AMERICA (II, p. 837; App. I, p. 108; II, 1, p. 152; III, 1, p. 79)
Esplorazione e cartografia. - La conoscenza del continente americano con i mari adiacenti ha fatto nuovi progressi, riguardanti le parti meno accessibili per le difficili condizioni naturali: l'Arcipelago americano-artico e l'Amazzònia nonché la piattaforma continentale. Nell'Arcipelago artico canadese hanno svolto intensa attività servizi e uffici statali civili e militari e istituti universitari canadesi e statunitensi, soprattutto nella Terra di Baffin e nelle isole di Devon ed Ellesmere per ricerche multiple e in particolare geologiche, geofisiche e minerarie; si sono aggiunte ricerche oceanografiche sia nelle acque artiche tra l'arcipelago e la Groenlandia, sia in quelle statunitensi. Pure numerose le spedizioni nella Groenlandia organizzate soprattutto da università britanniche per ricerche e rilevamenti più che altro glaciologici, geologici, morfologici e biologici. Nell'A. Meridionale i grandi progressi nella conoscenza dell'Amazzònia e parti circostanti sono in rapporto col piano per la loro valorizzazione e colonizzazione basato su un'attenta e sistematica ricognizione geografica, geologica e mineraria e sul preciso rilevamento topografico dell'immenso paese, soprattutto lungo le grandi vie di penetrazione. Hanno permesso correzioni importanti dell'idrografia (tracciati fluviali, lagune, grandi isole ignote) le serie di fotografie scattate dal satellite americano Erst-I, lanciato nel 1974 per il programma internazionale di rilevamento delle risorse. Sono continuate anche scalate e ricognizioni su varie vette principali delle Ande meridionali da parte di gruppi alpinistici bene organizzati.
Sviluppi e perfezionamenti importanti ha avuto la cartografia sia generale e corografica che topografica e tematica, in particolare per l'A. latina.
Nella prima spiccano, oltre a una serie di carte particolari degli stati (Messico, Brasile), delle province (Canada) o dei dipartimenti (Colombia e Perù) a scale diverse, carte d'insieme fisico-politiche come quelle del Messico, Venezuela, Panama, El Salvador e soprattutto la World Map Series alla scala di 1:2.500.000, costruita dai dipartimenti cartografico e geodetico dell'URSS e paesi satelliti, di cui 43 fogli riguardano l'intera America. Tra le carte corografiche sono da ricordare l'edizione speciale della Carta internazionale del mondo al milionesimo del Brasile in 46 fogli, riuniti in volume come carta per la preparazione di serie di carte tematiche, e la carta nazionale al 500.o00 del Cile in 36 fogli. Nel settore topografico hanno particolare importanza le nuove serie del Brasile e del Messico, basate su rilevamenti aerofotogrammetrici per la realizzazione della serie alla scala a 1:50.000 (circa 12.000 fogli per il Brasile e 2200 per il Messico) di cui sono state già pubblicate dal 1971 parecchie centinaia, da cui deriva la serie al 100.000 e, per il Messico, quattro serie parallele di carte tematiche (geologiche, pedologiche, edafologiche e di utilizzazione del suolo). Nuove serie a 1:50.000 sono anche apparse per il Cile, Bolivia, Costa Rica, Honduras; da ricordare infine per il Canada una nuova serie alla scala 1:250.000.
