AMIENS (A. T., 32-33-34)
Città della Francia, capoluogo del dipartimento della Somme, sede d'un vescovado, del II corpo d'armata, d'una corte d'appello e di un'accademia, situata in riva alla Somme, nel cuore della Piccardia. Il suo nome gallico, Samarabriva ("ponte sulla Somme"), dimostra ch'essa deve la propria esistenza e il proprio sviluppo all'argine e ai ponti che congiungevano i varî bracci del fiume, e che, fin dall'origine, era una testa di ponte su una valle acquitrinosa. La popolazione, che nel 1768 era di 35.000 abitanti, andò sempre aumentando, e dai 40.300 del 1801 salì ai 92.780 del 1821. Al presente, Amiens forma un enorme abitato, che si allunga per oltre 6 km. nella direzione della valle. Le antiche fortificazioni sono state sostituite da viali; le industrie si sono estese ai sobborghi; ma tutta l'animazione e tutto il traffico si sono concentrati nella rue Gambetta e nella rue des Trois Cailloux, dove sono situati i più bei negozî della città.
Amiens ha rammodernato le sue vecchie industrie; grazie alle sue numerose fabbriche e al suo personale operaio e tecnico, essa tien testa alla concorrenza straniera, nella lotta per occupare il primo posto sul mercato dei velluti. Ma, per occupare una massa di lavoratori sempre maggiore (dal 1866 al 1896 si è avuto un aumento di 27.000 abitanti), si sono dovute creare nuove industrie. Ora la città ha più di 40 stabilimenti di manifatture, con oltre 10.000 operai, che confezionano abiti a buon mercato; ed ha anche fabbriche di calzature e officine metallurgiche (meccanica generale ed elettricità, fonderie, macchine e utensili). Peraltro, pur essendo città industriale, Amiens ha anche tratto profitto dalla sua cintura di paludi: i prati umidi hanno ceduto il posto a 500 ettari d'orti e di frutteti, dove i canali sistemati tracciano una rete di vie d'acqua, nelle quali circolano le barche piatte degli ortolani. A questa metropoli economica manca uno sbocco diretto sul mare; essa rimase un porto attivo fino al sec. XVIII; poi, a motivo dell'insabbiamento, il commercio si allontanò dall'estuario della Somme, in cerca di porti più profondi. Ora il traffico per acqua risale il fiume verso San Quintino e verso i canali che recano ad Amiens il carbone necessario alle sue industrie. Così la grande città piccarda è ancora oggi, come nel passato, all'incrocio di vie di comunicazione, città di transito, essendo situata sulle grandi linee Parigi-Lilla e Parigi-Calais.
Storia. - Prima della conquista romana della Gallia, Amiens (Samarabriva) era capoluogo degli Ambiani; poi, col nome di Ambiani, civitas Ambianensium, divenne centro di una civitas, e, nell'epoca cristiana, sede di un vescovado. Situata al punto d'incrocio della Somme con alcune importanti strade romane, Amiens diventa, dopo il Mille, un notevole centro commerciale. L'esportazione del guado, prodotto dalla regione circostante, specialmente verso i mercati della Fiandra, costituiva nell'epoca più remota l'attività principale dei componenti la gialda o mercanzia di Amiens (marchandise de waides, prévosté des marchands de waides). Nel sec. XII, anzi, i grandi mercanti locali ottennero dal potere regio, per il mercato della loro città, il privilegio esclusivo (estaple) della compra e della vendita del guado in tutta la regione piccarda. Un simile privilegio esisteva anche per il commercio del vino, altra fonte di prosperità della "mercanzia" di Amiens. A queste attività venne ad aggiungersi presto, come nella maggior parte delle città delle Fiandre e della Francia settentrionale, l'industria dei panni di lana. Ma l'esportazione dei panni, come anche l'importazione in città delle materie prime, si concentrò naturalmente nelle mani del ceto dei grandi mercanti; in modo che i mestieri della lana vennero a trovarsi di fronte ad essi in netta dipendenza economica e amministrativa. Da questa aristocrazia commerciale, ricca operosa ed attiva, partì principalmente l'impulso all'emancipazione e all'autonomia del mondo cittadino; nelle sue mani rimase il governo della città durante tutto il periodo dell'indipendenza del comune.
