CORSINI, Amerigo
Nacque a Firenze da Bartolomeo di Bertoldo e da Giovanna di Arrigo Falconieri il 12 ag. 1442 (non nel 1452, come generalmente si è detto seguendo una errata indicazione del Passerini).
Proveniva da una illustre famiglia che nelle generazioni precedenti si era distinta con personaggi molto noti per cultura e prestigio politico. Il padre era stato un seguace dei Medici fino dal 1434 e dopo inizi modesti (la famiglia si era trovata in condizioni economiche piuttosto difficili) aveva ricostituito un discreto patrimonio e aveva comprato case in Firenze e beni in campagna.
Il C. fu probabilmente allievo del Landino e nell'ambiente landiniano formò la sua cultura, acquistando una buona padronanza del latino e manifestando presto interessi letterari fortemente influenzati dall'umanesimo fiorentino del suo tempo.
Testimonianze caratteristiche di questi interessi sono alcuni codici in cui copiò di sua mano, in una scrittura assai elegante (la cosiddetta littera antiqua foggiata dai dotti fiorentini alcuni decenni prima), opere di storici e di poeti antichi e moderni (la Historia Florentini populi di Leonardo Bruni, in una trascrizione terminata nel febbraio 1465, le Bucoliche e le Georgiche virgiliane, i Sonetti, le Canzoni e i Trionfi del Petrarca e le Historiae Philippicae di Giustino). Esperto di latino e desideroso di distinguersi fra tanti letterati e uomini di cultura, egli si ritenne probabilmente in grado di produrre opere originali, e forse anche per seguire una tendenza diffusa nella società in cui viveva, scrisse versi d'amore (andati perduti) per una "candida Lisa" che pare fosse una donna nota nel suo ambiente (a lei accenna Ugolino Verino in una sua poesia della raccolta intitolata Flametta).Dei suoi versi di argomento amoroso ci è rimasta un'elegia dedicata a un Cristoforo Rigogli suo amico, nella quale egli esprimeva le sue cocenti sofferenze per la lontananza di una fanciulla di nome Bella (di cui grandemente lodava le grazie fisiche e i pregi morali), che abitava in un'altra città ed era oggetto dei suoi pensieri e delle sue attenzioni. Si tratta di una poesia che probabilmente non era solo un'esercitazione letteraria e che merita di essere ricordata perché è l'unica rimastaci fra altre composizioni del genere che egli scrisse in età giovanile. Forse desideroso di allargare le sue esperienze stilistiche e nella persuasione di poter vantaggiosamente esercitare il proprio talento, il C. si dedicò poi alla poesia pastorale e scrisse alcune egloghe che sono anche esse andate perdute. Probabilmente nei primi mesi del 1485 compose un breve carme (Eulogium in Nicolaum Martellum) in memoria di Niccolò di Ugolino Martelli, un protetto di Lorenzo il Magnifico morto poco prima, dopo essere stato, nell'autunno del 1484, al comando delle galere fiorentine preparate contro i Genovesi per l'impresa di Sarzana. Il Passerini gli attribuisce anche un'operetta storica, il De nativitate Nabuchodonosoris, che il Cerracchini (Fasti teologali, p. 92) aveva assegnato a un suo omonimo, l'arcivescovo Amerigo Corsini morto nel 1435; ma nulla sappiamo di tale scritto.
L'opera di maggiore ampiezza del C., e quella che gli procurò maggiore notorietà fu un poemetto epico in esametri latini (il Compendium in vitani Cosmi Medicis Patris Patriae) che egli compose fra il 1464 e il 1478 (probabilmente prima del 1469) dedicandolo a Lorenzo dei Medici con alcuni versi latini nei quali garbatamente diceva di presentare il suo scritto con trepidazione perché non era un dotto vate ma un modesto uomo d'affari. Il Compendium è diviso in tre libri che narrano rispettivamente la nascita, la giovinezza e la prima maturità di Cosimo il Vecchio, il suo arresto e il suo esilio nel 1433-1434, il ritorno a Firenze e la sua successiva attività fino alla morte; ma il racconto non si distingue per originalità ed è di qualità modesta.
