AMIANTO (dal gr. ἀμίαντος "incorruttibile"; fr. amiante; sp. amianto; ted. Amiant; ingl. amiant)
Si può ritenere perfetto sinonimo il nome asbesto (dal gr. ἄσβεστος "non estinguibile", ossia incombustibile; ted. Asbest; ingl. asbestos), nome che venne preferibilmente usato in Germania, in Russia e nei paesi anglo-sassoni.
Minerale filamentoso, con fibre più o meno lunghe e pieghevoli, bianco o verdiccio o bruniccio, con lucentezza sericea o grassa, talvolta morbidissimo, tanto da poter essere usato come fibra tessile. Esistono due specie di amianto, mineralogicamente diverse e alquanto differenti anche per le loro proprietà praticamente utili: l'amianto di serpentino (Chrysotilasbest o Serpentinasbest dei Tedeschi), più diffuso e abbondante e l'amianto d'anfibolo (Hornblendeasbest, Amphibolasbest dei Tedeschi), il quale può essere in realtà costituito da una varietà fibrosa dell'anfibolo actinolite e da una varietà, pure finemente fibrosa, di crocidolite (proveniente dalle vicinanze di Griquatown nell'Africa Australe, e noto in commercio col nome di amianto azzurro o amianto del Capo).
L'amianto è cattivo conduttore del calore, è fusibile ad altissima temperatura; al fuoco e alla fiamma ordinarî non brucia, né annerisce; resiste bene agli acidi e alle soluzioni alcaline concentrate. È conosciuto fin dalla più remota antichità, ma le applicazioni industriali, ora sempre più estese, datano relativamente da poco tempo. Gli antichi ne facevano anche lenzuola per i cadaveri bruciati, allo scopo di raccoglierne le ceneri. Infatti, oltre che a Pozzuoli, anche a Roma furono trovati, in un sarcofago, due di questi lenzuoli insieme agli avanzi dello scheletro, e uno si conserva nella Biblioteca Vaticana.
L'asbesto si traeva specialmente da Caristo nell'Eubea; ma anche da Cipro, dall'Arcadia, dall'India e forse anche dalla Corsica o dai Pirenei, di dove proviene oggi. Plutarco ricorda i tovaglioli e i copricapo di asbesto e certo furono fatti di asbesto gli stoppini delle lampade.
In commercio si distinguono tre generi di fibre: fibra lunga e media per filatura e fibra corta per cartoni di amianto, o per impasti a base di cemento, nei quali l'asbesto, insieme con la sua polvere, fa da pigmento.
L'amianto del Canadà costituisce l'80% della produzione mondiale: è di aspetto bianco-serico, ma di fibra corta. L'amianto italiano è pregiato per la lunghezza e lo splendore della fibra, e proviene dalla Valtellina, dalla Valsesia e dalla Valle d'Aosta. Le sue fibre raggiungono talvolta la lucentezza dei filamenti di seta artificiale e del vetro, e la pieghevolezza delle fibre del kapok. L'amianto del Capo è pure di fibra lunga e serica, colorata in azzurro, ma si polverizza facilmente, se esposto al calore di calcinazione. Serve per fabbricare tele e tessuti incombustibili, per sipari, scenarî e decorazioni teatrali, per abiti da pompieri, per giunti o guarnizioni di macchine a vapore o filtri per acidi e altri liquidi, o protezioni per operai addetti all'industria chimica. Essendo cattivo conduttore del calore, è uno dei migliori materiali isolanti e viene usato per rivestire condotte di vapore, caldaie, ecc., da solo o mescolato con magnesia, segatura di legno e simili. Nei cartoni, mescolato con fibra, gomma elastica e sostanze minerali, forma il materiale più adatto per le guarnizioni di giunture per tubazioni di vapore e di acidi, per flange e passi d'uomo nelle caldaie.
La filatura dell'amianto è preceduta da una necessaria frantumatura dei blocchetti pietrosi, provenienti dalla miniera, in una molazza, non molto diversa da quelle che talvolta s'incontrano nell'industria della carta, per mescolare e rimpastare i cascami di cartoni, le cartacce, ecc., o da altre che servivano per ammorbidire le fibre di canapa e di iuta.
La fig. 1 rappresenta questa molazza vista in pianta (dall'alto). Su un piano orizzontale, difeso da una parete o corona cilindrica A, viene disposto il minerale, che la figura rappresenta fibroso (come se fosse canapa), e su di esso premono due grossi rulli B B. scanalati, tronco-conici e pesanti, mossi da un albero centrale verticale C. I fasci di fibre si separano, si sgretolano, l'eventuale parte terrosa si stacca, e la materia può allora passare a una successiva macchina apritrice, costituita essenzialmente da un tamburo munito di robusti denti e fatto girare a 700 giri al minuto, contro l'amianto greggio, o da uno meno veloce (300 giri) munito ancora di punte. Tale trattamento è fatto specialmente per l'amianto del Canadà, ma quello del Capo e l'italiano possono subire una trattazione meno energica e non danneggiante la fibra, caricando il materiale in un apritoio tipo Crighton irrobustito, tanto in uso nella filatura di cotone. È noto che questo apritoio danneggia le fibre meno di ogni altro poiché la sua azione è tutta una ripetizione di lancio centrifugo delle fibre, contro la griglia conica dell'aspa, senza denti, punte o regoli percotenti la fibra.