Le istituzioni municipali di Amiens presentano una forma intermedia fra il comune a scabinato (come è in modo speciale nelle città delle Fiandre) e quello prevalentemente associativo (com'è in molte città della Francia settentrionale). Nominalmente, il signore della città è il vescovo, dal quale dipende feudalmente la contea; ma di fatto in Amiens il potere pubblico si trova nelle mani del conte, che agisce per mezzo del suo preposto (prévost) e del collegio degli scabini (un maieur e 24 scabini). Il preposto, a seconda dei casi, esercita le sue funzioni talvolta solo, talvolta assistito dagli scabini, che sono, oltreché organo della giustizia comitale, anche esponenti degl'interessi della collettività dei cittadini. Essi tendono naturalmente a rafforzare e ad estendere l'azione del potere pubblico nella città, specialmente nei riguardi degli estranei e delle immunità cittadine, ora servendosi dell'autorità comitale; ora agendo da sé, cioè come organo prettamente comunale. In tal modo, anche la loro giurisdizione risulta in parte legata a quella del preposto comitale, in parte indipendente da essa. Non mancano peraltro ad Amiens, nel corso del sec. XII, conflitti fra il potere comitale e lo scabinato, divenuti tuttavia sempre più rari, da quando la contea di Amiens passò nelle mani del re di Francia (1185). In quest'occasione fu promulgata la seconda carta comunale, che, in confronto coi dati più antichi (il testo della prima carta concessa da Luigi VI, nel 1117, non ci è conservato, ma possediamo alcuni frammenti di coutumes e altri dati indiretti per il sec. XII), attesta i progressi compiuti dalla giurisdizione del preposto comitale (ora regio) e da quella degli scabini. La giurisdizione cittadina raggiunse poi la sua piena unità e compiutezza, quando il re di Francia, nel 1292, cedette allo scabinato tutti i suoi diritti comitali in Amiens (eccezion fatta, s'intende, della giustizia sui feudi e di quella penale nei "tre casi" gravissimi, che passarono al bailli regio). Da quel momento, la prepositura regia divenne un organo dello scabinato di Amiens.
Bisogna però notare che alcune giurisdizioni particolari, e precisamente i cosiddetti temporali del vescovo e del capitolo, non furono mai completamente assorbite dal potere municipale, fino all'accentramento monarchico del sec. XVII.
Lo scabinato, come tutte le cariche direttive del comune, rimase sempre nelle mani dell'oligarchia dei grandi mercanti, nonostante la formazione annuale del collegio. Al massimo, si potrebbe parlare solo di una specie di parziale cooptazione. Soltanto per il maieur esisteva il divieto di ricoprire due anni di seguito la magistratura suprema della città (poteva però rimaner semplice scabino); ma anche tale limitazione cadde più tardi in disuso. La parte maggiore dei posti nel nuovo scabinato spettava sempre allo scabinato uscente. Questo designava, fra i suoi componenti, tre candidati alla carica di maieur per l'anno successivo. Diventava maieur quello dei tre candidati che ottenesse la maggioranza dei voti in un'assemblea elettorale, composta dei capi della mercanzia e di tutti gli altri mestieri organizzati (bannières) della città. La medesima assemblea eleggeva poi 12 scabini (ma solo dal numero dei 24 uscenti), i quali eleggevano il giorno seguente, a lor volta, i 12 scabini rimanenti. A questi 12 scabini elettori venivano prima di tutto proposti i nomi degli scabini uscenti e non rieletti il giorno precedente; ma essi potevano anche respingerli e proporne altri, estranei allo scabinato uscente. Così, in quest'ultima fase della formazione dello scabinato, veniva ammessa una specie di cooptazione, e il collegio poteva essere rinnovato, sia pure in piccola parte, anche senza che sopravvenisse la morte di qualcuno dei vecchi scabini.
