ANALOGIA (gr. ἀναλογία; fr. analogie; sp. analogía; ted. Analogie; ingl. analogy)
Rapporto di somiglianza tra due oggetti; e tale, in particolare, che ad esso possa applicarsi l'argomentazione mediante la quale, dall'eguaglianza o somiglianza constatata tra alcuni elementi di tali oggetti, si deduce l'eguaglianza o somiglianza anche di tutti gli altri loro elementi. Usato già genericamente da Platone, il concetto di analogia assume più determinatamente questo ultimo significato in Aristotele, nella cui logica la forma sillogistica dell'"esempio" (παράδειγμα: cfr. Analyt. priora, II, 24; Rhetor., I, 2, 1357 b, 25 segg.) coincide con quella che nella Introduzione pseudogalenica sarà chiamata συλλογισμὸς κατὰ τὸ ἀνάλογον come poi, nella scolastica, ratiocinatio per analogiam. Ma in Aristotele (cfr. Eth. Nicom., V, 3) il termine di analogia vale anche a indicare un rapporto di eguaglianza simile a quello della proporzione matematica (il termine euclideo per "proporzione" è appunto ἀναλογία).
Nello sviluppo della scienza moderna, il concetto dell'analogia ha avuto notevole importanza, specialmente per l'aiuto che il metodo analogico portava a quello induttivo, nella costruzione delle scienze naturalistiche. Nella filosofia kantiana, "analogie dell'esperienza" (Analogien der Erfahrung) sono dette le regole generali a cui sono sottoposte le percezioni perché possano unificarsi nella esperienza, e cioè i tre principî di permanenza, di successione, e di simultaneità, per cui la sostanza permane come fondamento delle determinazioni fenomeniche, tutto accade seguendo a una sua causa, e ogni cosa contemporanea a un'altra è con essa in rapporto di azione reciproca.
In biologia, durante la prima metà del sec. XIX, la parola analogia ha assunto un significato tecnico assai più ristretto, rimanendo limitata a designare la corrispondenza fisiologica ossia l'identità o somiglianza delle funzioni di organi per altri versi disparati; mentre le somiglianze morfologiche, relative al valore architettonico e costituzionale delle parti, sono state nettamente distinte col nome di omologie. Sono, per es., organi tra loro analoghi i polmoni dei mammiferi, le branchie dei pesci, le trachee degli insetti; le ali degli insetti e quelle degli uccelli, ecc., organi che, come si vede, possono non avere tra loro alcuna omologia. In tal caso, le somiglianze di forma e di struttura presentate da organi analoghi sono correlative alla medesimezza della funzione e vanno, di solito, interpretate come il risultato convergente di processi adattativi. La distinzione tra analogia e omologia ha importato un'effettiva chiarificazione, di grande importanza per lo sviluppo dell'anatomia comparata.
Linguistica. - Se si confrontano due fasi successive della medesima lingua, si nota che molte fra le modificazioni avvenute sono dovute alla tendenza a instaurare serie chiare, regolari, simmetriche, eliminando qualcuno fra i varî esponenti che corrispondevano ad una sola funzione o categoria semantica.
Per esempio, un paradigma come mieto, mieti, miete, *metiamo, *metete, mietono dové a un certo punto sonare come irregolare, tanto che si sentì il bisogno di estendere il dittongo anche alle forme non accentuate sulla radice.
Mentre la forma destinata a uscire dall'uso è di solito indebolita perché isolata, la serie in cui entra ha, per la sua frequenza o per altro motivo, spesso non precisabile, una particolare energia attrattiva (Ascoli), fecondità (Henry), o vitalità (Bartoli).
Nel momento in cui il parlante crea l'innovazione, egli non ha presente la forma anteriore, e a sostituirla si presenta una forma creata secondo un modello ovvio. Tanto maggiori sono le probabilità che la nuova forma si diffonda ed entri definitivamente nella serie a cui è stata aggregata quanto più diffusi in quel gruppo di parlanti sono spinte psicologiche analoghe a quelle di chi ha messo in circolazione la parola.
L'efficacia dell'analogia si manifesta in tutto il dominio della lingua, e in modo particolarmente cospicuo nella derivazione suffissale e nella flessione. Su vaticinium (in cui -cinium si riconnette a cano "io canto") si foggiano analogicamente ratiocinium, tirocinium, latrocinium ecc.; il suffisso spagnolo -avo, proprio dei numerali ordinali (centavo, ecc.), si irradia da ochavo (lat. octavus). In greco, la coniugazione in -ω ha attratto molti verbi in -μι; in latino, la declinazione dei temi consonanrici è per la massima parte conguagliata a quella dei temi in -i con cui in parte coincideva, cosicché la terza declinazione latina risulta da questa duplice corrente analogica; e similmente in altri innumerevoli casi.