In questa macchina, l'amianto, oltre che ripulirsi ulteriormente dalle materie minerali e terrose, si apre assumendo quasi l'aspetto rudimentale della bambagia, nel caso dei tipi migliori e più flessibili. L'amianto del Canadà passa quindi alla cardatura, eseguita da una carda a cilindri, che è la macchina più importante in questa lavorazione, poiché da essa usciranno quegli stoppini, che abbisognano solo di una certa torsione, per diventare filati.
Per produrre stoppini grossi, l'amianto può essere cardato da solo, ma per quelli sottili occorre unirlo al cotone, per la difficoltà di tenere insieme, mediante la torsione, fibre troppo sdrucciolevoli, o poco pieghevoli, che difficilmente si dispongono ad elica, come avviene invece con relativa facilità per le fibre vegetali e animali, più o meno dotate di convoluzioni (cotone), di striature trasverse (canapa) o di scaglie (lana), che facilitano il compito della torsione.
La carda per amianto è formata da tre parti principali: il caricatore automatico a bilancia (che nella fig. 2 trovasi a sinistra del lettore), la carda propriamente detta (nel cui centro primeggia il gran tamburo T) e il divisore del velo R, sul quale si raccolgono i subbî di stoppini S.
Il caricatore automatico è costituito da un cassone a tramoggia A, entro il quale vien buttato l'amianto in fiocco. Un graticcio montante B, dotato di robusti traversi muniti di punte, porta in alto gli ammassi e quelli troppo voluminosi trovano, prima di arrivare in sommità, un pettine scaricatore C, che li fa ricadere sul fondo della tramoggia. Il resto prosegue oltre fino a un cilindro spogliatore D munito di spatole di cuoio, che fa cadere l'amianto entro una scatola metallica E articolata in basso e apribile, quando la massa di fibre abbia raggiunto un prestabilito peso. Si tratta, cioè, di una bilancia a carico e scarico automatici.
Per i filati di titolo fino, un rotolo G di ovatta di cotone collocato in basso su due rulli girevoli svolge la sua tela sopra la tavola alimentatrice F della carda. Il trasportatore orizzontale che si muove sulla medesima non ha movimento continuo, ma ad intervalli corrispondenti allo scaricarsi della bilancia, ed è registrato in modo che ad un costante peso di amianto che cade sulla tavola corrisponda una costante superficie alimentante di questa, coperta dal cotone, affinché si abbozzi subito un titolo uniforme di amianto-cotone inviato alla carda: in altre parole, il peso di ciascun metro di materia alimentata (in forma di una tela di ovatta) è costante.
L'avantreno H, che precede la carda, è anch'esso quasi una piccola carda con introduttore, tamburo, scaricatore e due coppie di cilindri lavoratori-spogliatori. La carda invece, che ha il gran tamburo T (dotato di una velocità periferica di circa 560 metri al minuto), ha 5 di tali coppie, due volanti e due cilindri pettinatori-scaricatori O, P, dai quali i pettini staccano due veli di fibre, che vengono suddivisi dai nastri del successivo divisore R in tante strisce continue, le quali, stropicciate fra manicotti di cuoio, diventano lucignoli, che si raccolgono sui quattro subbielli o cannelle S. Dal condotto L viene aspirata la polvere.
Ogni stoppino forma una debole rocca senz'anima, che ordinariamente si fila ad una macchina a scatole (cocons) sul tipo di quella schematicamente indicata con la sezione verticale della fig. 3. Il tenue stoppino non avrebbe sufficiente resistenza per svolgersi da una spola, come di solito avviene con altre fibre.
La scatola D fissata al fuso A, che gira rapidamente perché comandato dal tamburo di latta B mediante funicella, impartisce allo stoppino chiamato dalle due coppie di cilindri C una lieve torsione, affinché nella salita esso non si rompa. La torsione definitiva è poi data da un anellino viaggiante sopra un anello portato dal carro E della macchina, che corre lungo essa ed ha schierati tanti anelli quanti sono i fusi C e i rocchetti R sui quali il filato deve avvolgersi. La stessa funicella che comanda il fuso A fa girare il fuso C col rinvio che la figura rende evidente. Una cremagliera F, comandata da apposito pignone a movimento alternato, porta il carro, e, obbligandolo a salire e scendere, provvede all'uniforme distribuzione del filo sul rocchetto R.
Per la formazione dei filati ritorti, delle spole, delle matasse, ecc., si ripete ciò che si fa per le altre fibre, con opportuni adattamenti, avendo riguardo alla grossezza sempre considerevole che il minimo filato di amianto ha, rispetto a quelli di canapa, cotone, lana ecc., e al suo maggior peso specifico.
Per queste ragioni, la titolazione di un filato di amianto è 10 volte quella metrica, ossia il suo titolo indica il numero di matasse da 100 metri che ci vogliono per fare un chilogrammo. Infine le varietà a fibra corta e poco flessibile, impastate con cemento e poi compresse, sono usate principalmente per la fabbricazione di ardesie artificiali (la cosiddetta eternite).