AMILCARE ('Αμίλκας, Hamilcar)
Nome di alcuni personaggi cartaginesi.
1. Figlio di Annone ('Αμίλκας ὁ "Αννωνος, Erodoto). - Generale cartaginese, che ebbe il comando della spedizione del 480 a. C. in Sicilia. La cresciuta potenza di Ierone, che alla signoria di Agrigento aveva congiunta quella di Imera, turbava l'equilibrio politico della Sicilia centrale, e creava una minaccia per i dominî cartaginesi. Terillo, l'espulso tiranno d'Imera, trovava perciò in Cartagine la sua naturale alleata, e ad essa si rivolse, sollecitando un intervento armato nell'isola. A capo del governo di questa città stava in qualità di sofete (i Greci dicevano re) appunto il nostro Amilcare, nato da madre siracusana e legato a Terillo da vincoli di ospitalità. Gli antichi parlano di lui quasi come di un arbitro della politica cartaginese. A Terillo si era unito Anassila, signore di Reggio e di Messana, suo genero, il quale consegnò ad A.. come pegno di fedeltà, i proprî figli. Insieme con l'opportunità di abbattere la soverchia potenza di Ierone, si offriva perciò a Cartagine la prospettiva di un vasto dominio esteso sino allo stretto di Messina ed alle coste d'Italia quale fu poi sempre, nei secoli seguenti, nel programma della repubblica cartaginese. Fu pertanto decisa una spedizione, il primo effetto della quale, se non forse l'unico, doveva essere quello di rimettere Terillo nella signoria d'Imera, che sarebbe così rimasta la guardia degl'interessi cartaginesi sulla costa del Tirreno e verso l'interno dell'isola. Furono fatti preparativi in grande stile. Venne raccolto un esercito di mercenarî di nazionalità diversa, come Libî, Iberi, Liguri, Elisici (abitanti tra il Rodano e i Pirenei), Sardi, Corsi. Già nel sec. V a. C. si parlava di un complesso di trecentomila uomini, e la tradizione posteriore ci fa conoscere anche il numero delle navi: duemila da guerra, tremila da carico; cifre tutte, non occorre dirlo, enormemente esagerate. Il comandante supremo fu A. Una tempesta durante la traversata mandò a fondo le navi che trasportavano carri e cavalli. Le altre si raccolsero nel porto di Panormo, donde poi proseguirono verso la spiaggia d'Imera mentre l'esercito marciava lungo la costa. Sotto la città le navi furon tirate a secco e difese da un fosso e da una palizzata. L'esercito si accampò non lontano dalle mura (v. inera). Ivi Amilcare perì, nella battaglia decisiva. La parte ch'egli ebbe in quella giornata, secondo la versione cartaginese, è d'impronta nettamente semitica ed orientale: par di leggere un racconto biblico. A., anzi che far da comandante, fa da sacerdote, attendendo la vittoria dalla divinità, invocata con sacrifizî. La battaglia durò da mattina a sera e per tutto quel tempo egli sarebbe rimasto nel campo a immolare vittime e fare olocausti; quando da ultimo vide che i suoi andavano in rotta, si gettò nel fuoco facendo olocausto di sé stesso. Anche la versione greca ci mostra Amilcare nell'ansia di compiere un grande sacrifizio, non però a divinità punica ma a divinità greca, Poseidone; ed in quest'ansia egli è sorpreso e ucciso, nel suo campo stesso, all'inizio della giornata (480).
Bibl.: A. Holm, Gesch. Sic., I, 206, 155; O. Meltzer, Gesch. d. Karth., I, 215 segg.; Freeman, hist. of Sic., II, 118 segg. (trad. ted. di B. Lupus, II, 159 segg.); Lenschau, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VII, col. 2297 seguenti.
