ANACRONISMO (dal gr. ἀνά "all'indietro, all'inverso" e χρόνος "tempo")
È, a rigore, l'errore cronologico; che si verifica, per es., quando si attribuisce ad un fatto una data non sua. Ma quando questo spostamento di data è grande o quel fatto è non un episodio, sibbene un complesso di istituti giuridici, di problemi politici e sociali, di costumanze, di dottrina, allora l'errore cronologico diventa un più grave errore d'interpretazione e d'intelligenza di quegli istituti, di quei problemi, di quelle costumanze e dottrine, e dei tempi a cui essi son malamente trasferiti. Abbiamo allora, veramente, quei "tempi pervertiti e corrotti" di cui parla G. B. Vico (Principî di scienza nuova, ed. Nicolini, Bari 1913, II, 10, 1). Questo anacronismo che dipende non solo e non tanto da pochezza di dati informativi, ma anche e più da deficiente senso storico, è assai frequente nella storiografia antica e medievale, e, in genere, in tutte le età - p. es. il '700 - storicamente male orientate e inclini a giudicare le varie epoche secondo astratti ragionamenti, anziché secondo criterî desunti dalle epoche stesse.
È, così, da considerarsi anacronismo l'attribuire a Servio Tullio la grande riforma della costituzione romana, mentre i comizî centuriati non sono probabilmente sorti prima degli ultimi decennî del sec. IV. Anacronismo è quello dell'annalista romano Fabio Pittore, il quale parla di talenti d'argento al tempo dei Tarquinî, mentre in Roma la monetazione d'argento cominciò solo poco prima dell'inizio delle guerre puniche; e, ugualmente, quello di Livio e degli altri storici romani che fanno risalire all'inizio del sec. V le prime "leggi agrarie", risultato e prodotto invece delle contese politico-sociali del sec. II. Anacronismo è supporre nei Germani del sec. IV e V dell'èra cristiana una volontà nazionalistica, un programma "anti-romano"; o vedere in re Arduino un antesignano del sentimento d'italianità; o giudicare l'azione del papato di fronte ai Longobardi, nel sec. VIII, e di fronte agli Svevi, nel sec. XIII, partendo dall'idea tutta moderna di nazionalità, oppure ricostruire la storia interna dei comuni italiani sullo schema della moderna lotta di classe fra capitalisti e lavoratori. In tutti questi casi, si attribuiscono a uomini del passato idee e sentimenti venuti in luce solo nel mondo moderno; e ci si vale di esse idee e sentimenti come di criterî per la ricostruzione storica. Tali anacronismi, assai gravi, ci dànno la misura principale per giudicare del maggiore o minor valore di opere, metodi e scuole storiografiche.
Una particolare forma anacronistica - almeno se si guarda alla mente e all'intenzione dello scrittore - è l'anacronismo che si propone un fine artistico. Esso risponde cioè all'esigenza, tante volte proclamata, che l'artista nella sua elaborazione fantastica deve aver mani libere, e quindi facoltà di alterare anche lo svolgimento storico, ove ciò risponda a una sua determinata visione. L'anacronismo, in tal caso, consiste soprattutto nella trasposizione di sentimenti e di idee, per cui lo scrittore crea una figura, nominalmente storica, in realtà viva di una vita tutta moderna, cioè della vita stessa dell'artista. Molto chiaramente lo ha detto Volfango Goethe: "Per il poeta non esiste personaggio storico: a lui piace di rappresentare il suo mondo ideale, e con questo intento fa l'onore a certe persone storicamente esistite di prestare il loro nome alle sue creature" (Sämmtl. Werke, XXXIX, p. 114). Così l'Adelchi manzoniano è ricreato sulla sensibilità e sul mondo ideale del Manzoni stesso. Si capisce che il confine fra l'anacronismo inconscio e quello voluto, fra quello derivante da deficienza di informazioni e di senso storico e di intelligenza dei tempi, e quello che obbedisce a precise finalità artistiche o filosofiche è assai indeterminato. E in molti casi, anzi in intiere età, come è il '700, noi ci possiamo chiedere quanto nelle opere storiche, nello studio delle origini, nella letteratura teatrale, è inconsapevole anacronismo e quanto è consapevole, cioè proiezione del proprio mondo ideale in altre epoche. Si capisce anche che un minimo di anacronismo è in ogni ricostruzione del passato e per l'impossibilità che lo storico si trasferisca tutto nei tempi a cui egli si riferisce, e per il fatto stesso che egli adopera i vocaboli del suo tempo, saturi di un contenuto che è proprio del suo tempo e solo di esso.
Bibl.: Esempî di anacronismi, e insieme discussioni teoriche su essi si possono vedere in G. Fraccaroli, L'irrazionale nella letteratura, Torino 1903, specialmente p. 412 segg.; L. Pareti, Per lo studio della leggenda e della pseudostoria greca e romana, in Atene e Roma, V (1924), specialmente pp. 169, 172, 174; F. Lanzoni, Genesi, svolgimento e tramonto delle leggende storiche, Roma 1925, specialmente p. 75 segg.