ANCILI (lat. ancilia)
Nome dato dagli antichi Romani a dodici scudi sacri, che, nel mese dedicato al culto di Marte, cioè nel marzo, i sacerdoti Salii portavano processionalmente in giro per la città. La leggenda, come ci è conservata da Ovidio (Fasti, III, 351 segg.) e da Plutarco (Numa, 13), narrava che, avendo il re Numa Pompilio supplicato gli dei perché allontanassero dalla città il flagello di una pestilenza, cadde dal cielo uno scudo quale pegno della salvezza di Roma: il prodigio sarebbe avvenuto il primo di marzo. Per preservare lo scudo da possibili tentativi di furto, Numa volle che se ne fabbricassero altri 11 uguali: riuscì perfettamente nell'impresa l'artefice Veturio Mamurio, che il re ricompensò, ordinando che, secondo il desiderio da lui stesso espresso, il suo nome fosse ricordato alla fine dell'inno che i Salii cantavano durante le sacre processioni. Questa corporazione di sacerdoti (v. Salii) fu appunto allora da Numa istituita per custodire i sacri scudi; i quali sarebbero stati chiamati ancilia per la loro forma ovale, con due larghe incavature laterali, nel senso della lunghezza (ancilis per ancisilis, da amb(i) e caedo "incavato da ambedue le parti"), come si possono vedere, p. es., su due gemme arcaiche, ov'è incisa la scena degli ancili trasportati dai servi a ciò addetti.
La leggenda cercava così di spiegare l'origine delle processioni dei Salii, o sacerdoti danzanti di Marte, le quali avevan luogo due volte all'anno, nel marzo e nell'ottobre, e che altro non erano che feste di purificazione delle armi, al principiare e al finire della stagione di guerra; come la parola Mamuri, più volte ricorrente negli inni dei sacerdoti, è da ritenersi una variante del nome stesso di Marte.
Col marzo e con l'ottobre coincide in verità anche l'inizio e il termine della stagione agricola; ma i più ritengono che il sacerdozio e i riti dei Salii abbiano avuto, anche in origine, piuttosto significato guerriero che agricolo. Le feste di primavera erano molto più importanti e duravano quasi tutto il mese, mentre quelle di autunno si svolgevano nella sola giornata del 19 ottobre (v. armilustrio); con le prime, si mettevano in movimento (movēre) le armi e gli scudi sacri, con le seconde, si riponevano (condĕre).
Gli ancili erano conservati nella Curia Saliorum del Palatino o, più probabilmente, nel sacrarium Martis della Regia: il primo di marzo i Salii, in abbigliamento guerresco, li prendevano e, insieme con le altre armi sacre del dio (hastae Martis), li cominciavano a portare in processione per la città; incedevano portando lo scudo nel braccio sinistro e battendolo con una clava tenuta con la destra. La processione si svolgeva lungo un itinerario determinato, che veniva però percorso in parecchi giorni: alla fine di ogni giornata, la processione si fermava in un edificio apposito (mansio), ove, dopo un rito sacro, gli scudi venivano riposti per essere ripresi il mattino seguente. Le giornate più importanti della processione degli ancili erano il 9 marzo (indicazione dei calendarî: arma ancilia movent) e il 19 marzo (Quinquatrus); si chiudeva il 24 dello stesso mese.
Bibl.: J. A. Hild, art. Salii, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquit. grecques et romaines, VIII, 1014 segg.; W. Warde Fowler, Religious Experience of the Roman people, Londra 1911; id., The Roman Festivals of the period of the Republic, Londra 1916, p. 35 segg.; G. Wissowa, Religion u. Kultus der Römer, 2ª ed., Monaco 1912, p. 144 segg., 556 segg.; Rappaport, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, col. 1874 segg.