FRESCOBALDI, Amerigo
Figlio di Berto, il capo della società commerciale e bancaria fiorentina intitolata a "Stoldo, Berto e Paniccia Frescobaldi e Roberto Pitti e soci" attiva in Inghilterra e in Francia, nacque probabilmente a Firenze nella seconda metà del sec. XIII. A partire dal 1305, almeno, è attestato in Inghilterra dove aveva raggiunto il fratello Bettino, che lì operava da tempo per conto della compagnia paterna, col quale il F. collaborò strettamente. Al vertice tra i finanziatori del re Edoardo I (1272-1307) e poi soprattutto di Edoardo II (1307-27), il F. e suo fratello fecero confluire ripetutamente nelle casse regie il denaro - necessario specie per le imprese belliche dei due sovrani - raccolto a Firenze, nelle Fiandre e presso i Templari. Furono, inoltre, i finanziatori dei parenti di quei sovrani, dei loro fedeli e, ancora, di città, di nobili e di borghesi.
Nei domini dei sovrani inglesi i Frescobaldi furono interessati alle attività estrattive (quali, ad esempio, il sale della Guascogna), di cambio, di esattoria, di esportazione (in particolare, lana), di importazione (cavalli, insieme con la compagnia dei senesi Gallerani; vino, proveniente dall'area di Bordeaux; piombo). Furono a ogni modo soprattutto impegnati nella riscossione dei diritti doganali sulle stoffe di lusso, sulle spezie, sui cavalli. Si è potuto affermare pertanto che intorno al 1310 i Frescobaldi, onorati del titolo di "regi mercanti", raggiunsero "il pieno controllo delle entrate del regno" (Sapori, 1947, p. 30).
Oltre a guidare la filiale inglese della compagnia paterna, il F. resse il Royal exchange a Londra. Fin dal 1306 ottenne per la sua compagnia, a garanzia dei prestiti concessi alla Corona, la gestione dei diritti doganali di Bordeaux; dal 1308 fu, con i soci di Londra, titolare della ricevitoria del Ducato di Aquitania e della terra di Agenais, territori di dominio inglese in Francia. Nel 1309 fu nominato connestabile di Bordeaux, cioè capo della amministrazione finanziaria del Ducato di Guascogna, dignità che era seconda solo al siniscalco di Guascogna.
Il F. venne investito dalla Corona - ma non a titolo ereditario - di tutta una serie di manors, castelli, terre e boschi; gli furono inoltre assegnate prebende su chiese di diritto regio. Era dunque, senza dubbio, un personaggio di spicco dell'entourage di Edoardo II, il quale, come già aveva fatto il padre Edoardo I per altri Frescobaldi, lo raccomandò più volte insieme con altri membri della famiglia alla Curia papale.
Furono in Inghilterra con il F., oltre a numerosi fattori appartenenti ad altre famiglie fiorentine, quasi tutti i suoi fratelli anche se forse non in modo continuativo: Bettino; Buonaccorso; Guglielmino (o Guglielmo), che era chierico beneficiato in diocesi inglesi; Giovanni, definito da una fonte "magister", che era canonico di Salisbury; Filippo, pure definito dalle fonti "magister", che era titolare di S. Pietro in Mercato in diocesi di Firenze. È inoltre attestato in terra inglese un Pietro, cui le fonti attribuiscono il cognome Frescobaldi, e che era forse figlio illegittimo del padre del F., Berto.
Le fortune del F. in Inghilterra, tuttavia, tramontarono per le vicende economiche e giudiziarie che travolsero, sul finire del primo decennio del secolo la filiale di Londra da lui diretta. Vittima, nella sostanza, della debolezza politica di Edoardo II, il F. fu accusato, insieme con il fratello Bettino, dai baroni inglesi, di illeciti profitti conseguiti con "malitia", e, non essendo in grado di far fronte in tempi brevi agli impegni finanziari assunti, egli andò incontro a un subitaneo rovescio economico. Sottoposto a procedimento giudiziario, nelle more dell'inchiesta il F. con suo fratello ottenne inizialmente, grazie anche alla protezione del re, di potersi trasferire nella Torre di Londra, e di potervi portare alcuni dei loro debitori incarcerati. In seguito, nel febbraio del 1311, si consentì la partenza dall'Inghilterra a due fratelli del F., Giovanni e Filippo, entrambi ecclesiastici, e a un suo nipote Dino di Bettino Frescobaldi. Però, tra il giugno e il luglio dello stesso anno vennero emanati ordini di sequestro per i beni che la compagnia possedeva in tutta l'Inghilterra, in Scozia, e in Irlanda. Nell'ottobre vennero addirittura arrestati i rappresentanti della compagnia in Aquitania, mentre si apprestavano, su ordine del F., a mettere in salvo denari e oggetti preziosi: dopo un anno di prigionia, essi furono tradotti in Inghilterra dove erano trattenuti prigionieri ancora nell'aprile 1313. Nel corso del 1311 si susseguirono ordini e contrordini di cattura nei confronti dei Frescobaldi: questa situazione interlocutoria consentì prima ad Amerigo e a Guglielmo, poi a Bettino, al figlio di questo Pepo e ad altri soci di fuggire sul continente e di riparare a Bruges. Non è escluso che in precedenza, proprio per preparare questa fuga e per mettere in salvo beni acquisiti nel Ducato di Guascogna, il F. avesse potuto compiere almeno un viaggio in Francia. In Inghilterra restarono alcuni dipendenti e, tra i membri della famiglia, forse soltanto Pietro Frescobaldi: tutti costoro furono in seguito coinvolti, ma senza drammatiche conseguenze, in diverse vicende giudiziarie.
