AMPLIFICATORE elettrico (App. II, 1, p. 164)
Amplificatori di potenza magnetici e dielettrici. - Un a. di potenza si può intendere come un dispositivo atto a trasferire a un carico la potenza fornita da una sorgente regolandola, secondo una legge determinata, a mezzo di un segnale di potenza inferiore. Esso si può realizzare combinando una sorgente di potenza G, un carico Zc e un elemento di circuito non lineare Znl. I tre elementi possono esser connessi in serie (fig. 1 a) se la sorgente ha bassa impedenza, oppure iu parallelo (fig. ib) se la sorgente ha alta impedenza.
L'elemento non lineare può essere una resistenza non lineare (tubo a vuoto, transistore, ecc.) ovvero un'induttanza non lineare o una capacità non lineare. Nel primo caso si hanno gli a., a tubi o a transistori (per questi ultimi, v. transistore, in questa App.); negli altri due si hanno gli a., rispettivamente, magnetici e dielettrici: in questi, a differenza dei primi, l'alimentazione, anziché a tensione continua, dev'essere a tensione alternata o impulsiva.
Amplificatori magnetici. - Sono schematicamente costituiti da un induttore saturabile alimentato in serie, comprendente due avvolgimenti su un nucleo di materiale ferromagnetico (fig. 2).
Ad ogni variazione della corrente d'ingresso Ii corrisponde una variazione di permeabilità media del nucleo e quindi di reattanza dell'avvolgimento di uscita. Nel circuito d'uscita la tensione
dove Na è il numero di spire dell'avvolgimento d'uscita, si sottrae alla tensione di alimentazione Va senωt. Se il flusso Φ varia, la tensione Vu ai capi del carico Ru è molto bassa; se il nucleo si satura, l'intera tensione di alimentazione si trasferisce al carico.
Al variare (lento) della tensione Vi applicata ai capi dell'avvolgimento d'ingresso, si sposta l'istante del ciclo in cui interviene la saturazione cioè varia l'angolo α di circolazione. Risulta in particolare α = π per ingresso aperto e circuito di uscita tale da non portare il nucleo in saturazione: la potenza è quasi nulla sul carico. Risulta invece α = 0 per Ii tale da mantenere saturo il nucleo in ogni istante: si ha potenza massima al carico. Variando Ii, da zero al valore corrispondente alla saturazione si può variare la potenza sul carico da zero a un massimo.
Il circuito elementare ora descritto non viene usato in pratica a causa della reazione del circuito di potenza su quello di controllo. Tale effetto viene ridotto nell'induttore saturabile a doppio anello (fig. 3) in cui i due avvolgimenti di controllo sono montati in controfase; la caratteristica d'uscita del circuito risulta simmetrica.
Vi sono anche a. magnetici in parallelo (fig. 4) il cui funzionamento è duale del precedente: per ingresso aperto il nucleo non è saturato e il sistema è un trasformatore, mentre per ingresso alimentato in modo da saturare il nucleo, l'alimentazione e il carico sono disaccoppiati.
Un'altra categoria è quella degli a. magnetici con reazione (fig. 5), in cui la corrente d'uscita Iu viene riportata, attraverso un rettificatore P all'entrata (avvolgimento di reazione Nr), aumentando l'amplificazione.
Amplificatori dielettrici. - Si possono considerare il duale elettrico degli amplificatori magnetici: a base del loro funzionamento è lo sfruttamento del ciclo di isteresi dielettrica fra campo applicato E e induzione D (fig. 6) caratteristico dei materiali ferroelettrici (per es., del titanato di bario).
Nel circuito di fig. 7a un condensatore Gs con dielettrico ferroelettrico è in serie con il carico G; e l'alimentazione Ru al variare della tensione d'ingresso Vi varia la sua reattanza e quindi varia la corrente nel carico.
L'eliminazione della reazione sul circuito di controllo si ottiene col circuito bilanciato schematizzato nella fig. 7b.
Amplificatori di potenza rotanti. - Gli a. di potenza a tubi elettronici e quelli magnetici e dielettrici non sono generalmente in grado di fornire grandi potenze d'uscita in corrente continua, quali, per es., quelle richieste per il comando di grossi motori elettrici; per queste applicazioni si fa ricorso a speciali macchine rotanti che vengono usate come amplificatori.
A tale scopo, in linea di principio, potrebbe servire una normale di eccitazione costituirebbe il circuito d'entrata, il circuito rotorico quello d'uscita, mentre l'alimentazione verrebbe fornita per via meccanica mediante un motore. È tuttavia da osservare che la risposta della dinamo ai transitorî è molto lenta e la rende inadatta in molti casi.