Fenomeni fonetici come le cosiddette epentesi di iato sono dovuti di solito all'estensione analogica di serie di oscillazioni tra forme con e senza iato: il fatto che si possa dire ed altro oppure e altro ha fatto sorgere ned altro accanto a né altro.
In sintassi, p. es., la costruzione credo quod terra est rotunda, che nel latino parlato fece una vittoriosa concorrenza all'accusativo coll'infinito (questa forma dànno, infatti, le lingue romanze) nacque per analogia con gaudeo quod vales, che il latino classico ammetteva accanto a gaudeo te valere.
Talvolta una sola forma serve di modello a tutta una serie: p. es., risposto, nascosto, rimasto (in luogo di risposo, nascoso, rimaso) sono tutti modellati su posto. Quando un vocabolo subisce l'attrazione d'un altro vocabolo (di solito concettualmente affine oppure opposto) all'infuori degli elementi flessivi, si parla, piuttosto che di analogia, d'incrocio (v.): p. es. il greco ϕάρυγξ è *ϕάρυξ rifatto secondo λάρυγξ, il lat. volg. grevis risulta dall'incrocio di gravis e di levis.
L'analogia presso i grammatici greci e romani è considerata staticamente e non storicamente: ma essi le dànno grande importanza, come si può vedere dalle questioni fra anomalisti e analogisti.
Specialmente gli Stoici avevano attirato l'attenzione sull'anomalia, la mancanza di regolarità nella lingua; e ad essi si ricollegano i grammatici della scuola di Pergamo (fra cui principale Cratete di Mallo), detti perciò anomalisti, mentre la scuola alessandrina degli analogisti, con a capo Aristarco, tende a identificare le categorie logiche con le grammaticali (cfr. H. Steinthal, Gesch. der Sprachwiss., 2ª ed., II, Berlino 1891, p. 124). A Roma, dopo il soggiorno di Cratete (169 a. C.), si dibatterono gli stessi problemi; anche Cesare avrebbe scritto, durante la guerra gallica, un trattato de analogia. A queste dispute in definitiva risale la divisione fra regole ed eccezioni della grammatica tradizionale.
Ancor prima della costituzione della linguistica moderna, il Cesarotti vedeva chiaramente l'importanza dell'analogia nella storia delle lingue quando osservava (Saggio sulla filosofia delle lingue, III, 8) che "le terminazioni sono come le matrici dei nuovi vocaboli, e l'analogia può dirsene la levatrice". Nella linguistica del periodo romantico dominò l'idea che l'analogia avesse cominciato ad agire tardi, in quel periodo di "corruzione" che sarebbe venuto dopo i primi tempi del linguaggio. Dai neogrammatici, l'analogia è messa in luce come il fattore psicologico per eccellenza, nettamente contrapposto all'azione incosciente e ineluttabile delle leggi fonetiche. Più recentemente, si è attenuata questa decisa opposizione, giungendosi fino a vedere una sostanziale identità fra le serie fonetiche e le serie analogiche (Parodi).
Bibl.: Filosofia: Per un ampio elenco di fonti e di rimandi, v. R. Eisler, Wörterbuch der philosophischen Begriffe, 4ª ed, I, Berlino 1927, pp. 42-45.
Linguistica: V. Henry, Étude sur l'analogie en gén. et sur les formations analogiques de la langue grecque, Parigi 1883; Wheeler, Analogy, and the scope of its applications in language, Ithaca 1887; M. Bréal, Essai de sémantique, 5ª ed., Parigi 1921, pp. 60-78; A. Thumb e K. Marbe, Experiment. Unters. über die psych. Grundlagen der sprachl. Analogiebildung, Lipsia 1901; F. de Saussure, Cours de linguistique générale, Losanna-Parigi 1916, pp. 227-243; H. Paul, Prinzipien der Sprachgeschichte, 5ª ed., Halle 1920, pp. 106-120; H. Pipping, Zur Theorie der Analogiebildung, in Mém. soc. néo-phil. Helsingfors, IV; H. Güntert, Über Reimwortbildungen im Arischen und Altgriech., Heidelberg 1914; S. Kroesch, Analogy as a factor in semantic change, in Language, II (1926), pp. 35-45; E. G. Parodi, Quest. teoriche: le leggi fonetiche, in Nuovi studi med., I (1923), pp. 263-282.