maggior parte delle sue opere è andata perduta. L'altissima fama di cui godette presso i contemporanei rivive nell'entusiastico elogio che gli tributa il cronista Jean Froissart.Le prime notizie certe di B. provengono da Valenciennes, sua probabile città natale (Froissart lo indica come nativo dello Hainaut), e risalgono al 1363-1364; ma si ritiene generalmente che sia lui quel maistre Andrieu le peintre che nel 1360 operò per Yolande de Cassel nel castello di La Motte-en-Bois a Nieppe, come pure si ritiene di poterlo riconoscere nel maistre Andrieu le tailleur che operò con Jean de Beaumetz, il futuro pittore di corte, per la Halle des Jurées di Valenciennes nel 1361.Tra il 1363 e il 1364 mestre André Biauneveut venne pagato per lavori di miglioria alla piccola torre dell'Hôtel de Ville di Valenciennes. Il 25 ottobre del 1364 B. si recò a Parigi, dove Carlo V, appena divenuto re, lo nominò suo ymagier e lo incaricò di sovrintendere all'esecuzione di quattro tombe nella chiesa abbaziale di Saint-Denis: per lo stesso Carlo, per il padre Giovanni il Buono, appena morto nella sua prigione londinese, per il nonno Filippo di Valois e per la moglie Giovanna di Borgogna, m. nel 1348. Perduta completamente la tomba di Giovanna di Borgogna e danneggiate le altre durante la Rivoluzione, non è possibile ricostruire il loro aspetto originario; le tre statue giacenti tuttora sussistenti in Saint-Denis rivelano un forte realismo, nei volti dal caratteristico ovale pieno e carnoso, quasi un realismo 'borghese', che sembra voler suggerire una regale familiarità del sovrano verso i sudditi; di marca invece più tradizionale è il panneggio.Grande deve essere stata la fama di B. nel campo della scultura sepolcrale, se ancora un decennio più tardi egli viene indicato come faiseur de tumbes. Interrotta nel 1366 la tomba di Carlo V, mancano notizie dell'artista fino al 1370; ciò potrebbe avvalorare l'ipotesi (Pradel, 1951) che colloca in questi anni un soggiorno di B. in Inghilterra - soggiorno a cui allude Froissart -, dove avrebbe eseguito la statuetta di Giovanna di Lancaster sul coperchio del sarcofago della regina d'Inghilterra, Filippa di Hainaut, nell'abbazia di Westminster.Fra il 17 aprile e il 10 novembre 1374 il conte Louis de Mâle chiamò B. a Courtrai per lavorare alla sua tomba nella cappella dedicata a s. Caterina nella chiesa di Notre-Dame. I lavori per questa tomba dovettero protrarsi per anni e non giunsero mai a termine; certamente altri lavori trovarono comunque posto negli stessi anni: vengono generalmente attribuite a B. una statua della Vergine per la torre di Ypres e una S. Caterina per la cappella omonima di Notre-Dame a Courtrai. Quest'ultima richiama, nel volto carnoso e ben delineato, il franco realismo di B., mentre il panneggio rifletterebbe l'evoluzione del suo plasticismo verso esiti più pittorici.Fra il 1383-1384 e il 1386, ma probabilmente nel 1384, alla morte del conte Louis de Mâle, iniziò a lavorare per il duca Jean de Berry; nel 1386 infatti un documento attesta che B., indicato con il titolo di ymagier, lavorò a Bourges con tre assistenti per un compenso molto elevato. Al servizio di Jean de Berry egli rimase fino alla morte, per ca. ventinove anni. È facilmente intuibile la portata artistica che dovette avere un così prolungato servizio, accompagnato dalla stima e dall'amicizia personale del duca, nell'eccezionale contesto culturale che questi aveva saputo creare intorno a sé con il suo colto collezionismo e con la contemporanea presenza di un gruppo dei migliori miniaturisti del tempo, primo fra i quali Jacquemart de Hesdin. È comunque interessante notare che mentre Jacquemart viene citato come peintre , B. continua a essere chiamato nei documenti ymagier, termine che allude alla sua attività di scultore, di cui tuttavia nulla è documentato con certezza. Sulla scorta di una fonte del sec. 16° gli vengono attribuite alcune statue a grandezza naturale già sulla facciata della Sainte-Chapelle di Bourges (attualmente collocate all'esterno della cattedrale della città), esemplata sulla Sainte-Chapelle di Parigi, e cinque piccole figure di profeti provenienti dall'interno della stessa cappella (Bourges, Hôtel Jacques Coer; Parigi, Coll. Hutinel). A queste opere Troescher (1940) aggiunge per l'alta qualità stilistica un gruppo con la Vergine in trono e angeli, sempre per la stessa Sainte-Chapelle (gli angeli sono ora nell'Hôtel Jacques Coer e il gruppo della Vergine in una cappella della cattedrale).Oltre che a Bourges, B. risiedette anche nel soggiorno preferito dal duca, il castello di Mehun-sur-Yèvre, alla cui costruzione e abbellimento dovette provvedere anch'egli; come attesta Froissart, Jean de Berry si rivolgeva a B. 'per statue e pitture' e lo stesso duca nel 1393 invitava lo scultore Claus Sluter e il pittore Jean de Beaumetz al castello perché le ammirassero; da Mehun proviene inoltre una bella testa frammentaria di statua (Parigi, Louvre), che viene attribuita a Beauneveu.L'unica opera documentata compiuta da B. per il duca è la famosa serie di profeti e apostoli miniati nel Salterio del duca di Berry, databile intorno al 1386 (Parigi, BN, fr. 13091). L'identificazione di questo raro salterio in latino e in francese (Delisle, 1881) è accettata ormai da tutti gli studiosi sulla base di una voce che compariva in tutti e tre gli inventari del duca. In quello del 1402, in particolare, esso veniva descritto come contenente "plusieurs histoires au commencement de la main de maistre André Beaunepveu"; infatti per volontà del duca il salterio non reca all'inizio il calendario d'uso ma, come già nei grandi salteri del sec. 13°, una serie di altre miniature, in questo caso i dodici profeti e i dodici apostoli, secondo il tema favorito dal duca della concordanza tra Antico e Nuovo Testamento.Non tutti gli studiosi ritengono che l'intera serie di profeti e apostoli sia di mano di B. per alcune differenze che subentrano nel ciclo, come l'impiego di colori più chiari e tenui. Ma se questi mutamenti possono suggerire altri interventi, è certo che l'idea esecutiva generale spetta completamente a B.; del resto gli stessi mutamenti, soprattutto la maggiore armonia del rapporto tra figura e architettura, si possono ascrivere a una maggiore scioltezza esecutiva acquisita via via dall'artista. La volontà di caratterizzare ogni figura è evidente nelle puntuali variazioni dei gesti, degli atteggiamenti, dei troni. Certamente, come è stato più volte notato, la prospettiva dei troni e dei pavimenti è incerta e denota la scarsa familiarità dell'artista con le novità spaziali giunte in terra francese dall'Italia.L'aspetto più eccezionale di queste pagine del salterio è dovuto all'impiego della tecnica a grisaille: le figure sono dipinte in una soffice tonalità di grigio pallido steso con minuscoli tratteggi paralleli, rialzato da tocchi delicati di rosso sulle guance, di blu e di marrone negli occhi. Benché anche altri miniatori di Carlo V, soprattutto il grande Jean Pucelle nelle Heures de Jeanne d'Evreux (New York, Metropolitan Mus. of Art, The Cloisters, Acc. 54.1.2), si fossero serviti della tecnica a grisaille, qui essa viene accostata a una ricca tavolozza di colori delicati nella resa di pavimenti e sfondi. È indubitabile che questo singolare e raffinatissimo trattamento delle figure riveli una sensibilità di scultore, tanto che si