Geografia antropica ed economica. - Il continente americano aveva nel giugno 1974 una popolazione di 541,8 mil. di abitanti, corrispondenti al 14% del totale mondiale, essendosi accresciuto in un quindicennio di circa 166 mil. di ab. con un incremento del 44%; ma l'accrescimento ha avuto entità diversa nelle tre parti del continente e soprattutto differenza spiccata tra l'America anglosassone (col 26%) e l'America latina (col 57%), il che ha fatto aumentare assai la prevalenza demografica di quest'ultima. Cospicuo l'incremento della popolazione urbana, tanto che si trovano in America ben 22 città con oltre 1 mil. di ab. e 10 metropoli di oltre 3 mil. cioè un terzo del totale mondiale. Tra le due grandi parti dell'A. - anglosassone e latina - che hanno ben maggiore significato geografico delle tre partizioni tradizionali, permangono stridenti differenze sociali ed economiche le quali, nonostante numerosi e consistenti interventi interni ed estermi, hanno piuttosto tendenza ad accentuarsi. Oltre al diffuso e grave stato di sottosviluppo, colpisce nell'A. latina la presenza di forti disuguaglianze fra i numerosi stati che ne fanno parte, e tra l'altro: nel tasso d'incremento della popolazione (dall'1,3-1,5% dell'Uruguay, Argentina e Cile, al 3,4% di altri stati), nel diverso grado di sviluppo, nel prodotto nazionale pro capite (tra i 1300 dollari dell'Argentina e del Venezuela, i 650-300 dollari dei più e i 106 appena di Haiti, per quanto nella media totale sia aumentato tra il 1960 e il 1973 da 320 a 717 dollari) e nel prodotto lordo complessivo. L'accelerazione del reddito, aumentato per l'intera regione del 6,8% tra il 1970 e il 1973, e la diversificazione delle attività è da attribuire soprattutto allo sviluppo delle industrie manifatturiere, dell'edilizia e dei servizi; viene poi il settore estrattivo con l'attuazione di varie iniziative in campo petrolifero e minerario, mentre progressi minori hanno fatto l'agricoltura e l'allevamento con un aumento del 3% negli ultimi anni, quasi uguale all'incremento medio della popolazione. Tuttavia l'agricoltura e le industrie connesse sono di grande importanza nell'economia dell'A. latina tanto che, sebbene forniscano solo il 15% del prodotto complessivo, alimentano gran parte delle esportazioni, mentre le industrie manifatturiere, pur rappresentando un quarto del prodotto, partecipano ancora in modo limitato al commercio mondiale. L'attuazione di notevoli progressi nell'industrializzazione porta al conseguimento dell'indipendenza per un numero crescente di prodotti industriali e allo sviluppo d'integrazione delle economie nazionali, favorita dalla creazione di varie organizzazioni inter-americane tra le quali l'associazione latino-americana di libero scambio (ALALC o LAFTA, costituita nel 1961) allo scopo di liberalizzare ed estendere gli scambi tra i vari paesi.
Da un punto di vista socio-economico generale, hanno avuto enorme importanza le riforme agrarie che hanno interesssato l'A. latina, in quanto, a prescindere dall'Argentina, Paraguay, Uruguay, A. centrale, Haiti e San Domingo, e dallo stesso Brasile (impegnato soprattutto nella colonizzazione interna), hanno posto su nuove basi le strutture agrarie, l'organizzazione del territorio e l'utilizzazione del suolo. Da quella del Messico, posta nel 1915 ma che ha preso ritmo decisivo dal 1934, a quella della Bolivia (1953), del Cile (1962) e del Perù (1964) esse si sono svolte e affermate con criteri e aspetti diversi secondo il s., stema politico e gl'indirizzi economici, secondo le sopravvivenze dell'epoca coloniale e secondo il peso del fondo indigeno anche nei suoi rapporti con l'elemento europeo. Scopo delle riforme agrarie è stata la realizzazione di un adeguamento fra le strutture produttive e l'ambiente socio-economico, perseguito con l'appoggio tecnico e finanziario del Comitato Interamericano per lo Sviluppo dell'Agricoltura (CIDA) e della FAO.
L'A. latina è dunque il grande laboratorio della riforma agraria, per la progressiva evoluzione di questa in ambienti diversi e con diverso significato. Si trova così, in sistema socialista, la riforma agraria integrale di Cuba e quella parziale del Cile e, in sistema liberale, la riforma agraria generalizzata con piccola proprietà della Bolivia e la riforma parziale con elementi sparsi e di autogestione collettivistici varii del Venezuela, del Perù e del Messico. I risultati di queste riforme sono stati alquanto diversi ma, se non hanno portato a notevoli progressi economici, sono stati fattori decisivi di miglioramento delle condizioni di gran parte delle masse contadine, per il grado di elevazione sociale che hanno permesso.