I suoi scritti procurarono al C. la stima di una larga cerchia di amici; una discreta risonanza ebbe specialmente il poemetto su Cosimo, e Naldo Naldi, che al C. dedicò tre elegie e un epigramma, ne scrisse in modo caloroso e lo esaltò come una grande opera poetica. Il mondo dei letterati medicei si mostrò piuttosto compiacente verso di lui: il Verino gli indirizzò due poesie molto amichevoli e Bartolomeo Della Fonte gli dedicò nel gennaio 1496 la raccolta del suo epistolario con una lettera in cui lo chiamava "amicissimum virum et communium studiorum studiosissimum" (lode cui non era forse estranea una qualche dose di opportunismo, poiché in quel momento il C. era uno degli ufficiali preposti alla direzione dello Studio pisano dove il Della Fonte insegnava). Il Ficino, nella nota lettera a Martino Uranio del 1492 lo indicò come uno dei suoi "auditores", collocandolo così in una posizione diversa da quella dei suoi amici e familiari; ma in effetti i loro rapporti furono molto stretti e l'eminente filosofo non solo considerò il C. membro dell'Accademia platonica, ma lo trattò spesso come persona intima e degna della sua confidenza, dedicandogli, fra l'altro, una importante lettera sull'amore ("Vicissitudo amoris unde nascitur", Opera, I, pp. 672 s.). Dei loro assidui contatti resta singolare testimonianza in una lettera dove il Ficino si scusava per essersi isolato e dedicato tutto a Plotino (ne scriveva allora il commento), e accennava alle veementi proteste e alle accuse del C. contro l'antico autore, che teneva l'amico lontano da lui (ibid., I, p. 894);come poi anche servono a dare un'idea dei loro rapporti le congratulazioni che il Ficino inviò al C., a nome suo e dell'Accademia, quando questi fu eletto (novembre 1488) fra i membri della Signoria fiorentina. Per il Liber de vita, come è noto, il Ficino fu sottoposto ad accuse di magia che lo preoccuparono: in quella circostanza si rivolse al C., a Giovanni Canacci e a Bernardo Canigiani (ibid., I., p. 574: 16 sett. 1489)perché lo aiutassero, e il C. scrisse allora, per esprimere solidarietà con l'illustre amico, tre distici latini che nominavano Filippo Valori (benemerito per avere assunto le spese per la pubblicazione dell'opera) e, con soprannomi scherzosi, lui stesso, il Canigiani e il Canacci. Il Ficino concesse poi al C. l'onore di far copiare questi versi in fondo al codice di dedica del Liber de vita.
La considerazione di cui fu circondato il C. fra i letterati del suo ambiente trovò probabilmente fondamento, oltre che nei suoi scarsi meriti di poeta, nei suoi rapporti con i Medici e nell'eco suscitato nella società fiorentina dall'operetta che egli aveva composto, certo con intenti non del tutto disinteressati, per celebrare le virtù di Cosimo e la grandezza medicea. Verso i Medici, il C. e la sua famiglia ebbero sempre un atteggiamento di piena fedeltà: e anche gli interessi letterari lo avvicinarono forse a Lorenzo il Magnifico, con il quale non dovette tuttavia mantenere quei legami di amicizia che specialmentenella prima giovinezza ebbe suo fratello Filippo. In una lettera da Pisa del 16 sett. 1485 il C. esprimeva a Lorenzo la devozione di un leale collaboratore, ma in un tono relativamente distaccato che non lascia intravedere l'esistenza, fra i due, di rapporti di personale amicizia tali da consentire atteggiamenti confidenziali.
Il C. è generalmente ricordato quasi solo per i suoi scritti; ma in effetti egli fu anche - come si definì nei versi diretti a Lorenzo del Compendium in vitam Cosmi - un"rude mercante" e dedicò molta parte delle sue energie agli affari commerciali e agli incarichi pubblici, lasciando forse gli studi e la cultura fra gli impegni importanti ma non centrali della sua vita.
Di affari mercantili il C. si occupò a lungo, prima e dopo la morte del padre, con i suoi fratelli Bertoldo e Filippo (maggiori di lui di qualche anno) e Antonio: senza essere veramente ricchi (la loro posizione economica rimase un po' al di sotto del grado sociale cui appartenevano), sono il commercio e con le cariche pubbliche essi mantennero e incrementarono, lasciandolo indiviso, il patrimonio di famiglia e godettero di condizioni piuttosto agiate. Ebbero una bottega di battiloro in società con Tommaso Ridolfi e per vari decenni una azienda bancaria in Mercato Vecchio in comproprietà con i Martelli; insieme con Giovanni Falconieri, il C. frequentò le fiere di Lione, negli anni fra il 1468 e il 1480, per vendervi drappi e anche per svolgervi affari per conto di altri. Ma questa impresa non andò poi bene e fu chiusa nel 1480: in quell'anno si recò a Lione Filippo Corsini per liquidarne le pendenze e chiuderne la contabilità. Come per la maggior parte dei fiorentini del suo ambiente, anche per il C. la principale attività fu dunque il commercio; per questo dovette recarsi spesso all'estero e attendere agli impegni che comportava la sua professione mercantile, mentre non trascurava di occuparsi delle terre che la famiglia possedeva nel territorio fiorentino.
