ANTOINE, André
Attore e direttore di scena, riformatore del teatro francese. Nacque a Limoges il 31 gennaio 1858, da famiglia borghese, le cui modeste condizioni lo costrinsero, ancor ragazzo, a lasciare gli studî intrapresi a Parigi, e a impiegarsi qua e là nella capitale: tra l'altro, nella libreria Hachette, e poi nella Compagnia del Gas, presso cui rimase dal 1877 al 1887, salvo quattro anni di servizio militare in Tunisia. Appassionato frequentatore di teatri fin da giovanissimo, poi attore dilettante e direttore di dilettanti, nel 1887 fondò a Parigi, in una modesta sala con qualche centinaio di posti, il Théâtre libre. Alla prima rappresentazione, presenti tre soli critici sollecitati da Emilio Zola, che proteggeva il giovane artista e il suo programma, si rappresentarono quattro lavori in un atto: fra i quali Jacques Damour, tratto da una novella dello stesso Zola, fu il solo a riportare un caldo successo. Al secondo spettacolo fu presente, con lo Zola e con Alfonso Daudet, il principe della critica tradizionalista e borghese, Francesco Sarcey; si rappresentò una commedia in versi in 3 atti, La nuit bergamasque, di Emile Bergerat, e En famille, un atto in prosa di Oscar Méténier: il Sarcey fu tutt'altro che entusiasta; ma il ghiaccio era rotto, e l'Antoine, date le sue dimissioni da impiegato, si consacrò tutto all'arte.
Il Théâtre libre era stato creato con un duplice scopo: riformare i vecchi sistemi della recitazione; e, attraverso questa riforma, render possibile l'avvento alla scena di un'arte nuova, sia francese sia straniera. L'elenco degli autori (69) e delle opere (124) rappresentati dal Théâtre libre nei brevi anni di sua vita attesta del relativo eclettismo con cui il suo repertorio fu composto: tra gli stranieri, esso rappresentò per la prima volta in Francia Ibsen, Björnson, Hauptmann, Strindberg, Tolstoj, Turgenev, Heijermans e Verga; dei francesi, affermò o rivelò Jullien, Salandri, Ancey, de Curel, Courteline, Brieux, Méténier, Porto-Riche, Barrès, Lavédan, Descaves, Fabre, Guinon, Wolff, Aicard, ecc.; oltre adattamenti di opere dello Zola e dei Goncourt. Sennonché da questo elenco è anche evidente che la rivoluzione apportata dal Théâtre libre nell'arte francese, con conseguenti ripercussioni in tutta Europa, poggiava prevalentemente su una fede naturalistica (v. naturalismo): quella che, sotto l'influenza del positivismo, era stata già affermata nel romanzo dallo Zola, e di cui si era già voluto vedere un saggio anche nel capolavoro di Becque rappresentato due anni innanzi (1885), La Parisienne.
La battaglia dell'Antoine fu combattuta contro il vecchio teatro, ormai ridotto a una variazione delle formule create da Scribe, il quale non faceva già nascere il dramma dall'umanità dei personaggi, ma subordinava l'azione, tutta esteriore, dei personaggi, a un intrigo predisposto e meccanicamente congegnato. Da ciò le falsità e le convenzioni che inquinavano (sebbene in diversa misura) il teatro di Augier, di Dumas figlio, di Sardou; e, conseguentemente, dagli attori che li interpretavano. Abbracciando le nuove teorie naturaliste, l'Antoine intese smantellare le convenzioni, e portare sulle scene une tranche de vie, nuda e palpitante. Di qui la nuova estetica della recitazione, di cui si fece maestro: pur di esser "veri", i suoi attori osarono apparire anche scorretti e, a volte, ripugnanti; rinunciarono alle belle pose retoriche, infransero venerabili consuetudini; e all'occorrenza, contro tutte le regole della routine, si nascosero nell'ombra, parlarono in più alla volta, volsero le spalle al pubblico, ecc. Sempre in nome della "verità" l'Antoine introdusse, dalla Germania, la rappresentazione delle folle, della loro psicologia e del loro movimento; e dette nuova importanza all'apparato scenico, come a parte integrante dell'opera d'arte, a cui l'ambiente doveva dare un'essenziale suggestione.
A questa rinnovata scuola d'interpretazione scenica, e più ancora alle opere ch'essa interpretava, la critica tradizionalista, con a capo Sarcey, mosse accuse vivaci e talvolta violente. Ma il successo del Théâtre libre, delineatosi fin dal 1888, fu crescente fino al 1893, anno in cui l'Antoine condusse la sua compagnia in un giro artistico per l'Europa, il quale terminò in Italia, avendo suscitato dovunque molto interesse, ma con disastroso esito finanziario. Della compagnia Antoine faceva parte Firmin Gémier.
Nel 1894, l'Antoine passa al Gymnase. Nel 1896 è nominato, col Ginisty, condirettore dell'Odéon; ma pochi giorni dopo si dimette, e fonda un Théâtre Antoine. Infine torna, unico direttore, all'Odéon, teatro sovvenzionato, e questa nomina appare il riconoscimento ufficiale della sua rivoluzione, le cui teorie sono ormai accettate come ortodosse. Non metodicamente studioso, ma ricco d'un intuito mirabile e, al suo assunto, sufficiente, l'Antoine ha ormai imposto durevolmente la sua scuola; la più gran parte della nuova produzione drammatica francese creata tra la fine dell'800 e il principio del'900 ha lui per interprete e padrino.
Infine l'Antoine abbandona anche l'Odeon per dedicarsi a varie attività, specie di giornalista; e non senza aver tentato anche in Italia (1919) una breve parentesi cinematografica. Presentemente, è critico drammatico dell'Information di Parigi.
Bibl.: A. Thalasso, Le théâtre libre, Parigi s. d.; Antoine, I miei ricordi sul teatro libero, Milano, s. d. (trad. ital. di C. Antona-Traversi); F. Sarcey, Quarante ans de théâtre, Parigi 1902, Bibl. des Annales, VIII.