Il F., ovviamente privato di tutti gli onori e di tutti i possedimenti inglesi e ufficialmente bandito, rientrò a Firenze dove è attestato dall'aprile del 1312. Le fonti lo ricordano come ancora abbastanza ricco e impegnato nella riorganizzazione della società di famiglia che tre anni dopo risulta intitolata a Berto, a Tegghia e a un Ruggiero Frescobaldi. Siamo informati che nel settembre del 1312 il F. fece un viaggio ad Avignone, dove soggiornò per breve tempo. Nel 1315, per il tramite della Signoria fiorentina, ricevette da Edoardo II un'intimazione a onorare un debito contratto in Inghilterra.
Il F. era certamente ancora in vita nel 1316: dopo questa data più nulla ci dicono di lui le fonti note. Egli viene ricordato con ammirazione da Donato Velluti, il cui padre Berto (o Lamberto), aveva beneficiato della sua generosità.
Il contenzioso tra le autorità inglesi e la famiglia Frescobaldi per la rendicontazione delle attività svolte dalla loro compagnia in Inghilterra rimase aperto almeno sino al 1318. Siamo d'altro canto informati che il 23 marzo 1316 fu concesso ai membri della famiglia e della società un salvacondotto per potersi recare nell'isola a rispondere delle questioni ancora in sospeso.
Fonti e Bibl.: D. Velluti, La Cronica domestica scritta fra il 1367 e il 1370…, a cura di I. Del Lungo - G. Volpi, Firenze 1914, ad Ind.; S.L. Peruzzi, Storia del commercio e dei banchieri di Firenze in tutto il mondo conosciuto dal 1200 al 1345, Firenze 1868, pp. 153, 172; R. Davidsohn, Forschungen zur Geschichte von Florenz, Berlin 1896-1908, ad Ind.; L. Einstein, The Italian Renaissance in England, London-New York 1902, pp. 235 ss.; A. Sapori, La compagnia dei Frescobaldi in Inghilterra, Firenze 1947, pp. 5, 14, 18, 23, 32 ss., 37, 47 ss., 59 s., 63, 66, 70, 72; Id., Le compagnie italiane in Inghilterra(secoli XIII-XV), in Moneta e credito, III (1950), pp. 394, 396 ss., 399 ss.; Y. Renouard, Les hommes d'affaires italiens au Moyen Âge, Paris 1949, pp. 134 ss.; Id., Le rôle des homme d'affaires italiens à Bordeaux au cours du Moyen Âge, in Studi in onore di G. Luzzatto, Milano 1949, pp. 47-54; R. Davidsohn, Storia di Firenze, Firenze 1956-68, ad Ind.; Y. Renouard, I Frescobaldi in Guyenne, in Archivio storico italiano, CXXII (1964), pp. 459-470; Bordeaux sous les rois d'Angleterre, a cura di Y. Renouard, Bordeaux 1965, p. 265; G. Belloni, Dizionario storico dei banchieri italiani, Firenze 1951, p. 98; A.A. Ruddock, Italian merchants and shipping in Southampton. 1270-1600, Southampton 1951, pp. 17, 24, 27, 57; E.B. Fryde, The deposits of Hugh Despenser the Younger with Italian bankers, in Economic History Review, s.2, III (1950-51), pp. 344, 355, 357, 359; A. Sapori, Studi, di storia economica. Secc: XIII, XIV, XV, Firenze 1955, ad Ind.; G. Bigwood, Les livres de comptes des Gallerani, a cura di A. Grunzweig, Bruxelles 1961-62, ad Ind. e in particolare II, pp. 148 ss.; B. Stahl, Adel und Volk im florentiner Dugento, Köln-Graz 1965, pp. 147 ss. e passim; R.W. Kaeuper, Bankers to the Crown. The Riccardi of Lucca and Edward I, Princeton 1973, ad Ind.; Id., The Frescobaldi of Florence and the English Crown, in Studies in medieval and Renaissance history, X (1973), pp. 42-95; R. Goldthwaite, Italian bankers in medieval England, in Journal of European economic history, II (1973), pp. 765 s.; T.H. Lloyd, Alien merchants in England in the high Middle Ages, New York-Brighton 1982, ad Ind.; N. Fryde, Antonio Pessagno, king's merchant of Edward II, in Studi in memoria di F. Melis, II, Napoli 1978, pp. 161 ss., 166; M. Prestwich, Italian merchants in late thirteenth and early fourteenth century England, in The dawn of modern banking, New Haven-London 1979, pp. 77-104; E. Fryde, Italian merchants in medieval England, c. 1270-c. 1500 in Aspetti della vita economica medievale. Atti del Convegno di Studi (Firenze-Pisa-Prato 1984), Firenze 1985, p. 221; C. Lansing, The Florentine magnates: lineage and faction in a medieval Commune, Princeton 1991, p. 239.