Le macchine usate come a. rotanti si distinguono dalle dinamo normali appunto per l'elevata rapidità di risposta, nonché per l'elevato guadagno di potenza conseguibile.
Caratteristiche comuni ai varî tipi di a. rotanti sono: a) una grande costanza nella velocità di rotazione; b) una piccola induttanza degli avvolgimenti di controllo; c) una elevata potenza di uscita (per es. 1 ÷ 100 kW). Sono inoltre richiesti un accurato progetto dei circuiti magnetici, inteso particolarmente ad eliminare l'effetto di isteresi, e una particolare cura nei circuiti di commutazione.
Gli a. rotanti possono raccogliersi in tre gruppi.
Un primo tipo (magnavolt, rapidina) si può pensare costituito da due dinamo a eccitazione separata, riunite in un'unica macchina. Lo statore (fig. 8) ha quattro espansioni polari, mentre sul rotore sono disposti due avvolgimenti indotti elettricamente indipendenti. L'avvolgimento indotto del primo stadio è predisposto per due poli e alimenta, attraverso un collettore, l'eccitazione del secondo stadio, il cui avvolgimento indotto è previsto per quattro poli. Nella figura si è scissa la macchina in due per comodità di rappresentazione: in effetti la magnetizzazione bipolare del 1° stadio provoca nella magnetizzazione tetrapolare del 2° stadio un piccolo squilibrio.
Un secondo tipo (amplidina, magnicon) sfrutta il principio della magnetizzazione rotorica. La corrente Ic (fig. 9) provoca il flusso Φ2 diretto secondo l'asse BD (magnetizzazione statorica); tra le spazzole A e C, in corto circuito, circola una forte corrente, I1, che provoca un flusso Φ2 di reazione di indotto secondo l'asse AC. Tale flusso si comporta come flusso magnetizzante (magnetizzazione rotorica) per due spazzole B, D, poste sullo stesso collettore ortogonalmente alle A, C; quindi tra B, D si ha la tensione di uscita Vu. Un avvolgimento ausiliario a serve a conservare il flusso generato dalla corrente Iu che fluisce nel carico Ru. Con queste macchine possono conseguirsi amplificazioni di potenza dell'ordine di 10.000.
Un terzo tipo (rototrol) è costituito da dinamo autoeccitate (in serie o in derivazione) con un circuito di eccitazione indipendente C. L'azione amplificatrice nasce dal fatto che, per come sono disposte le cose, basta una piccola variazione della corrente nel circuito di controllo C per far variare fortemente la tensione di regime. Sono conseguibili amplificazioni dell'ordine di 25.000 ÷ 50.000.
Amplificatori a radiofrequenza parametrici e molecolari. - Per alcune applicazioni (per es., nei radar e nei radiotelescopî) si richiedono a. per alta frequenza a bassissimo rumore; a questa esigenza rispondono gli a. parametrici e quelli molecolari, che consentono di ottenere cifre di rumore dell'ordine del decibel.
Ricordiamo che la cifra di rumore è il rapporto segnale-disturbo in uscita misurato in unità logaritmiche, ad es. in decibel, rispetto al rapporto segnale-disturbo in entrata.
Amplificatori parametrici. - L'elemento fondamentale di un a. parametrico è una reattanza bipolare non lineare a basse perdite.
Si possono anzi distinguere tre tipi base di a. parametrici a seconda che, come reattanza, si utilizza la capacità non lineare di un diodo a semiconduttore o le proprietà non lineari della ferrite o l'effetto di reattanza non lineare presentato da un fascio elettronico opportunamente modulato.
Applicando (fig. 10) ai capi di una tale reattanza (Znl in fig.) il segnale S da amplificare (di frequenza Fs) e il segnale (di frequenza Fp) fornito da una sorgente di potenza P (detta pompa), in condizioni opportune, si può ottenere in un terzo circuito Zu un segnale, di frequenza Fu, che risulta amplificato a spese dell'energia fornita dalla pompa. I tre circuiti comprendono dei filtri tali che in essi circoli corrente avente soltanto frequenza, rispettivamente, Fs, Fp, Fu.
In relazione al valore della frequenza della corrente che scorre nel terzo circuito si hanno due tipi fondamentali di funzionamento:
1) Circuito accordato sulla frequenza somma: Fu = Fp + Fs. In tal caso risulta:
dove Pu, Ps, Pp indicano le potenze, rispettivamente, d'uscita, del segnale e della pompa, assunte positive o negative a seconda che siano uscenti o entranti.
