ANAGRAFE (III, p. 77; App. II, 1, p. 174)
La materia delle a. della popolazione residente è attualmente disciplinata dalla l. 24 dicembre 1954, n. 1228 e dal regolamento di esecuzione approvato con d. P.R. 31 gennaio 1958, n. 16. Secondo questi testi in ogni comune debbono essere tenuti un registro della popolazione stabile e un registro della popolazione temporanea, cioè non residente nel comune.
Per persone residenti nel comune si intendono quelle aventi la propria dimora abituale nel comune; e a tal proposito è da ricordare che le risultanze dei registri anagrafici pongono una presunzione semplice, di modo che il fatto della residenza di un soggetto in un determinato comune sussiste o non sussiste a seconda di quella che è la situazione obiettiva, indipendentemente dalla iscrizione o non nell'anagrafe. Conclusione questa che non è infirmata dalle disposizioni che impongono, sanzionandolo anche penalmente, di denunziare i mutamenti nella situazione anagrafica, che già non risultino d'ufficio. L'obbligo di tali dichiarazioni è determinato da pratiche necessità amministrative e non vale certo ad attribuire alle risultanze anagrafiche una presunzione assoluta di verità né, tanto meno, a far risalire alla volontà del singolo la determinazione della sua residenza. Quelli che si chiamano registri anagrafici sono in realtà degli schedarî (individuali, di famiglia e di convivenza), formati e ordinati secondo precise norme.
Nella legge sull'a. sono contemplati fra gli obblighi del comune anche quelli relativi alla toponomastica e alla numerazione civica dei fabbricati. Il servizio dell'a., che costituisce un'attività obbligatoria per il comune, è ritenuto esercizio di una funzione statuale, esercitata dallo stato attraverso un suo organo, il sindaco, al quale in tale veste è attribuita la qualifica di ufficiale d'anagrafe.
Bibl.: S. Rosa, Anagrafe della popolazione, in Enciclopedia del diritto, II, Milano 1958, p. 330.