ammortamento
Tipologie di ammortamento
Si distinguono due grandi categorie di ammortamento, l’ammortamento contabile e quello finanziario. Sottocategoria dell’ammortamento finanziario di particolare importanza è l’ammortamento del debito pubblico, procedura straordinaria di gestione della finanza pubblica.
Procedimento tecnico per ripartire il costo di immobilizzazioni a vita definita (materiali e immateriali) in un dato numero di esercizi futuri, mediante quote che incidono sul calcolo del reddito dei vari esercizi. L’ammortamento si ricava conoscendo il valore da ammortizzare (differenza fra il costo del bene e il suo previsto valore di realizzo al termine della vita utile) e la durata della vita utile. Gli ammortamenti devono essere contabilizzati nei bilanci delle imprese per evidenziare correttamente il conto economico e il patrimonio dell’impresa e per ricostituire nel tempo il valore dei beni capitali, anche ai fini della loro sostituzione. Il fondo ammortamento è il fondo alimentato annualmente per il rimpiazzo di beni capitali e costituisce una posta rettificativa dell’attivo nel bilancio d’impresa. I metodi di calcolo dell’ammortamento economico a fini di bilancio sono molteplici (accelerato, anticipato, a quote costanti ecc.); possono differire dall’ammortamento fiscale, cioè dalle procedure di calcolo, definite dalla legge, delle quote di ammortamento fiscalmente deducibili. Nel conto economico si trova un’unica voce ‘ammortamenti e svalutazioni’ che comprende anche la voce ‘svalutazioni’, derivante dalla differenza (se positiva) fra valore contabile netto (costo storico − fondo ammortamento) e valore effettivo del bene al momento della stesura.
Operazione di rimborso di un debito, spesso originato dalla concessione di un mutuo, mediante la corresponsione da parte del debitore di una sequenza di importi, detti rate, con cadenza regolare, tipicamente semestrale o annuale. Ogni rata è la somma di due parti: la quota capitale e la quota interessi. Gli interessi possono essere calcolati o applicando un tasso fisso per tutta la durata dell’operazione o un tasso variabile nel tempo, secondo criteri comunque specificati in maniera inequivocabile, talora inclusivi di un saggio massimo. La quota capitale serve per diminuire il debito residuo rispetto a quello di inizio del periodo cui si riferisce. La quota interessi ha lo scopo di pagare gli interessi maturati nel periodo intercorrente fra due rate successive. Si calcola moltiplicando il debito residuo, dopo il precedente pagamento, per il tasso di interesse effettivo periodale i.
Nell’ammortamento a quota capitale costante, dato l’importo del debito D e il numero n delle rate previste, la quota capitale costante risulta pari a C=D/n. Il debito residuo decresce in progressione aritmetica come la quota interessi e la rata.
L’ammortamento a rata costante, detto anche ammortamento francese, prevede una rata costante posticipata, ricavabile dalla D=Ran,i, che eguaglia l’importo del debito al valore attuale di una rendita posticipata di n rate d’importo R al tasso periodale i. Posto 1/an,i=αn,i risulta R=D‧αn,i. La quota interessi è ovviamente decrescente, mentre la quota capitale cresce in progressione geometrica di ragione 1+i.
L’ammortamento a rata costante con interessi anticipati, detto ammortamento tedesco, prevede che gli interessi sul debito residuo vengano sempre pagati in via anticipata.
L’ammortamento con pre-ammortamento prevede un periodo di tempo iniziale nel quale il debitore paga solo la quota interesse. In questo periodo il debito rimane inalterato. Al termine del periodo di pre-ammortamento. si procede poi al vero e proprio ammortamento.
L’ammortamento americano, detto anche a due tassi, è caratterizzato dalla costanza della quota interessi, poiché formalmente il debito viene estinto in un’unica soluzione alla scadenza. Per dare garanzia che le risorse utili a tale scopo saranno effettivamente disponibili, il debitore provvede a versare, usualmente presso un terzo intermediario, una sequenza di rate costanti, di importo pari a quello necessario per costituire a scadenza l’importo dovuto come montante della rendita di tali rate; comunemente il tasso di interesse (che è un tasso attivo per il debitore) applicato a questa parte dell’operazione è inferiore a quello che definisce le quote interessi.
L’ammortamento di mutui a tasso variabile può essere preferito per ammortamenti di lunga durata (oltre 10 anni), o per durate più brevi in periodi di instabilità finanziaria (elevata variabilità dei tassi di inflazione o dei tassi di interesse nominali). In questo caso, anziché vincolarsi a un tasso fisso, si individua un saggio di riferimento variabile a cui agganciare l’operazione. Riferimenti molto usati sono il London Interbank Offered Rate (➔ LIBOR) e l’EURO Interbank Offered Rate (➔ EURIBOR). Il tasso di riferimento, in misura pari a quello rilevato all’inizio del periodo per cui si calcolano gli interessi o a una sua conveniente media mobile, è applicato, spesso con l’addizione di uno spread, al debito residuo. Con l’aggiunta della quota capitale prestabilita si ottiene una rata variabile nel tempo. Debito estinto e debito residuo evolvono sempre in coerenza con la regola delle quote capitale.
L’ammortamento di mutui a rata flessibile prevede clausole di flessibilità della rata legate alle esigenze del debitore. Pur restando valida l’architettura generale del contratto, il debitore può scegliere, entro certi limiti contrattualmente definiti (per es. per un numero massimo convenuto di rate), di modificare (tipicamente in diminuzione), o al limite anche di azzerare alcune rate. Nel caso in cui venga utilizzata la flessibilità, questa modifica il piano di ammortamento (non nella sua parte programmatica ma in quella concretizzata a posteriori) anche per quanto riguarda la parte relativa al debito estinto e al debito residuo.
Procedura straordinaria utilizzata per l’estinzione totale o parziale del debito pubblico mediante il rimborso ai portatori dei titoli che lo rappresentano. L’operazione mira a diminuire l’onere degli interessi sul bilancio della pubblica amministrazione e a riportare il debito pubblico a livelli sostenibili. A tal fine è indispensabile generare un saldo positivo (detto avanzo primario; ➔ avanzo) fra entrate e uscite al netto degli interessi sul debito, anche mediante vendita ai privati di parte del patrimonio pubblico. L’inflazione riduce il peso reale del debito pubblico, ma in compenso fa lievitare la spesa per interessi sul debito da rifinanziare.