Il circuito utilizzatore assorbe la potenza fornita dal segnale e dalla pompa; il segnale esce amplificato secondo il fattore Fu/Fs e cambiato in frequenza: per quest'ultima particolarità, un tale dispositivo si può anche considerare come un convertitore.
Caratteristiche essenziali di tale tipo di a. parametrico sono le seguenti: a) per avere guadagni elevati deve essere Fp ≫ Fs, sicché le frequenze di segnale sono limitate a pochi GHz; b) il guadagno non dipende dalla larghezza di banda; c) la frequenza di segnale Fs viene spostata al valore Fs + Fp dal processo di amplificazione; d) i circuiti d'entrata e d'uscita sono distinti e la stabilità è assoluta.
11) Circuito accordato sulla frequenza differenza: Fu = Fp − Fs. In tal caso si ricava:
Le potenze Ps e Pu sulla reattanza sono di segno uguale, il che significa che è possibile ottenere in uscita il segnale amplificato direttamente alla frequenza di segnale. Il dispositivo eroga le potenze Ps e Pu a spese della sola potenza di pompa; non assorbendo potenza di segnale, l'ammettenza di entrata ha una parte reale negativa: ciò giustifica il nome di amplificatore a resistenza negativa dato al dispositivo.
Poiché il segnale amplificato circola nel circuito d'ingresso, occorrono opportuni dispositivi che lo separino dal segnale entrante. Ciò può ottenersi mediante un circolatore, cioè mediante un dispositivo costituito in modo che la potenza che entra da un morsetto può uscire solo da quello seguente.
Il segnale da amplificare Fs entra da 1 (fig. 11) ed esce da 2 verso l'amplificatore parametrico; viene amplificato ed esce dall'amplificatore assieme alla Fu; ambedue entrano da 2 ed escono da 3, che costituisce l'effettivo morsetto d'uscita dell'amplificatore. Un filtro, non indicato in fig., separa la Fs dalla Fu inviandole ai rispettivi carichi. Per prevenire fughe verso il circuito d'uscita, si inserisce un filtro di blocco della Fp tra l'amplificatore e il morsetto 2 del circolatore.
Si può dimostrare che, regolando i parametri dell'a. e le ammettenze terminali, si può variare a piacere la resistenza globale del circuito di segnale e ottenere un guadagno qualsiasi, a patto, naturalmente di usare adattamenti eccezionalmente buoni.
Un altro modo possibile di funzionamento dell'a. a resistenza negativa consiste nello scegliere la frequenza di segnale bassa e la frequenza di pompa grande in modo che risulti Fu = Fp − Fs ≫ Fs. Poiché si ha:
estraendo come potenza utile quella alla frequenza differenza si può sfruttare l'elevato guadagno costituito dal fattore Fp-s/Fs; mentre quello corrispondente alla Ps (resistenza negativá) viene ridotto. Guadagno e stabilità risultano allora meno criticamente dipendenti dagli adattamenti.
La fig. 12 mostra la realizzaziorie costruttiva di un a. parametrico a resistenza negativa.
Le caratteristiche principali degli a. parametrici a resistenza negativa sono le seguenti: a) il guadagno è tanto maggiore quanto più Fs è prossimo a Fp/2, sicché la frequenza di segnale può essere elevata; b) il guadagno di potenza G dipende dalla larghezza di banda Δf secondo la relazione Δf√G = costante; c) l'amplificazione non comporta spostamento della frequenza di segnale; d) i circuiti d'entrata e d'uscita coincidono, ciò che impone, affinché la stabilità sia assicurata, accoppiamenti ottimi e dispositivi separatori.
L'a. parametrico ha il pregio di utilizzare una reattanza non lineare che, se priva di perdite, non presenta rumore termico e quindi l'amplificazione è, almeno teoricamente, del tutto esente da rumore, naturalmente ad eccezione di quello generato negli altri circuiti passivi eventualmente richiesti per il funzionamento; il rumore effettivamente presente può essere ridotto mantenendo il dispositivo a bassa temperatura.
Nella tabella seguente sono riassunte le caratteristiche ottenute con amplificatori parametrici utilizzanti varî tipi di reattanze non lineari.
Amplificatori molecolari. - L'amplificatore molecolare (indicato con la sigla MASER; ingl. Microwave Amplification by Stimulated Emission of Radiation), è un dispositivo, di recente ideazione, mediante il quale un segnale di ingresso controlla l'emissione dell'energia accumulata in un sistema molecolare od atomico a spese di una opportuna sorgente.