Non pare che il C. si sia interessato molto di cose politiche nel periodo mediceo. Nonostante i legami con i Medici, egli non fece parte del gruppo dei cittadini più vicini a Lorenzo nella condotta degli affari pubblici. Ma sebbene si trovasse in questa posizione di relativo distacco rispetto al centro del potere, fu abilitato (anche per la posizione e i precedenti della sua famiglia) agli uffici maggiori nello scrutinio generale del 1484 ed ebbe alcune cariche di rilievo (fu console dell'arte della lana nel 1482, uno degli ufficiali dello Studio nel 1484-1485, membro della Signoria nel novembre-dicembre 1488, cassiere di Camera nel marzo 1489, uno dei capitani del Bigallo nel 1490 e membro del Consiglio dei cento dal gennaio 1491). Dopo la fuga di Piero de' Medici (9 nov. 1494), il C. divenne, come altri ficiniani, un seguace del Savonarola; e sembra che queste simpatie savonaroliane investissero tutta la sua famiglia, perché due suoi fratelli, Bertoldo e Antonio, sottoscrissero la nota petizione che i savonaroliani fiorentini inviarono al papa nel 1497 a favore del frate di S. Marco. Il nuovo regime seguito ai grandi mutamenti del 1494 ebbe il C. fra i suoi sostenitori (non sappiamo se in questo atteggiamento la convenienza politica si unisse alle suggestioni religiose) e gli conferì numerose cariche, sicché in quegli anni egli svolse un ruolo nella vita pubblica assai più rilevante di quello che aveva avuto in precedenza. Gli uffici sostenuti, il prestigio personale e la lunga pratica degli affari lo misero in grado di mantenere una posizione di un certo rilievo fra quegli esponenti del patriziato fiorentino che aderirono alle nuove tendenze manifestatesi sotto l'influsso del Savonarola. Fu così membro del Consiglio del popolo e del Comune dal dicembre 1494, del Consiglio maggiore dal gennaio 1495 (ma a questa carica aveva diritto per i precedenti familiari), degli ufficiali delle Grazie del contado e degli Otto di guardia e balia nel febbraio e nel marzo dello stesso anno, del Consiglio degli ottanta (un consesso che aveva funzioni politiche particolarmente importanti e assisteva la Signoria nella trattazione degli affari più delicati) nel 1495, nel 1497, nel 1498 e nel 1500, degli ufficiali dello Studio nel 1495-1496, della Signoria nel marzo-aprile 1496 e nel marzo-aprile 1500, dei conservatori di Legge nel settembre 1499. Nello stesso anno 1499 venne inviato a Pistoia per pacificare le fazioni dei Panciatichi e dei Cancellieri, e nel marzo 1501 entrò nell'ufficio dei Dieci di libertà e di pace, che avevano competenza per la politica estera e le questioni militari (ne reggeva allora la segreteria il Machiavelli) ed erano, dopo la Signoria, la più autorevole magistratura fiorentina di quegli anni. Significativa prova del prestigio che il C. godeva presso il ceto dirigente fiorentino del periodo savonaroliano sono i frequenti interventi cui fu chiamato, esprimendo per lo più pareri intonati a moderazione e intesi a favorire la stabilità del regime, nei consigli straordinari (le cosiddette "Pratiche") degli anni fra il 1495 e il 1499.
Si sposò con Maddalena di Bartolomeo Martelli nel 1469 e con Maria di Piero Velluti nel 1494; da questi due matrimoni ebbe sei figli, uno dei quali, Raffaello, fu mercante a Lione.
Il C. morì a Firenze il 4 maggio 1501, mentre era ancora in carica nell'ufficio dei Dieci di libertà e di pace.