L'A. accentra quasi 1/4 del commercio mondiale, in misura assai diversa, però, nelle sue tre parti: domina l'A. Settentrionale che ne comprende da sola poco meno di 1/5 (19% delle importazioni e 17% delle esportazioni) mentre l'A. Meridionale partecipa solo col 3,4% e l'A. Centrale con l'1,2% appena. Da notare, per il Nordamerica, l'aumento delle importazioni (dal 17,6% al 19,3%, tra il 1960 e il 1972) e la netta flessione delle esportazioni, passate nello stesso periodo dal 21% al 17,4%.
America Settentrionale. - Il quadro politico dell'A. Settentrionale non ha subito alcun mutamento dopo il 1958, con l'ingresso dell'Alasca fra gli stati della Federazione nordamericana. Nel quadro economico, invece, e in particolare nel peso che l'economia nordamericana ha rispetto a quella mondiale, si sono verificate modificazioni importanti sia per lo sviluppo del Canada e del Messico, sia per l'affermarsi e l'evolversi delle produzioni e delle economie di paesi nuovi in altre parti del mondo. In campo agricolo, zootecnico e della pesca, la situazione è rimasta pressoché inalterata, salvo il rafforzamento della preminenza per la produzione ed esportazione del frumento e del mais e la netta flessione della produzione del cotone ridottasi, in media, a neppure 1/4 del totale mondiale per la concorrenza delle fibre artificiali e sintetiche.
Importanti mutamenti si sono verificati, invece, nel settore energetico, per l'entrata in lizza di altri paesi e in rapporto con la crisi petrolifera mondiale, iniziatasi nel 1973, che ha provocato modificazioni sensibili nelle proporzioni dei consumi delle fonti energetiche primarie. Per il primo aspetto, se il carbone ha conservato la sua posizione sul piano mondiale (28% del totale) pur essendone sensibilmente aumentato il valore assoluto soprattutto per opera degli Stati Uniti, la produzione americana di petrolio si è profondamente alterata, in quanto nell'ultimo ventennio si è ridotta da circa la metà a un quinto del totale mondiale per la preminenza assoluta del Vicino Oriente; lo stesso è avvenuto per il gas naturale, diminuito in percentuale dal 91 al 60%, sebbene la produzione americana ne sia pressoché triplicata. D'altra parte, le variazioni anticrisi verificatesi soprattutto nell'A. anglosassone sopravvenute nelle proporzioni e nel tipo delle fonti energetiche, riguardano la tendenza all'aumento dell'estrazione del carbone e della lignite e il rilancio del mercato dell'uranio, in stasi dal 1959, per il forte impulso dato all'industria elettronucleare. Basti pensare che mentre tra il 1964 e il 1973 la produzione di uranio è rimasta pressoché stabile, tra il 1973 e il 1975 è aumentata di oltre il 50%, sicché l'A. Settentrionale partecipa oggi per il 70% alla produzione di uranio del mondo occidentale. La crisi energetica ha provocato anche l'intensificazione della ricerca di nuovi giacimenti d'idrocarburi estendendo con successo le prospezioni alle regioni artiche e alla piattaforma continentale.
Il più notevole ritrovamento è stato quello localizzato a Prudhoe Bay, sulla fronte artica dell'Alasca affiancato a quello di Punta Barrow, il cui sfruttamento, ritardato dalla soluzione del problema del trasporto del petrolio e da preoccupazioni ecologiche, è in rapido allestimento con la costruzione dell'oleodotto transalascano sino al porto di Valdez sul Pacifico, sempre libero dai ghiacci. Nel Grande Nord canadese sono stati trovati giacimenti di petrolio e di gas sul lato destro del delta del Mackenzie (Mayogiak e Taglul Mallik, a valle di Inuvik) e importanti depositi di gas nelle isole Melville e Re Cristiano, per cui è progettato un gasdotto verso il continente. Un nuovo giacimento misto petrolio-gas, localizzato sulla costa alascana del Pacifico di fronte ad Anchorage sul fondo del Cook Inlet, è già in produzione. Le riserve sfruttabili dell'Artide americana si stimavano nel 1975 intorno a 30 miliardi di tonnellate. Riguardo allo sfruttamento della piattaforma continentale, oltre a un'intensificazione della ricerca e della produzione nel Golfo del Messico, si sono avuti ritrovamenti importanti nelle acque della California e precisamente nel Canale di Santa Barbara. Complessivamente le riserve di petrolio dell'A. Settentrionale accertate al 1975 ascendono al 9% del totale mondiale, di poco inferiore a quello dell'Unione Sovietica. D'altra parte le riserve di uranio che si attribuiscono al Nordamerica corrispondono al 61% del totale del mondo occidentale.