Il principio di funzionamento riposa sull'interazione tra onde elettromagnetiche ad altissima frequenza e le molecole di un corpo. Nell'interazione può aversi una transizione delle molecole da un livello energetico a un altro, con scambî di energia regolati dalla ben nota relazione: W1 − W2 = h f, essendo W1 e W2 le energie competenti, rispettivamente, al livello di partenza e a quello d'arrivo, h la costante di Planck ed f la frequenza dell'onda. Per es., per f = 100 MHz, risulta W1 − W2 = 4.10-7 eV, cioè dell'ordine di grandezza richiesto per provocare variazioni di orientazione dei momenti nucleari; per f = 10.000 MHz, W1 − W2 = 4.10-5 eV, cioè un'energia sufficiente a provocare variazioni di energie rotazionali ed elettroniche paramagnetiche.
La transizione da un certo livello 1 a un livello 2 a energia più bassa può avvenire sia spontaneamente, sia sotto l'influenza di un campo elettromagnetico eccitante a frequenza appropriata: emissioni spontanee sono peraltro molto meno probabili di emissioni stimolate. L'emissione avviene così prevalentemente in sincronismo con l'onda stimolante, la cui ampiezza viene perciò accresciuta: ne risulta la possibilità di realizzare per tal via un'amplificazione di segnali ad alta frequenza. Poiché il trasferimento di energia aumenta coll'aumentare della frequenza, il fenomeno è sfruttabile soltanto per frequenze molto alte, in pratica da 1000 MHz in su.
Il vantaggio principale di un amplificatore basato su questo principio consiste nel bassissimo rumore interno, dovuto alla assoluta assenza di fenomeni elettronici; inoltre, poiché il valore della frequenza è determinato dalla struttura molecolare interna, non esistono limitazioni di struttura geometrica per le frequenze amplificabili. D'altra parte la banda amplificabile risulta, almeno in teoria, ristretta a una sola frequenza: anche se l'effetto d'urto e d'interazione tra le varie molecole porta a considerare una "banda di livello", piuttosto che un determinato livello, questa, e con essa la banda delle frequenze amplificabili, è pur sempre molto stretta. Ne consegue la convenienza di usare materiali solidi, caratterizzati da una frequenza di urti maggiore di quella che si ha negli aeriformi e nei liquidi, se si vuole ottenere una banda relativamente ampia.
È infine da osservare che, coincidendo circuito d'entrata e d'uscita, anche negli amplificatori molecolari, come in quelli parametrici, occorre un circolatore per separare i due circuiti.
Gli a. molecolari possono essere a due livelli o a tre livelli.
Al primo tipo appartiene l'amplificatore a fascio molecolare, schematizzato nella fig. 13.
Una opportuna sorgente produce un getto di gas, per es. di NH3, che viene fatto passare in un dispositivo, detto focalizzatore: qui, per effetto Stark, le molecole del fascio che si trovano al livello superiore (le cosiddette molecole emissive) sono separate da quelle che si trovano al livello inferiore. Il fascio, arricchito così di molecole emissive, passa attraverso una cavità accordata sulla frequenza di emissione. Fornendo alla cavità, dall'esterno, un segnale alla stessa frequenza, esso verrà amplificato.
Il dispositivo funziona a frequenza fissa ed è quindi usato come riferimento di frequenza di altissima stabilità e precisione (dell'ordine di 10-12): come tale costituisce, per così dire, il cuore dei cosiddetti orologi atomici. In un altro tipo, detto cella a griglia calda, lo stato emissivo è invece mantenuto mediante un fenomeno di riflessione selettiva delle molecole a livello superiore.
Nell'a. a tre livelli per creare la condizione emissiva si usa invece una sorgente stimolante esterna, detta pompa.
La pompa provoca transizioni dal livello 1 al livello 3 (fig. 14 a), mentre il segnale stimola i passaggi dal livello 3 al 2, a cui seguono spontaneamente i passaggi dal 2 all'1. La frequenza d'uscita risulta quindi, in generale, diversa da quella d'entrata. Per ottenere transizioni del tipo sopraindicato, sono usati materiali paramagnetici, per es. cristalli di rubino. Il cristallo paramagnetico è posto (fig. 14 b) in una cavità risonante sulle due frequenze di pompa e di segnale. Per variare la frequenza d'uscita si ricorre all'effetto Zeeman, variando l'intensità di un campo magnetico esterno nel quale è immerso il cristallo. Poiché in un solido il tempo di vita di uno stato eccitato, e quindi la possibilità della sua interazione col segnale di stimolazione, è in parte determinato dai moti termici degli atomi del reticolo, si rende necessario il funzionamento del dispositivo a temperature notevolmente basse, dell'ordine della temperatura (−272 °C) dell'elio liquido.