Fino alla metà del sec. XIV il predominio dell'oligarchia dirigente rimaneva incontrastato; solo fra gli anni 1335 e 1382 abbiamo notizie di conflitti e di moti interni, provocati ora dalla borghesia media e minore (mestieri e commercio locale), ora dai lavoratori dei mestieri della lana, e diretti in parte ad ottenere un allargamento del ceto governante. L'oligarchia riuscì però ad affermarsi. Anzi, il risultato dei moti fu la perdita anche di quella piccola parte che i mestieri avevano avuta fino a quel momento nella formazione dello scabinato, in quanto i capi delle loro corporazioni (bannières) furono, nel 1382, definitivamente scartati dalle assemblee elettorali, e vennero sostituiti, prima da singoli notabili cittadini invitati individualmente, e più tardi dai capi delle formazioni militari della cittadinanza, appartenenti per lo più al ceto superiore e nominati a queste cariche dallo stesso scabinato. Ma l'aristocrazia dirigente s'indebolì nei sec. XV e XVI, per l'influenza sempre crescente dei legisti nel seno delle sue famiglie dirigenti, e per la tendenza, sempre più prevalente, a cercare vantaggi e onori nell'amministrazione giudiziaria e finanziaria del re. La decadenza, dopo la guerra dei Cent'anni, del grande commercio d'esportazione e dell'industria dei panni, contribuì naturalmente a questa trasformazione. Ad Amiens sorse, è vero, in questi tempi, una nuova e prosperosa industria, quella della seta e dei broccati che fu il vanto della città nei secoli seguenti; ma essa si sviluppava su basi capitalistiche completamente nuove, non più prettamente municipali, e fuori dei vecchi quadri economici e sociali della città. L'antica e gloriosa aristocrazia commerciale si trasformava, dunque, in un conglomerato inorganico di legisti, ufficiali regi e cittadini nobilitati. Il loro legame col comune, come organismo distinto e autonomo, andava indebolendosi sempre più. Essi s'inserivano in una realtà assai più vasta e complessa, s' inquadravano in ordini completamente nuovi e diversi. Lo spirito municipale dei vecchi tempi non era più vivo nell'aristocrazia dirigente del sec. XVI, come non era più vivo in essa il senso della coesione sociale e politica. Non fa quindi meraviglia se essa non potesse offrire, come corpo municipale, una seria resistenza alle tendenze accentratrici del potere monarchico. Dopo un breve e debole risveglio municipale (e anche democratico), ai tempi della lega cattolica, la città subì da parte di Enrico IV una grave menomazione dei suoi antichi privilegi, e dal 1600 circa la sua storia si confonde nella storia generale del regno di Francia.
Arte. - Al posto degli antichi bastioni di Amiens vi è ora una cinta di boulevards, interrotti solo al nord dal fiume. Là si è andato sviluppando il quartiere di St. Leu, circoscritto da un braccio dell'Avre e da corsi d'acqua derivati dalla Somme. Non esiste in Amiens nessun monumento anteriore al sec. XIII; ma a St. Acheul, a 2 km. dalla città, accanto a una celebre stazione preistorica, si trovano tracce dell'epoca gallo-romana e della prima età cristiana.
