• Istituto
    • Chi Siamo
    • La nostra storia
  • Magazine
    • Agenda
    • Atlante
    • Il Faro
    • Il Chiasmo
    • Diritto
    • Il Tascabile
    • Le Parole Valgono
    • Lingua italiana
    • WebTv
  • Catalogo
    • Le Opere
    • Bottega Treccani
    • Gli Ebook
    • Le Nostre Sedi
  • Scuola e Formazione
    • Portale Treccani Scuola
    • Formazione Digitale
    • Formazione Master
    • Scuola del Tascabile
  • Libri
    • Vai al portale
  • Arte
    • Vai al portale
  • Treccani Cultura
    • Chi Siamo
    • Come Aderire
    • Progetti
    • Iniziative Cultura
    • Eventi Sala Igea
  • ACQUISTA SU EMPORIUM
    • Arte
    • Cartoleria
    • Design & Alto Artigianato
    • Editoria
    • Idee
    • Marchi e Selezioni
  • Accedi
    • Modifica Profilo
    • Treccani X

anadiplosi

di Dario Corno - Enciclopedia dell'Italiano (2010)
  • Condividi

anadiplosi

Dario Corno

Nella retorica classica e nella linguistica testuale moderna il termine anadiplosi (lat. conduplicatio, adiectio, reduplicatio, e in greco anche epanidiplōsis «reduplicazione», epanastrophē «ritorno», palilloghìa «ripetizione») indica ogni ripetizione di parole in quanto «ripetizione dell’uguale» tra due segmenti discorsivi di cui il primo termina con l’espressione che si ripete all’inizio del secondo, in base alla formula [… X / X …] (Laus-berg 1969: 250; Mortara Garavelli, 1997: 191).

Come espediente per legare due frasi o due clausole, il meccanismo è stato definito «effetto copia» (ripetizione identica) o «quasi copia» (ripetizione con varianti formali e grammaticali) (Simone 1990: 72; Mortara Garavelli 1993: 387-389) in quanto forma elementare di incatenamento anaforico o ripresa delle informazioni in un testo. Ma indica anche, dal punto di vista semantico, un espediente di sovraccarico (➔ amplificazione) che produce effetti in quanto stacca riprendendola l’informazione e vi aggiunge perciò un valore supplementare.

Nella tradizione più antica della Retorica a Erennio (opera del I sec. a.C. per tradizione attribuita a Cicerone ma in realtà di autore ignoto, il cosiddetto Pseudo-Cicerone), la conduplicatio è la parola ripetuta che, in quanto ripetuta, amplifica il proprio significato. Come figura, essa va distinta dalla semplice ripetizione di parole collocate all’inizio, all’interno o alla fine di un segmento discorsivo, denominata invece geminatio o, nella Retorica a Erennio, repetitio (IV, 19). Nel tardo medioevo il termine sarà riportato alla sola tecnica linguistica poetica e si preciserà che l’anadiplosi è meccanismo in base al quale si ripete immediatamente una stessa forma, però in versi successivi di un testo, come afferma Matteo di Vendôme nella sua Ars versificatoria (fine XII secolo) (Faral 19622: 168).

Pur usandolo con parsimonia, ➔ Dante recepisce l’espediente dell’anadiplosi e sembra utilizzarlo, almeno nella Commedia, per testimoniare aspetti colloquiali tipici del parlato fiorentino del Trecento:

«Questi», e mostrò col dito, «è Bonagiunta,

Bonagiunta da Lucca; e quella faccia

di là da lui più che l’altre trapunta

ebbe la Santa Chiesa in le sue braccia»

(Purg. XXIV, 19-22)

ruminando e sì mirando in quelle,

mi prese il sonno; il sonno che sovente,

anzi che ’l fatto sia, sa le novelle

(Purg. XXVII, 92)

Non di rado, in Dante, l’anadiplosi sembra spezzata da interpolazioni combinate con le perifrasi e spesso anche con il polittoto, cioè con la variazione grammaticale del termine ripetuto. Così, nel recuperare la tradizione provenzale degli schemi metrici delle coblas capfinidas, Dante mostra di seguirne l’uso codificato:

e par che sia una cosa venuta

da cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi sì piacente a chi la mira

(Vita nuova XXVI, 7-9)

Nell’Ottocento l’anadiplosi costituirà un tratto retorico specifico di ➔ Giacomo Leopardi. Basterà ricordare “A Silvia”:

O natura, o natura,

perché non rendi poi

quello che prometti allor?

Perché di tanto inganni i figli tuoi? (vv. 36-39)

… Ahi come

come passata sei,

cara compagna dell’età mia nova

mia lacrimata speme (vv. 52-55)

La riflessione successiva ha permesso di elaborare un complesso schema dell’anadiplosi, recuperando la tradizione antica, greca e latina. Si è così distinta l’anadiplosi apposizionale, che si realizza attraverso apposizioni, clausole o subordinate relative e altri membri coordinati che la collegano al primo segmento discorsivo, dall’anadiplosi integrata sintatticamente al secondo segmento. Un esempio di questo ultimo aspetto in Guido Gozzano, “La signorina Felicita”:

«Sarebbe dolce restar qui, con Lei!...»

«Qui, nel solaio?...» – «Per l’eternità!»

«Per sempre? accetterebbe?...» – «Accetterei!»

(vv. 208-210)

Nel discorso politico, l’anadiplosi fu un espediente figurale molto usato nella prima metà del Novecento da Benito Mussolini.