Amplificatori operazionali. - Gli a. operazionali sono i costituenti elettronici fondamentali delle macchine calcolatrici analogiche (v. Calcolatrici, macchine, in questa App.).
Si tratta di a. a tubi o a transistori, ad accoppiamento diretto, che sono dotati delle seguenti particolari, elevate caratteristiche: a) alto guadagno di tensione (fino a 108 ÷ 109); b) alto rapporto tra impedenza di entrata e impedenza di uscita (possibilmente maggiore di 107), c) inversione di fase tra entrata e uscita; d) bassa "deriva" (tensione equivalente riferita all'ingresso minore di 2 mV per tempi lunghi e di 20 μV per tempi corti); e) rumore minore di 10 mV (riferiti all'ingresso).
A. con queste caratteristiche, usati con una rete di reazione, formano un "circuito tipo" operazionale, cioè capace di effettuare operazioni di somma, sottrazione, moltiplicazione per una costante, derivazione ed integrazione.
L'uso nelle calcolatrici di a. operazionali al posto di reti puramente passive (anch'esse capaci di compiere alcune operazioni) permette di ottenere una migliore approssimazione, un funzionamento indipendente di più unità collegate, l'inversione del segnale e un guadagno di potenza; per contro gli a. operazionali risultano più costosi e sono affetti da rumore e da deriva. Quest'ultima consiste in una lenta variazione della tensione di uscita, che è dovuta a variazioni delle tensioni di alimentazione e a variazioni dei componenti del circuito. Gli a. operazionali di qualità elevata sono pertanto muniti di circuito anti-deriva.
Lo stadio d'ingresso (fig. 15) ha due entrate (ingresso differenziale). La prima è collegata al segnale direttamente, mentre l'altra è collegata attraverso il circuito di compensazione automatica, costituito da un amplificatore in corrente alternata A, da un vibratore sincrono V (frequenza 50 ÷ 1000 Hz), che agisce sia da modulatore sia da demodulatore, e dai filtri R1 C1 e R2 C2. Le alte frequenze passano direttamente nell'a. operazionale, che fornisce quindi il guadagno G1 in alta frequenza. Al guadagno alle basse frequenze, che passano per R1 C1, provvedono invece insieme l'a. A, che non ha deriva, e l'a. operazionale: se G2 è il guadagno di A, il guadagno risulta essere G1 + G1G2 se si tien conto, in G2, delle attenuazioni dovute alla modulazione e alla demodulazione. Il guadagno è così molto accresciuto alle basse frequenze, senza aumento di deriva. Le tensioni di errore che compaiono in ingresso per effetto di deriva, essendo a bassa frequenza, passano per il circuito di compensazione da cui escono invertite di fase; quindi, applicate al secondo ingresso dell'a. operazionale, provocano gli stessi effetti di quelli provocati dalla tensione di errore nel primo ingresso, cioè vengono contrastate. Anche derive dovute a variazioni della corrente di griglia del primo tubo vengono, per la stessa ragione, ridotte.
Bibl.: W. A. Geyger, Magnetic-amplifier circuits, New York 1957; A. M. Vincent, Dielectric amplifier fundamentals, in Electronics, XXIV, n. 84, dicembre 1951; B. Litman, Analysis of rotating amplifiers, in Electronics Engineering, LXIX, n. 4, aprile 1950; G.M. Pestarini, Sulle amplificatrici rotanti, in L'Elettrotecnica, XXXVIII, n. 9, sett. 1951; R. Adler, Parametric amplification of the fast electron wave, in Proc. I.R.E., XLVI, giugno 1958; T. J. Bridges, A parametric electron beam amplifier, in Proc. I.R.E., XLVI, febbraio 1958; H. Heffner e K. Kotzbeue, Experimental characteristics of a microwave parametric amplifier using a semiconductor diode, in Proc. I.R.E., XLVI, giugno 1958; J.M. Manley e H. E. Rowe, Some general properties of non linear elements, in Proc. I.R.E., XLIV, luglio 1956; M.T. Weiss, Solid-state microwave amplifier and oscillator using ferrites, in Physics Rev., CVII, luglio 1957; S. W. Meyer, The solid state MASER, a supercooled amplifier, in Electronics, XXXI, aprile 1958; J. P. Wittke, Molecular amplification and generation of microwaves, in Proc. I.R.E., XLV, marzo 1957.