Opere: L'elegia al Rigogli fu pubblicata (dal cod. Laurenziano-Gaddiano 161, c. 93v) da G. Bottiglioni, La lirica latina in Firenze nella sec. metà del sec. XV, in Ann. della R. Scuola norm. super. di Pisa, s. I, XXV (1913), 2, pp. 206 s.; l'Elogium in Nicolaum Martellum è in Bibl. nazionale di Firenze, Fondo Magl., VI. 129, cc. 103v-104r; vari passi del Compendium in vitam Cosmi furono pubblicati da A. M. Bandini, Supplementum ad catalogum codicum graecorum, latinor., . italicor. .. Bibliothecae Mediceae Laurentianae, II, Florentiae 1792, coll. 531-545; l'opera è stata poi edita per intero a cura di L. Juhász, Lipsiae 1934 (dal cod. Laurenziano Strozziano 145). Da tener presenti, perché più complete di quella usata dallo Juhász, le copie dei mss. Riccardiano 1192, Marucelliano B. I. 12. 2 e, nella Biblioteca dell'Accademia dei Lincei, il Corsiniano 1984 = 45. G. 3 (del sec. XVIII, con annotazioni del Bandini e notizie biografiche sul Corsini). I tre distici latini del C. che si leggono nella copia di dedica del Liber de vita del Ficino (Firenze, Bibl. Medicea Laurenziana, cod. LXXIII. 39, c. 174v) furono pubblicati nelle edizioni di Firenze (1489) e di Venezia (1498) di quest'opera (L. Hain, Repertorium bibliographicum, I, 2, pp. 381 s., nn. 7065, 7066) e successivamente in varie altre occasioni. Sono stati ancora editi in epoca recente da P. O. Kristeller, Supplementum Ficinianum, Florentiae 1937, 1, p. 23.
Codici copiati dal C.: Leopoldo Bruni Aretino, Historiae Florentini populi, datato febbraio 1465 (Università di Sidney, Fisher Library, ms. Nicholson 15, con pregevoli miniature attribuite a Francesco d'Antonio del Cherico); P. Vergilii Maronis Bucolica et Georgica, senza data (Firenze, presso la famiglia Corsini [ex cod. 1829 = 43. D. 12 della Bibl. Corsiniana di Roma], con miniature); Sonetti, canzone, triomphi di mess. Francesco Petrarca, senza data (Ibid. [ex cod. 1224 = 44. E. 6 della Bibl. Corsiniana], con miniature); Iustini Historiarum Philippicarum libri quadraginta et quatuor, senza data (Londra, British Library, ms. Burney 188 [già nel British Museum]).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Catasto, 907, cc. 300r-302v; Ibid., Consulte e Pratiche, 61, cc. 16r, 27r, 52v, ssr, 86rv, 110r, 122rv, 164rv, 184r, 190v; 62, cc., 112rv, 123v124r, 299v-300r, 308r, 326rv, 334r, 342rv, 343v, 351r, 376r, 380v; 63, cc. 11v-12r, 13r, 17r, 18v, 22r, 27r, 2grv, 130r, 131r; 64, cc. 21v-22r, 5r, 61v-62r, 73rv, 98v, 110v, 129r, 148r, 174v; Ibid., Manoscritti, 248 (= Priorista Mariani, I), c. 212v; Ibid., Mediceo avanti il Principato, XXVI, n. 439; XXXV, n. 913; Ibid., Tratte, 12, c. 6r; 83, c. 125r; 337, cc. 9v, 26r, 143r, 147r, 157v; Ibid., Ufficiali dello Studio, 5, cc. 8r, 16r, 32v, 33rv, 34rv, 35v, 37r, 38r, 39rv, 40r, 41rv; Firenze, Bibl. Medicea Laurenziana, cod. XXXIX. 42: U. Verino, Flametta, cc. 29v, 35rv; Ibid., Bibl. nazionale, Fondo Magliabechiano, XXVI.141, p. 416; XXVI. 145, c. 137r; XXVI. 211, c. 296r; Ibid., Carte Passerini, 39: G.Cambi Importuni, Cittadini abili al Consiglio gener. d. Repubblica principiato l'anno 1495, p. 3; Ibid., Poligrafo Gargani, 673; Ibid., Bibl. Riccardiana, cod. 2023, pp. 202 s.; M. Ficino, Opera, Basileae 1576, 1, pp. 672 s., 747, 860, 873, 936 s.; Angelo Polizianos Tagebuch (1477-1479), a cura di A. Wesselski, Jena 1929, p. 18; N. Naldi, Elegiarum