Anche per l'attività mineraria metallifera, sebbene le produzioni assolute siano generalmente aumentate, la posizione relativa risulta in generale regresso con riduzione media da 1/3 alla metà negli ultimi vent'anni: così è accaduto per il ferro (20% del totale nel 1972), e poi per il rame, piombo, zinco, nichel (sia per il minerale che per il metallo), ridottisi tra il 30 e il 38% del totale; a proporzioni assai modeste sono scesi l'oro e la bauxite, ma per l'argento e per l'alluminio il Nordamerica conserva un solido primato mondiale.
Analogamente, per l'energia elettrica, pur con un aumento sensibile in senso assoluto che ha permesso di consolidare un largo primato, si è verificata sul piano mondiale una netta flessione dal 47% al 38% del 1972. Ma significato assai maggiore hanno i mutamenti di struttura dell'industria elettrica e delle fonti di energia che l'alimentano; si assiste infatti a un massiccio ricorso all'energia nucleare soprattutto da parte degli Stati Uniti, forti importatori di petrolio. Quivi, infatti, mentre nel 1972 il carbone ha rappresentato il 54,3% del combustibile consumato nelle centrali elettriche, seguito dal gas naturale per il 24% e dal petrolio per il 18,7%, già per le centrali istallate nel 1974 l'alimentazione è stata basata per il 34,5% sull'uranio, per il 23,4% sugl'idrocarburi e per l'11% sulle turbine a gas. Ciò perché, superando ogni incertezza, è stato impostato un sistema di centrali elettronucleari, di cui 195 in costruzione od ordinate, negli Stati Uniti e nel Canada, pari a oltre i 3/5 del totale mondiale, che si vanno aggiungendo alle 56 in funzione, corrispondenti a quasi 1/3 del totale.
L'attività industriale ha mantenuto, e per i nuovi prodotti ha conquistato, posizioni di primato, sia nelle industrie di base - non tanto nella siderurgia (21% della ghisa e 22% dell'acciaio del mondo) quanto nella petrolchimica (26% della capacità totale di raffinazione) - sia in ogni ramo delle industrie manifatturiere, con grandioso sviluppo di quelle chimiche (in particolare le industrie per le materie plastiche), e di quelle elettroniche, aerospaziali e nucleari. Invece quelle meccaniche non hanno sempre mantenuto le loro posizioni, a cominciare dalla sempre poderosa industria automobilistica, essenzialmente statunitense, passata dal 70% del totale mondiale al 37% nell'ultimo ventennio perché fiancheggiata dalla produzione giapponese ed europea.
Il cospicuo incremento dei rapporti commerciali con tutte le altre parti del mondo, ma soprattutto con l'Europa, ha provocato nel Nordamerica un grande sviluppo delle comunicazioni e dei trasporti intercontinentali per merci e per passeggeri, e quindi dei porti e degli aeroporti, soprattutto sulla fronte atlantica; tuttavia la consistenza della flotta mercantile complessiva appare ridotta (pur essendo mal valutabile perché in buona parte sotto bandiera liberiana o panamense) essendo passata statisticamente al 6° posto della graduatoria mondiale.
Da segnalare il grande sviluppo del movimento dei porti dei Grandi Laghi favoriti dall'intenso traffico lungo la via marittima del San Lorenzo (67,2 milioni di t sul canale Welland nel 1973). L'ulteriore perfezionamento delle vie di comunicazione dovuto ai progressi della tecnica ha ravvicinato ancor più l'A. Settentrionale all'Europa: il Concorde supersonico di linea impiega oggi a compiere il percorso Londra-Gander (Canada) solo due ore e 20 minuti, sicché, sfruttando i fusi orari, giunge in Canada un'ora prima di quella della partenza.
