COURBAN (Corban), Amiel (Amis, Agoult, Agot) de
Le fonti a noi note nulla riferiscono circa la famiglia, il luogo e la data di nascita di questo nobile francese, venuto in Italia al seguito di Carlo d'Angiò e citato per la prima volta nel 1267, quando era capitano delle truppe angioine in Abruzzo. I documenti cancellereschi lo definiscono "familiare" del re e "chevalier terrier de l'hotel": era dunque uno dei cavalieri investiti del possesso di terre feudali con obbligo di omaggio vassallatico. Risulta, d'altro canto, che già in quel tempo, per i suoi meriti gli erano stati concessi i feudi di Pettorano, Pacentro, Petranzeri, Tortorello e Colonnello, in Abruzzo, e quello di Dragonara in Capitanata. Nel 1268 Carlo d'Angiò lo nominò, insostituzione di Gualtieri di Rocca siniscalco in Lombardia, carica che ricoprì per diversi anni, anche se non in modo continuativo. Nel luglio del 1269, con un reparto di cinquantaquattro soldati, partecipò ad una azione militare contro i Saraceni che infestavano le località circostanti il castello di Sansevero presso Lucera. Il C. era certamente tenuto in grande considerazione dal sovrano angioino, se questi gli affidò a varie riprese delicate missioni diplomatiche, come quella che lo vide a Buda nel settembre del 1269, insieme con l'abate Bernardo di Montecassino e con Bernardo di Brulio.
La delegazione angioina doveva avviare trattative in vista dei matrimoni di due figli del re di Napoli e di Sicilia - Isabella e il futuro Carlo Il - con Ladislao e con Maria, figli di Stefano V d'Ungheria. Doveva inoltre negoziare un'alleanza in funzione ostile all'imperatore scismatico di Nicea, Michele VIII Paleologo.
Nel settembre del 1270 il C., insieme con il medesimo abate di Montecassino, con Giovanni de Clary, Erardo d'Aunay, Pietro di Brulio e con fra' Pietro, elemosiniere dell'Ordine gerosolimitano, fu ambasciatore presso il doge Lorenzo Tiepolo, per prendere accordi in funzione di una spedizione balcanica, che avrebbe dovuto veder uniti, contro il Paleologo, gli Angioini, Venezia e il deposto imperatore latino di Costantinopoli, Baldovino II. Tale spedizione era tuttavia assai mal vista dal papa, che si andava adoperando a mettere pace tra i contendenti. Del resto, a Carlo d'Angiò non interessava tanto una restaurazione dell'Impero latino d'Oriente, quanto piuttosto l'acquisizione di nuovi alleati e fiancheggiatori alla sua politica di espansione verso il Mediterraneo orientale. Nel 1271 il C. fu nominato vicario regio in Piemonte: fu assistito da Giovanni di Mafflers ed espletò il suo incarico con una certa durezza, come il momento esigeva. Sostituito da Philippe de la Gonesse (Filippo di Lagonessa) nel suo ufficio di siniscalco in Lombardia, nell'ottobre del 1272 partecipò ai fatti d'arme che portarono le città di Alessandria e di Alba in potere di Carlo d'Angiò, e in nome di questo stipulò una tregua con Asti. Nonostante la severità con cui amministrò la giustizia, il C. seppe abilmente destreggiarsi tra le fazioni locali e cercò di farsi amici anche fra gli avversari vinti, concedendo ad alcuni di loro di essere reintegrati negli antichi possessi, dietro la promessa di prestare omaggio vassallatico al re di Napoli. Si riferisce a questo proposito la notizia, riportata dalle fonti, di una vertenza circa la divisione del feudo di Pescocostanzo sorta fra il C., Roberto Bourdon (Budoni), Mulara, figlia di un certo Roberto di Pettorano, ed Andrea di Pettorano.
La pace in Piemonte fu di breve durata: riaccesasi la guerra con il marchese Guglielmo VII del Monferrato., che era a capo di una lega di cui facevano parte Pavia ed Asti, nell'agosto del 1273 il C., allora vicario angioino di Alba e Mondovì, con le sue milizie e con quelle di Alessandria si impossessò dei centri di Osiniano e di Grana (battaglia di San Salvatore). Creato consigliere regio nel 1275, fece ritorno nel Regno e, nel gennaio dell'anno successivo, fu inviato in Abruzzo insieme con Riccardo d'Acquaviva per obbligare i baroni di quelle terre a portarsi, in pieno assetto di guerra, all'Aquila o a Sulmona, dove si stavano concentrando le truppe per la spedizione contro il Paleologo. Del 1276 è pure la contesa fra il C. e la città di Sulmona per la deviazione del fiume Gizio, che, progettata e portata a termine dal potente feudatario, aveva arrecato gravi disagi agli abitanti del centro abruzzese. Nel 1278 il C. venne creato signore di Pescocostanzo, con l'obbligo di corrispondere una "terida" alla flotta regia. Nel 1280 ebbe una controversia con Leonardo, cancelliere del principe di Acaia e affine del re Carlo I, per il feudo di Dragonara: in seguito, avendo rinunziato in favore della Curia ai "castra" di Colleguidone e di Pettorano, ottenne la mezzadria di Anglona, in Terra di Lavoro, e la contea del Molise. Nel 1281, insieme con Riccardo di Airola e con Giovanni d'Aubecourt, fu ambasciatore presso Rodolfo d'Asburgo, per le nozze, decise nel 1274, della figlia di quel principe, Clemenza, con Carlo Martello re titolare d'Ungheria. Nel 1283 fu nominato giustiziere regio e capitano dell'Abruzzo "ultra Salsum", carica che rivestiva ancora l'anno successivo (l'altra circoscrizione amministrativa, in cui era stato diviso il giustizierato d'Abruzzo, venne affidata dapprima - 1283 - a Tommaso da Bisunzio, poi - 1284 - a Iacopo di Cantelmo).
Sono, queste, le ultime notizie relative al C. in nostro possesso: dopo il 1284 il suo nome non ricorre più nelle fonti a noi note.
Il C. ebbe una figlia, Isoarda, che fu fidanzata a Tommaso di Sanseverino ed alla quale il re aveva concesso una dote di 500 once d'oro: le nozze, per motivi a noi ignoti, non ebbero luogo. Forse era figlio del C. anche quel Baldovino de Courban che fu capitano di Lucera intorno al 1280.
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