In realtà, se consideriamo la struttura dell’italiano l’anadiplosi è figura grammaticalizzata che esprime l’intensificazione della qualità espressa dall’aggettivo (Serianni 1989: § 74. III). La reduplicazione diventa così una proprietà dell’italiano e permette di ricavare non pochi effetti stilistici (così ➔  Alessandro Manzoni, che fa un uso notevole dell’anadiplosi; si ricordi l’inizio della passeggiata di Don Abbondio (Promessi sposi, cap. I):

Per una di quelle stradicciole, tornava bel bello dalla

passeggiata verso casa, sulla sera del giorno 7

novembre dell’anno 1628, don Abbondio, curato di

una delle terre accennate di sopra.

Fonti

Cicerone, Marco Tullio (1992), La retorica a Gaio Erennio, a cura di F. Cancelli, in Id., Tutte le opere di Cicerone, Milano, Arnoldo Mondadori, 33 voll., vol. 32°.

Halm, Karl (a cura di ) (1863), Rhetores Latini minores. Ex codicibus maximam partem primum adhibitis emendabat, Leipzig, Teubner.

Quintiliano, Marco Fabio (2001), Institutio oratoria, a cura di A. Pennacini, Torino, Einaudi, 2 voll.

Studi

Faral, Edmond (a cura di) (1924), Les arts poétiques du XIIe et du XIIIe siècle. Recherches et documents sur la technique littéraire du moyen âge, Paris, Champion (2ª ed. 1962).

Lausberg, Heinrich (1949), Elemente der literarischen Rhetorik. Eine Einführung für Studierende der romanischen Philologie, München, Max Hueber Verlag (trad. it. Elementi di retorica, Bologna, il Mulino, 1969).

Lausberg, Heinrich (1960), Handbuch der literarischen Rhetorik. Eine Grundlegung der Literaturwissenschaft, München, Max Hueber Verlag.

Mortara Garavelli, Bice (1993), Strutture testuali e retoriche, in Introduzione all’italiano contemporaneo. Le strutture, a cura di A.A. Sobrero, Roma - Bari, Laterza, pp. 371-402.

Mortara Garavelli, Bice (1997), Manuale di retorica, Milano, Bompiani.

Serianni, Luca (1989), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET (1a ed. 1988).

Simone, Raffaele (1990), Fondamenti di linguistica, Roma - Bari, La-terza.

Vedi anche
itacismo (o iotacismo) La pronuncia reuch­liniana della lingua greca antica, secondo la quale η si pronuncia i. testo Il contenuto di uno scritto o di uno stampato, ossia l’insieme delle parole che lo compongono, considerate non solo nel loro significato ma anche nella forma precisa con cui si leggono nel manoscritto o nell’edizione a cui ci si riferisce. Con valore restrittivo, il corpo originale di uno scritto, distinto ... poesia Arte di produrre composizioni verbali in versi, cioè secondo determinate leggi metriche, o secondo altri tipi di restrizione; con una certa approssimazione si può dire che il significato di p. è individuabile, nell’uso corrente e tradizionale, nella sua contrapposizione a prosa, in quanto i due termini ... frase completiva In linguistica, frase inserita in un’altra con la funzione di sintagma nominale soggetto o complemento. Per es., in «è meglio partire subito» e «desidero partire subito», la c. «partire subito» funge nel primo caso da sintagma nominale soggetto, mentre nel secondo da sintagma nominale complemento.
Categorie
  • CRITICA RETORICA E STILISTICA in Letteratura
  • LINGUISTICA GENERALE in Lingua
Tag
  • LINGUISTICA TESTUALE
  • BONAGIUNTA DA LUCCA
  • INSTITUTIO ORATORIA
  • GIACOMO LEOPARDI
  • BENITO MUSSOLINI
Vocabolario
anadiplòṡi
anadiplosi anadiplòṡi s. f. [dal lat. tardo anadiplosis, gr. ἀναδίπλωσις, der. di ἀναδιπλόω «raddoppiare»]. – Figura retorica che consiste nella ripresa di una parola per dare maggior efficacia all’espressione; per es.: e mi rimproveri...
anàfora
anafora anàfora s. f. [dal lat. tardo anaphŏra, gr. ἀναϕορά «offerta» e «ripetizione»]. – 1. In origine, il pane offerto per la celebrazione eucaristica; quindi, nelle liturgie orientali, la parte principale della celebrazione stessa, cui...
  • Istituto
    • Chi Siamo
    • La nostra storia
  • Magazine
    • Agenda
    • Atlante
    • Il Faro
    • Il Chiasmo
    • Diritto
    • Il Tascabile
    • Le Parole Valgono
    • Lingua italiana
    • WebTv
  • Catalogo
    • Le Opere
    • Bottega Treccani
    • Gli Ebook
    • Le Nostre Sedi
  • Scuola e Formazione
    • Portale Treccani Scuola
    • Formazione Digitale
    • Formazione Master
    • Scuola del Tascabile
  • Libri
    • Vai al portale
  • Arte
    • Vai al portale
  • Treccani Cultura
    • Chi Siamo
    • Come Aderire
    • Progetti
    • Iniziative Cultura
    • Eventi Sala Igea
  • ACQUISTA SU EMPORIUM
    • Arte
    • Cartoleria
    • Design & Alto Artigianato
    • Editoria
    • Idee
    • Marchi e Selezioni
  • Accedi
    • Modifica Profilo
    • Treccani X
  • Ricerca
    • Enciclopedia
    • Vocabolario
    • Sinonimi
    • Biografico
    • Indice Alfabetico

Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani S.p.A. © Tutti i diritti riservati

Partita Iva 00892411000

  • facebook
  • twitter
  • youtube
  • instagram
  • Contatti
  • Redazione
  • Termini e Condizioni generali
  • Condizioni di utilizzo dei Servizi
  • Informazioni sui Cookie
  • Trattamento dei dati personali