America Centrale. - Ancora mutamenti politici nel tormentato e instabile mondo centro-americano. Nella parte insulare la Federazione delle Indie Occidentali, costituitasi nel 1958, si è sciolta, dando vita a quattro stati indipendenti rimasti nell'orbita del Commonwealth britannico, e cioè: Giamaica (1962) con capitale Kingston, Barbados (1966) con capitale Bridgetown, Bahama (1973) con capitale Nassau e Grenada (1974) con capitale Saint George's; delle altre isole una parte ha costituito, nel 1967, un gruppo di stati associati al Regno Unito o Indie Occidentali (Antigua; Dominica; St. Christopher, Nevis e Anguilla; St. Lucia, cui si è aggiunta nel 1969 Saint Vincent) mentre le rimanenti sono rimaste colonie britanniche (Cayman, Turks e Caicos, Isole Vergini e Montserrat). Nella parte istmica, l'Honduras britannico fruisce dal 1964 dell'autonomia interna e ha preso il nome di Belize con capoluogo Belmopan. Sotto l'aspetto economico è da notare la forte diminuzione e l'irregolarità della produzione dello zucchero, scesa nell'ultimo ventennio dal 20% all'11% del totale mondiale, per la netta flessione di quella cubana, ostacolata dall'embargo applicato dagli Stati Uniti dal 1960 al 1975; c'è stato invece un sensibile aumento della produzione del caffè (12% del totale mondiale). Nell'attività estrattiva spicca il forte aumento della produzione di bauxite, fornita quasi tutta dalla Giamaica, per oltre 1/5 del totale, che ne fa il secondo produttore mondiale. Tra le industrie hanno avuto un certo incremento quella della raffinazione del petrolio (Giamaica e Antille olandesi) e della petrolchimica e, tra le manifatturiere, quelle alimentari, la manifattura del tabacco e il cotonificio. Grande sviluppo ha preso il turismo di qualità, favorito da una rete efficiente di linee aeree e marittime.
America Meridionale. - Notevoli mutamenti politici si sono verificati di recente con l'indipendenza di due colonie britanniche, Trinidad e Tobago (nel 1962, rimasta nel Commonwealth britannico, con capitale Port of Spain) e la Guyana (nel 1966 e repubblica dal 1970, con capitale Georgetown) e inoltre Surimane, membro autonomo dei Paesi Bassi, indipendente dal luglio del 1975, con capitale Paramaribo. Ormai definito è il confine tra Perù ed Ecuador, in quanto è delineato anche il piccolo tratto (poco più di 100 km) nello spartiacque tra l'alto Rio Santiago, affluente di sinistra del Marañón, e il Rio Zamora che vi si getta. Sono state poi apportate modificazioni alle unità e ai limiti amministrativi di alcuni stati, tra i quali l'Argentina, in cui alle 22 province si è aggiunto un Territorio Nazionale, quello di Tierra del Fuego, Antàrtida e Islas del Atlantico Sur, comprendente le Maluine o Falkland (ancora rivendicate dall'Argentina), Picton, Nueva Lennox, Luff e Augusto, Georgia del Sud, Orcadi del Sud, Sandwich del Sud, Martin García. Inoltre, nel 1975, nel Messico i due Territori della Baja California e del Quintana Roo sono stati eretti a stati (che sono così divenuti 31), e nel Brasile sono stati fusi gli stati di Rio de Janeiro e di Guanabara, il quale ultimo era formato dalla sola agglomerazione di Rio.
Variazioni significative dell'agricoltura sudamericana sono state: l'ulteriore flessione della partecipazione alla produzione mondiale del frumento, scesa a meno del 3% del totale mondiale, che ha ridotto a poca cosa l'esportazione, e il forte regresso della posizione nei riguardi del caffè, sebbene la produzione abbia avuto un certo incremento (48% circa del totale mondiale contro l'85% del 1955), per lo sviluppo delle piantagioni dell'Africa occidentale; sempre ingente la produzione delle banane (2/5 del totale); una certa flessione si nota pure nella posizione dell'allevamento dei bovini (10% del totale mondiale). Alterazioni profonde si sono, invece, verificate nella pesca che, raggiunti, nel 1970, quasi 15 milioni di t di prodotto (di cui 12,6 nel Perù) pari al 21% del totale mondiale, è scesa d'improvviso nel 1971 alla metà e nel 1972 a neppure 4 milioni di t (6% del totale) per spostamenti periodici delle migrazioni delle anchovetas in seguito a modificazioni di ampiezza delle correnti calde, con gravi conseguenze sull'economia peruviana e cilena.