libri tres, a cura di L. Juhász, Lipsiae 1934, pp. 6 s., 40, 43; Id., Epigrammaton liber, a cura di A. Perosa, Budapest 1943, p. 60; Id., Bucolica, Volaterrais, Hastiludium, Carmina varia, a cura di W. Grant, Florentiae 1974, p. 8; U. Verino, De illustratione urbis Florentiae, Paris 1790, p. 42; B. Della Fonte, Epistolarum libri tres, a cura di L. Juhász, Budapest 1931, P. I; F. Guicciardini, Storie fiorentine, a cura di R. Palmarocchi, Bari 1931, p. 124; G. Cambi, Istorie, II, in Delizie degli erud. toscani, XXIFirenze 1785, pp. 48, 96, 149; G. Negri, Istoria degli scritt. fiorentini, Ferrara 1722, p. 31; L. G. Cerracchini, Fasti teologali, Firenze 1738, p. 92; A. M. Bandini, Specimen liter. Florent. saec. XV, II, Florentiae 1751, pp. 75 s.; L. Mehus, Historia litteraria Florentina, a cura di E. Kessler, München 1968, pp. 55, 377; Novelle letterarie (di Firenze), XVII (1786), coll. 97-106; L. Passerini, Geneal. e storia della famiglia Corsini, Firenze 1858, pp. 128 s., tavv. VII, XI; C. Lupi, Nuovi documenti intorno a fra Girolamo Savonarola, in Arch. stor. ital., s. 3, III (1866), I, pp. 33, 62, 68; J. W. Bradley, A Dict. of Miniaturists, Illuminators, Calligraphers and Copyists, I, London 1887, p. 255; A. Lazzari, Ugolino e Michele Verino, Torino 1897, p. 46; P. Villari, La storia di Girolamo Savonarola e de' suoi tempi, Firenze 1898, 11, pp. CLVII, CCXXIX; P. Villari-E. Casanova, Scelta di prediche e scritti di fra Girolamo Savonarola con nuovi docum. intorno alla sua vita, Firenze 1898, pp. 514, 516; C. Marchesi, Bartolomeo Della Fonte, Catania 1900, pp. 10, 171, 176; A. Della Torre, Storia dell'Accad. platonica di Firenze, Firenze 1902, pp. 29, 423, 623 ss., 662, 664, 732, 816, 827; E. Carrara, La poesia pastorale, Milano (1908), pp. 276, 489; G. Bottiglioni, La lirica latina in Firenze, in Ann. della R. Scuola norm. sup. di Pisa, s. 1, XXV (1913), 2, pp. 36, 42-45, 206 s.; P. E. Arias, Carte quattrocentesche dello studio pisano, in Rivista stor. degli arch. toscani, II (1930), p. 12; J. Schnitzer, Savonarola, Milano 1931, I, p. 237; V. Rossi, Il Quattrocento, Milano 1933, pp. 328 s.; P. O. Kristeller, Supplementum Ficinianum, Florentiae 1937, I, pp. XI, 23, 113; Id., Il pensiero filosofico di Marsilio Ficino, Firenze 1953, p. 302; Id., Studies in Renaissance Thought and Letters, Roma 1956, pp. 128, 379 s., 384, 386, 392, 443 s.; A. Rochon, La jéunesse de Laurent de Médicis (1449-1478) Paris 1963, pp. 263, 289, 402; E. Garin, La letter. degli umanisti, Milano 1966, p. 316; A. J. Dunston, Two gentlemen of Florence. Amerigus and Philippus Corsinus, in Scriptorium, XXII (1968), pp. 46-50; G. Pampaloni, Il movim. piagnone secondo la lista del 1497, in Studies on Machiavelli, a cura di M. P. Gilmore, Firenze 1972, p. 345; A. F. Verde, Lo Studio fiorentino, 1473-1503, I, Firenze 1973, pp. 276, 279; A. M. Biscioni, Bibliothecae Mediceae Laurentianae catalogus, I, Florentiae 1752, p. XXVII; A. M. Bandini, Catalogus codicum Latinorum Bibl. Medicene Laurentianae, III, Florentiae 1776, col. 75; P. Litta, Le fam. cel. ital., s. v. Martelli di Firenze, tav. III; Catalogue of Manuscripts in the British Museum, II, London 1840, p. 56, n. 188; III, ibid. 1840, p. 125; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I, pp. 70, 109, 130, 148; II, pp. 107, 111 ss.; Rep. fontium historiae Medii Aevi, III, p. 653.