AMEBIASI (fr. dysentérie amibique; sp. amibiasis; ted. Amöbenruhr; ingl. amoebic dysentery)
Malattia infettiva, endemica, parassitaria. L'agente specifico è un protozoo, l'Entamoeba dysenteriae (v. ameba). La localizzazione più comune delle amebe è il tratto intestinale, dove producono ulcerazioni ed emorragie, dando origine a una dissenteria a decorso più o meno cronico, con acutizzazioni accessionali. L'agente patogeno può ritrovarsi nelle feci dei malati sia nella forma vegetativa che in quella cistica. La ricerca nelle feci offre particolari difficoltà, per differenziare l'amebiasi da altre forme non patogene. Pur essendo questa una malattia dell'uomo, può esser riprodotta sperimentalmente nel gatto. L'amebiasi è contagiosa; hanno molta importanza per il contagio i portatori sani e gli ammalati con scarsa sintomatologia. Può trasmettersi con i vestiti, la biancheria, l'acqua, le mosche. I fenomeni morbosi si presentano con la seguente sindrome clinica: nei casi acuti l'infermo ha dolori addominali e scariche alvine di feci più o meno liquide, poco abbondanti, commiste a muco e sangue; dopo qualche giorno le scariche aumentano di frequenza e con esse i dolori intestinali, e il malato si mostra profondamente abbattuto. Tali fatti si spiegano in parte con l'azione tossica delle amebe, in parte con la quantità enorme di scariche che può avere il malato nelle 24 ore. Questo stato di cose può durare 8-15 giorni, poi il numero delle scariche e i dolori addominali diminuiscono. Dalla forma acuta si passa di regola, se l'individuo non è stato curato, alla forma cronica, che può esser tale primitivamente, quando colpisce l'uomo in modo subdolo e latente finp dai primi tempi. La forma cronica può durare mesi e anche anni, con periodi di remissione fino alla guarigione apparente e con riacutizzazioni. Vi sono delle forme che decorrono senza diarrea, anzi con stitichezza; altre simulanti le più diverse affezioni dell'apparato digerente (ulcera duodenale, appendicite, ecc.). Le complicazioni più frequenti sono l'ascesso epatico e polmonare, poiché l'ameba può dall'intestino trasmigrare, o per via sanguigna, o per via linfatica, o per entrambe contemporaneamente nel fegato, polmone, raramente anche nel cervello, ecc., producendo ivi degli ascessi pericolosi per la vita dell'infermo.
La cura nei casi acuti consiste nelle iniezioni di cloridrato di emetina sottocutanee, intramuscolari o, meglio ancora, endovenose. Recentemente si sono ottenuti buoni risultati con preparati arsenobenzolici (stovarsolo, narsenolo) specie nelle forme croniche.
Riguardo alla distribuzione geografica si può dire che l'amebiasi è sparsa in quasi tutto il mondo. Si presenta soprattutto nei paesi a clima caldo, ma non è rara nelle zone temperate; in Italia esistono dei focolai endemici, specie nel mezzogiorno. È divenuta più frequente dopo la grande guerra.