Macrobio, Ambrosio Teodosio
Autore neo-platonico, alto magistrato romano, visse tra il IV e il V secolo d. Cristo. Di lui, oltre un trattato grammaticale, abbiamo il Commento al Somnium Scipionis di Cicerone (VI libro del De Republica), ricca esegesi del testo ciceroniano ove sono presenti dottrine platoniche (frequente è il richiamo al Timeo), pitagoriche, aristoteliche, ecc., inserite in un quadro neoplatonico; i Saturnalia, in sette libri, di stile simposiaco, ove sono svolte le più varie questioni di carattere antiquario, letterario, filosofico, ecc. Grande fu la fortuna di M. nel Medioevo, soprattutto per il suo Commento al Somnium Scipionis, la cui notevole influenza si esercitò con la divulgazione di temi platonici e neoplatonici in tutto il pensiero medievale.
Voler precisare il suo influsso su D. diventa un'impresa tanto più ardua quanto più progrediscono le ricerche sulle fonti e sulla fortuna di M. nella letteratura latina medievale. Le asserzioni di P.M. Schedler e di P. Duhem sulla fortuna di M., secondo le quali il pensiero del Commento al Somnium Scipionis e i numerosi temi dei Saturnalia erano diventati luoghi comuni del Medioevo, sono state confermate da ulteriori ricerche. Sempre più evidente si rivelò inoltre l'ampia propagazione delle dottrine di M. in compilazioni enciclopediche del IV, V e VI secolo che a loro volta derivano dalle stesse fonti del Commento: " dagli scritti dei neo-platonici, degli enciclopedisti latini, dei platonici, degli aristotelici, dei neopitagorici, e, inoltre, persino dei pitagorici e degli orfici " (W.H. Stahl, p. 40). Tracce di M. sono riscontrabili nella mitografia, nell'astronomia, nella cosmogonia e nella geografia del Medioevo, come pure in numerosi autori fra cui Ambrogio, Boezio, Isidoro di Siviglia, Giovanni Scoto Eriugena, Giovanni di Salisbury - che nel Policraticus riporta letteralmente interi brani dei Saturnalia - Alano di Lilla, Alessandro di Hales, Roberto Grossatesta, Bonaventura, Vincenzo di Beauvais, Alberto Magno. È opinione comune che l'opera di M., insieme al Commento al Timeo di Calcidio, sia stata una delle fonti principali del platonismo del Medioevo occidentale. La sua notevole presenza nel Medioevo è provata inoltre dai numerosi manoscritti conservati. Il Commento è, secondo il Thorndike, " uno dei trattati più frequentemente reperibili fra i primi manoscritti medievali ".
All'opposto del Petrarca che cita spesso M., D. non lo menziona mai. Ciò è spiegabile col fatto che lo considerava - come del resto anche il grammatico Servio - non come autore ma come commentatore di Cicerone e di Virgilio, nel Commento, e come compilatore di scienze ed esegeta di Virgilio nei Saturnalia. Prove concrete delle tracce di M. nell'opera di D. sono tuttora scarse. Va per di più rilevato che i giudizi globali sulla grande portata dell'influsso di M. su D. pronunciati dagli studiosi dell'Ottocento (cfr. F.C. Schlosser e F.X. Kraus) sono stati oggetto di riserve in quanto, oggi più che mai, risulta problematica l'identificazione di M. come fonte diretta di Dante.