Alcune importanti modificazioni si sono verificate anche nell'attività estrattiva: la produzione di petrolio, per quanto assai aumentata negli ultimi vent'anni, rappresenta solo il 12% del totale mondiale per l'enorme preponderanza assunta dal Vicino Oriente, mentre la produzione del minerale di ferro è assai aumentata (oltre il 12% del totale mondiale) per l'ingente contributo del Brasile (ai primi posti nel mondo per la produzione e massimo esportatore) seguito dal Venezuela; raddoppiata in venti anni la produzione della bauxite in Guayana e Suriname, divenuti grandi esportatori, ma ridotta al 14% del totale mondiale per la già ricordata prevalenza della produzione giamaicana. La stessa situazione si osserva per il rame, mentre per l'argento il Sudamerica mantiene il secondo posto nel mondo dopo il Nordamerica.
L'attività industriale ha avuto sviluppo discreto ma diseguale, essendo circoscritta ad alcuni stati emergenti e soprattutto al Brasile, dove è in forte espansione, al Venezuela e all'Argentina. Da notare la crescita considerevole della siderurgia - con alcuni grandi impianti a ciclo integrale e acciaierie - e la diversificazione delle industrie manifatturiere, meccaniche (comprese quelle automobilistiche), alimentari, tessili, chimiche e della gomma. Nei paesi in via di sviluppo i traffici sia interni che esterni si sono intensificati, con notevole ampliamento dei porti (una diecina dei quali, tutti sull'Atlantico, hanno raggiunto un movimento commerciale di oltre 10 mil. di t) e con estensione e miglioramento della rete stradale e autostradale, particolarmente in Venezuela (specie nella fronte marittima e negli stati di Bolívar e Táchira), in Colombia e Perù, anche per il completamento di alcuni tratti della Panamerican Highway e, soprattutto, in Brasile. Quivi incremento considerevole si è verificato negli stati meridionali, specie nel Rio Grande do Sul con alcuni nuovi collegamenti con la rete uruguayana, lungo la costa atlantica, dove ormai la grande strada litoranea è quasi tutta costruita o in costruzione e, in modo particolare, nell'Amazzònia, dove la rete stradale è infrastruttura fondamentale di penetrazione per la colonizzazione guidata e per l'integrazione in corso della grande regione al resto del Brasile e agli stati contermini. Questo sistema è stato impostato su due assi trasversali principali, uno meridionale, costituente la Via Transamazzònica tra Ioaô Pessoa e Boqueirão e al confine peruvian0 (per Altamira, Itaituba, Humaità e Rio Branco per 5.000 km) e l'altro settentrionale della Via Perimetrale Nord tra Macapà e Mitù al confine con la Colombia, per 4.650 km, incrociate da tre longitudinali, Brasilia-Belém, Cuiabà-Santarém e Porto Velho-Boavista per Manaus.
Questo gigantesco complesso, oltre a permettere la valorizzazione dell'Amazzònia, collegandosi con quelli dei paesi circostanti, costituirà una rete panamericana degli stati amazzonici e promuoverà in futuro il collegamento Atlantico-Pacifico e, verso nord, con lo sbocco sul Mar Caríbico, l'avvicinamento agli stati dell'A. Centrale. Nel 1974 risultavano già costruiti nell'Amazzònia brasiliana: il tratto Estreito-Itaituba della Transamazzònica (1.254 km) e le longitudinali Brasilia-Belém e P. Velho Manaus-Boavista, ma i lavori procedono rapidamente lungo l'intera Transamazzònica e la Cuiabà-Santarém, mentre tutti gli altri tronchi sono allo stato di progetto.
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