La cattedrale d'Amiens, come scrive il Viollet-le-Duc (Dict., II, p. 330), è la chiesa ogivale per eccellenza. È anche la più vasta delle basiliche francesi, coprendo una superficie di 7700 mq.; e la sua altezza, benché minore di quella che raggiungerà il coro di Beauvais, è di m. 43,30 sotto la chiave di vòlta. La costruzione, cominciata nel 1220 sotto la direzione di Robert de Luzarches, è press'a poco contemporanea a quella della cattedrale di Reims: e pare che l'emulazione abbia influito sulle due maestranze. La navata fu innalzata con somma rapidità; e Thomas e Renault de Cormont, che succedettero a Robert de Luzarches nella direzione dei lavori, spinsero fino all'estremo limite l'applicazione dei principî che avevano servito di base per l'innalzamento della navata. La galleria aperta sul coro ripete il disegno delle alte finestre. La vòlta all'incrocio del transetto, costruita con sistemi molto più progrediti di quelli allora in uso, presenta fin dal 1267 costoloni incrociati. Al vertice della navata maggiore si aprono a raggiera sette cappelle, di cui quella sull'asse centrale è maggiormente sviluppata, e dedicata alla Vergine. La facciata corrisponde ai criterî adottati per la navata: i tre portali sono separati da contrafforti sporgenti 12 metri, sormontati da triplici edicole a piombo sulla facciata stessa. Una prima galleria, corrispondente all'interna, è sormontata da un'altra, non praticabile, detta dei re, ove si ergono le 22 statue colossali dei re di Giuda. Il rosone di 11 m. di diametro presenta, entro una cornice della metà del sec. XIII una raggiera in stile gotico fiammeggiante. L'elegante loggetta dei campanari congiunge in alto le due torri, dai profili molto sottili. Le sculture dei tre portali della facciata seguono un concetto iconografico prestabilito. Il loro insieme è quanto di più omogeneo ci abbia tramandato il Medioevo e ci presenta quella grande epoca sotto un aspetto che potrebbe dirsi classico. Sul timpano della porta centrale è rappresentato il Giudizio universale; dal pilastro centrale Cristo, detto le Beau Dieu, benedice con la mano; la sua espressione ha l'impronta di una maestà che non esclude la dolcezza. La porta di destra è dedicata alle storie della Vergine; e le statue dell'Annunciazione e della Visitazione mostrano che la scultura comincia a liberarsi dalla sua funzione di completamento architettonico della colonna, e a staccarsi. Il portale di sinistra è dedicato ai santi della diocesi; il celebre S. Firmino del pilastro centrale è della stessa mano che ha scolpito il Beau Dieu. Nel basamento, le opere dei dodici mesi, trattate a bassorilievo schiacciato. Queste sculture che, eseguite dal 1225 al 1236, ci ricordano quelle di Chartres e di Parigi, se ne distinguono per il senso di verità che contrasta con lo ieratismo delle generazioni precedenti. Meritano soprattutto di essere osservate la pienezza dei volumi e l'audace opposizione dei piani, sostituite alle indicazioni lineari degli scultori di Chartres, e non ancora ammorbidite da nessun passaggio. Nel portale del braccio sud, che ci fa conoscere un altro periodo della scultura gotica, la Vierge dorée fu scolpita verso il 1270; e Ruskin, che scorgeva quanto quella statua avesse di realistico e quasi di personale, la chiamava la soubrette picarde. I rilievi del timpano, che narrano i fatti di S. Onorato, hanno pure un colore lievemente aneddotico. La maggior parte delle vetrate della cattedrale sono andate perdute; gli stalli del coro, lavorati dal 1508 al 1519 sotto la direzione degli intagliatori Huet e Boulin, sono pregevoli per l'eleganza della decorazione, talvolta umoristica, ed anche per lo stile ancora schiettamente gotico. Ai muri di chiusura del coro (1489-1530) i gruppi in pietra dipinta e dorata sembrano tanti quadri viventi, appena stilizzati. Le cappelle furono opera di artisti locali, dei quali il migliore fu Nicolas Blasset (1659). All'entrata della navata si trovano le tombe in bronzo di Evrard de Fouilloy (1222) e di Geoffroy d'Eu (1326), unici esemplari giunti fino a noi di una tecnica molto diffusa nel Medioevo.
