ANCONA (fr. retable; sp. retablo; ted. Altaraufsatz; ing. retable)
Tavola dipinta, per lo più da altare. L'etimologia della parola è incerta; essa deriva probabilmente dal greci εἰκων "immagine". Sinonima è la voce pala.
Il legno scelto per le ancone era di solito quello di pioppo, bene stagionato. Nei primordî della pittura italiana le ancone ebbero forma semplice, senza netta struttura architettonica: le maggiori erano per lo più di forma rettangolare e terminata a cuspide, come le Madonne in trono o maestà di Guido da Siena, di Cimabue, e quella stessa di Giotto (Uffizî); in quelle minori o paliotti, e a più spartimenti, sovente la struttura architettonica era meglio accentuata da colonnine e archi, seguendo le tradizioni dell'oreficeria. Col penetrare delle forme gotiche le ancone furono composte più ordinariamente a trittico o a polittico con divisioni architettoniche, culminanti in archi acuti che a Firenze sono sormontati, costantemente fino al'400, da un frontone poggiante su finti pilastri. Tali forme, che raggiunsero un particolare fasto architettonico a Siena e a Venezia oltre che a Firenze, furono sostituite al principio del'400 dall'ancona a tavola unica sormontata da cuspidi quale ci appare per esempio nell'Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano o nella Deposizione dell'Angelico; tipo che poi si semplificò ancora perdendo la cuspide, come in innumerevoli esempî del '400 fiorentino, o assumendo la forma centinata che avrà favore anche nel secolo successivo. Ma nello stesso tempo si svolgeva anche l'altra forma di ancona con molti scomparti in più ordini, e aveva grande fortuna specialmente nell'Italia superiore sia nella pittura veneziana, sia, anche più, in quella piemontese e lombarda, dove il sovrapporsi di spartimenti e di piani di pannelli dipinti - esempio la grandissima ancona dipinta da V. Foppa e da L. Brea per S. Maria di Castello a Savona - e sovente l'inserzione di figure intagliate, fa pensare allo sviluppo che le ancone ebbero nell'arte oltramontana, e soprattutto in Ispagna, circondando e chiudendo la parte retrostante all'altare. Di tali macchine di pittura e di scultura, dette in Ispagna retablos, si hanno esempî anche in Sardegna per opera o per influenza della pittura spagnola.
Si chiamavano anconette - e nel Quattrocento anche maestà - i dipinti religiosi di piccole dimensioni che servivano da immagini domestiche, e portatili (sovente le pitture erano sostituite da vetri dorati e graffiti, come ci attesta il Cennini nel Trattato della pittura): esempî di tali forme si vedono nella Leggenda di Sant'Orsola del Carpaccio, nel Miracolo della Croce di Giovanni Mansueti all'Accademia di Venezia, o nell'Incoronazione di Maria di Giovanni e Antonio da Murano pure in Venezia, dove san Luca tiene una piccola anconetta cuspidata.
Si è usato anche il termine di ancona, per le composizioni scultorie, in marmo, in terracotta, in legno, poste su altari a somiglianza delle ancone dipinte e analoghe a queste nella forma. D'altra parte si è riferito il vocabolo pala anche ad opere di pura oreficeria collocate sugli altari, come sono la pala d'oro del S. Marco di Venezia, quella d'argento di Cividale, di Aquileia, del S. Salvatore a Venezia, ecc.