potrebbe quasi paradossalmente affermare che proprio questa mirabile serie di figure riveli pienamente la grandezza di B. scultore: la sottigliezza del panneggio, il dinamismo della posa instabile, l'individuazione di personalità fortemente caratterizzate anche psicologicamente differenzia profondamente queste immagini dalle prime statue per le tombe di Carlo V. Giustamente Meiss (1967) ha notato che queste figure di profeti e apostoli grigio perla inseriti in una profusione di colori delicati ricordano quei gioielli smaltati e circondati da pietre preziose (émail en ronde bosse) molto apprezzati nella produzione artistica del tempo e oggetti frequenti di collezionismo, come risulta dagli inventari. Le restanti miniature del salterio sono attribuite a Jacquemart de Hesdin e a un secondo collaboratore chiamato pseudo-Jacquemart (Meiss, 1967).Fra le opere alle quali è stato spesso associato il nome di B. va citato il doppio foglio di un altro illustre manoscritto, le Très Belles Heures del duca di Berry (Bruxelles, Bibl. Royale, 11060-11061), anch'esso menzionato nell'inventario del 1402, raffigurante il duca, accompagnato dai ss. Andrea e Giovanni Battista, e la Vergine in trono con il Bambino. Già Delisle (1881) vi scorgeva profonde somiglianze con l'arte di B.; l'attribuzione, negata dalla maggior parte degli studiosi, ha trovato un parziale sostenitore in Meiss (1967), che sottolinea i molti tratti somiglianti allo stile di B., nella tecnica a grisaille, nel trono e nella posa della Vergine.A B. è stato talora attribuito un disegno a penna con la Morte, Assunzione e Incoronazione della Vergine (Parigi, Louvre, Cab. Des.). La singolare composizione, di finissima esecuzione anche se piuttosto monotona e uniforme, ha fatto pensare che potesse trattarsi di un disegno per vetrata (Ring, 1949). Infine, proprio in una vetrata della Sainte-Chapelle di Bourges con profeti e apostoli, dipinta in squisita grisaille e colori, si è voluto riconoscere il diretto influsso di André Beauneveu.Gli inventari del 1402, terminati nel febbraio del 1403, registrano un "livre Cur Deus homo qui fu de feu maistre Beauneveu"; questa notizia, che può riferirsi sia a un libro dipinto da B. sia a un libro appartenutogli, fornisce comunque un prezioso terminus ante quem per la morte dell'artista.Come si è detto, la vastità delle perdite subite rende impossibile valutare la portata della multiforme e intensa attività di Beauneveu. Quanto rimane di lui consente tuttavia di intuire il ruolo fondamentale che egli dovette svolgere negli anni fittissimi di produzione artistica che precedettero lo scadere del sec. 14°, anni decisivi per la grande stagione artistica che doveva schiudersi all'inizio del secolo seguente.
Bibl.: L. Delisle, Le cabinet des manuscrits de la Bibliothèque Impériale (Nationale), III, Paris 1881, p. 173; J. Guiffrey, Inventaire de Jean duc de Berry (1402,13,1416), I, Paris 1894, p. 119; R. de Lasteyrie, Les miniatures d'André Beauneveu et de Jacquemart d'Hesdin, MonPiot 3, 1896, pp. 71-119; R.G. Troescher, Die burgundische Plastik des ausgehenden Mittelalters, Frankfurt a.M. 1940, pp. 19-47; M. Aubert, La sculpture française du Moyen Age, Paris 1947, pp. 344-352; G. Ring, A Century of French Painting 1400-1500, London 1949, p. 196ss.; P. Pradel, Les tombeaux de Charles V, BMon 109, 1951, pp. 273-296; M. Aubert, s.v. Beauneveu André, in EUA, II, 1958, coll. 481-483; M. Meiss, French Painting in the Time of Jean de Berry, I, The late 14th century and the patronage of the Duke (Studies in the history of European Art 2), London-New York 1967, p. 135ss.; C. Sterling, La peinture médiévale à Paris, Paris 1987, I, p. 178.L. Castelfranchi Vegas