La chiesa di St. Leu, che si compone di tre navate della stessa altezza con soffitto a travatura, rimonta nel complesso della costruzione al sec. XV, come le chiese di S. Germano e di S. Remigio, molto danneggiate durante la guerra. La Casa del sagittario, del Rinascimento, ha due occhi ogivali con pennacchi adorni da figure muliebri di buona fattura. La porta della Cittadella, costruita da Jean Erart nel 1598, è l'opera più originale che di quell'epoca si abbia in Piccardia. I migliori palazzi, e particolarmente la facciata ricurva di quello dei Périgord, appartengono al sec. XVIII. Nella facciata del teatro, edificato da Jacques Rousseau (1773-75), la decorazione è arricchita da due gruppi di Fr. Auguste Carpentier.
Il Museo della Piccardia venne costruito dal 1854 al 1882. Le pitture a encausto di Puvis de Chavannes (1863-1882) che lo decorano, fanno dimenticare la mediocrità dell'edificio. Le sale del pianterreno contengono mobili preziosi ed alcuni avanzi lapidarî (capitelli di Dommartin). Tra le pitture si ammira anche la serie di nove cacce dipinte dal 1736 al 1738 per gli appartamenti del re da Boucher, de Troy, Pater, Lancret, ecc. Recentemente il museo si è arricchito dei 13 quadri della confraternita di Notre Dame du Puy e dei 267 quadri che formavano la collezione dei fratelli Levalard. Tra questi sono di maggiore importanza, per la scuola francese: un bozzetto per la decorazione di un teatro e tre schizzi di F. Boucher, il Pranzo sul prato di N. Lancret, una Natura morta (1765) di J. B. Chardin, le Lavandaie, la Culla, altri dipinti di H. Fragonard, una serie di paesaggi di Hubert Robert, un autoritratto di Q. De Latour (1760), altri ritratti di Nattier, Tocqué, Duplessis, Trinquesse, ecc.; per la scuola italiana: Madonna e santi (1500) di Alvise Vivarini, Calisto di A. Schiavone, tre vedute di Fr. Guardi, quattro bozzetti di G. B. Tiepolo; per la scuola spagnola: un ritratto del Greco, la Messa di S. Gregorio (1564) del Ribera; per le scuole fiamminga e olandese: il Supplitio di Carlo I (1649) di G. Coques, un ritratto di F. Hlals (1606), e varie vedute marine di J. van Goyen.
Bibl.: Il materiale per la storia di A. si trova raccolto nelle pubblicazioni di A. Thierry, Recueil des monuments inédits de l'histoire du tiers état, I-III, Parigi 1850-1870, e di De Beauvillé, Documents inédits pour servir à l'histoire de la Picardie, Parigi 1881, voll. 4. V. anche: A. de Calonne, histoire de la ville d'Amiens, Amiens 1899-1906, voll. 3; E. Maugis, Essai sur le régime financier de la ville d'Amiens du milieu du XIV à la fin du XVI siècle, Amiens 1898, e Recherches sur les transformations du régime politique et social de la ville d'Amiens, Parigi 1906; K. Hegel, Städte und Gilden, II, Lipsia 1891.
Per la parte artistica, vedi Rodière e Guyencourt, La Picardie historique et monumentale, in 4°, Amiens 1906; G. Durand, Monographie de la cathédrale, voll. 2, Amiens 1901-03; id., Description abrégée de la cathédrale d'Amiens, Amiens 1904; Jourdain e Duval, Le grand portail de la cathédrale d'Amiens, 1843; E. Mâle, L'art religieux en France au XIII siècle, 2ª ed., Parigi 1910; J. Ruskin, La Bible d'Amiens, trad. di M. Proust, Parigi 1903; L. Pillion, Les sculpteurs français du XIII siècle, Parigi 1909; E. O. Reilly, How France built her Cathedrals, New York 1921; A. Boinet, Cathédrale d'Amiens, Parigi s. a.; id., Le Musée d'Amiens, Parigi 1929.