2. Contemporaneo del tiranno Agatocle, da identificare forse coll'A. che combatté contro Timoleone al fiume Crimiso nel 340 a. C. insieme con Asdrubale. Ciò non è impossibile, ove si supponga che in quel momento fosse in età ancora giovanile, poiché egli si trovò contro Agatocle nel 319 e 313, quando poteva essere in età alquanto, non troppo, avanzata. Acestoride mandato da Antipatro, reggente del regno fondato da Alessandro, cui gli oligarchici di Siracusa si erano rivolti, fu mediatore di pace tra i Siracusani e i Cartaginesi, di cui aveva il comando A.; i democratici furono banditi e fra questi Agatocle. Si fece ad A. l'accusa di essersi messo d'accordo con Agatocle al quale avrebbe ceduto 5000 mercenarî, ingrossando così l'esercito col quale Agatocle mosse da Morgantine alla volta di Siracusa. Siccome lo si ritrova di nuovo nel 313 a trattare la pace con Agatocle dopo il fallimento della spedizione di Acrotato, principe spartano, che, venuto nel 315 al soccorso degli oligarchici fuorusciti dopo la conquista del potere da parte di Agatocle, si era reso inviso per la sua tracotanza; e poiché allora A. fu accusato dai Cartaginesi, è probabile che della sua mediazione del 319-8 si sia giudicato alla stregua di quella del 313. A. morì prima che si potesse svolgere il processo.
Fonti: Giustino, XXII, 23; Diodoro, XIX, 70-72.
Bibl.: A. Holm, Storia della Sicilia, trad. ital., Palermo 1896 segg., II, pp. 430, 437; Freeman, History of Sicily, IV, p. 521 segg.; O. Meltzer, Geschichte der Karthager, I, p. 354 segg., 522 segg.; Schubert, Agathokles, Breslavia 1887, p. 384; J. Beloch, Griech. Gesch., 2ª ed., IV, i, Berlino 1925, p. 182 seg.
3. Capitano nella prima guerra punica. Dopo l'infelice sortita di Annone (262 a. C.) contro i Romani che assediavano Agrigento, A. prese il comando dell'esercito cartaginese. In tale ufficio lo si trova sul 260, mentre Annibale figlio di Giscone comandava la flotta. Egli assediò Segesta, infliggendo una sconfitta al console Cecilio Metello, ma Annibale frattanto era sconfitto da Duilio a Milazzo, onde A. dovette togliere l'assedio e ritirarsi a Panormo. Di qui fece una sortita fortunata contro l'esercito romano a Paropo (Collesano) e Termini Imerese: poscia, avendo preso Enna e Camarina per tradimento, secondo gli annalisti romani, afforzò Drepano ai danni di Erice: nel 258 inflisse una sconfitta al console Aulo Attilio presso Lipari, l'anno seguente combatté contro i Romani una battaglia presso Tindaride che secondo le fonti sarebbe finita con una sua sconfitta, e le navi superstiti si sarebbero riparate alle isole Lipari. Fu poi sconfitto a Ecnomo, presso la costa meridionale della Sicilia, sul mare africano. In seguito alla invasione di M. Attilio Regolo fu richiamato e, messo insieme con Asdrubale e Bostare a capo dell'esercito di difesa, fu sconfitto da Regolo presso Adi (256), non lontano da Cartagine. Venuto lo spartano Santippo, A. si sottopose a lui; e così si ottenne la nota vittoria, per la quale anche Regolo cadde prigioniero. A. fu poi incaricato di reprimere una rivolta di mercenarî Numidi e Mauretani che punì esemplarmente.
Fonti: Polibio, I, 24-30; Diodoro, XXIII, 9-14; Zonara, VIII, 10-11; Polieno, VIII, 20; Orosio, IV, 8-9.
Bibl.: A. Holm, Storia della Sicilia, trad. it., Palermo 1896 segg., III, p. 26 segg.; J. Beloch, Griech. Geschichte, 2ª ed., IV, i, Berlino 1925, p. 653 segg.; O. Meltzer, Geschichte der Karthager, II, pp. 276-292; S. Gsell, Histoire de l'Afrique du Nord, II, pp. 379, 422, 451, III, pp. 78, 81, 92.