Tale difficoltà si dimostrò particolarmente pertinente allorché H.T. Silverstein (" The Times Literary Supplement " XXXI [27 ott. 1932] n. 1604, 789) propose di far risalire la definizione che D. dà del Flegetonte come cieca cupidigia e ira folle (If XII 49) al Comm. I 10 11 " Phlegetonthem ardores irarum et cupiditatum putarunt ". Agli accenni ad altre fonti possibili fatti da Silverstein, F. Ghisalberti aggiunse (in " Studi d. " XVIII [1934] 195-197) fra l'altro anche un riferimento alle Derivationes di Uguccione da Pisa. Una sorte simile toccherebbe senza dubbio, e con analoghi argomenti, ai tentativi di far risalire al Comm. I 10 10 ss. l'intimo senso delle punizioni nei fiumi infernali (Acheronte, Stige, Cocito) e il carattere di contrapasso della penitenza nel Lete, anche se a un più accurato esame risultano chiare alcune reminiscenze letterali (cfr. " Cocytum quicquid homines in luctum lacrimasque compellit " con If XXXIV 36 e 52 ss. o, ancora, la definizione che M. dà del Lete con le accuse di Beatrice e il pentimento di D. prima dell'immersione nel fiume, Pg XXX e XXXI). Altrettanto seducente è il richiamo dell'apostrofe al sole in Pg XIII 16-17 O dolce lume... / tu ne conduci, 21 li tuoi raggi duci, e 86 ss. l'alto lume... sì che chiaro / per essa scenda de la mente il fiume, con il passo di Sat. I 17 2 " Sol... dux et moderator est luminum reliquorum ", oppure di Somn. IV 2 " Sol dux et princeps et moderator luminum reliquorum, mens mundi et temperatio ", ossia Comm. I 20 1 e 3 ss., e Sat. I 18 17 " mundi autem mentem solem opinantur autores, a quo in homines manat intelligendi principium, merito boni consilii antistitem crediderunt "; richiamo tanto più seducente in quanto, nello stesso luogo, D. dà a Virgilio proprio l'attributo di mio consiglio saggio (Pg XIII 75). Purtuttavia simili attributi del sole si trovano anche in Firmico Materno, Alano di Lilla, Bonaventura e altri autori. Se Virgilio è mar di tutto 'l senno (If VIII 7) come già in M. (senza la metafora), va pure ricordato come il Comparetti (Virgilio nel Medioevo) avesse esposto la complessa formazione della sua fama di savio, che in Servio già risulta consolidata. Invece, la spiegazione che Beatrice dà dell'incapacità di D. di sentire l'armonia delle sfere nel cielo di Saturno (Pd XXI 58-63) troverà senz'altro un chiarimento in Comm. II 4 14-15, come già nel 1834 aveva supposto F.C. Schlosser. I pruni spinosi di color fosco e senza frutti della selva dei suicidi presentano le caratteristiche degli alberi infelici trasmesseci da M. in Sat. III 20 3; ma talune delle loro qualità sono già in Plinio Nat. hist. XVI 108, nella Bibbia e nei numerosi documenti sugli ‛ arbores malae ' del Medioevo cristiano.
Il metodo più sicuro per rintracciare i concreti influssi di M. su D. consisterà dunque nel seguire le tracce lasciate dal Somnium Scipionis nella Commedia, tanto più che essendosi il VI libro del ciceroniano De Republica conservato, fino al sec. XIX, solo tramite il Commento di M., il Somnium Scipionis resta legato intimamente al Commento nella tradizione manoscritta fin dai tempi di Boezio e attraverso tutto il Medioevo.
Per accertare la potenza ispiratrice esercitata dal Somnium Scipionis sulla Commedia ci pare opportuno isolare i temi caratteristici dell'apocalissi ciceroniana come anelli di una catena, atti tanto più a provare un influsso del Somnium su D. quanto più si dimostrino numerosi in un singolo episodio. Eccone i singoli elementi: a) una precisa menzione degli Scipioni o di uno di loro; b) la missione: " quae dicam memoriae trade "; c) l'aspirazione alla vera gloria: disprezzo della gloria terrena e perseveranza nella virtù nonostante gli ostacoli umani, per garantire l'ascensione agli astri; d) lo sguardo sulle sfere planetarie e il conseguente riconoscimento della miseria della terra; e) localizzazione dello sguardo sulla terra dal cielo stellato; f) la ‛ vaticinatio ex eventu ' delle insidie del destino che minacciano il protagonista " non tam metu mortis quam insidiarum a meis " (Somn. III 2); g) i tratti nazionali romani nell'incontro con l'avo: a coloro che conservano, salvano e rendono più grande l'Impero romano spetta il premio dell'assunzione in cielo e la divinizzazione; h) inserzione della visione in un sogno (I 3 " me... artior quam solebat somnus complexus est ", IX 3 " Ille discessit; ego somno solutus sum "); i) il racconto in prima persona.
Seguendo quest'ordine tematico è possibile provare il forte influsso del Somnium su quattro importanti episodi della Commedia: l'incontro con Cacciaguida; lo sguardo sulla terra dal cielo stellato; l'incontro con Anteo (nell'interpretazione medievale Anteo vuol dire " contrario " e così diventa in D. il ‛ contrario ' infernale dell'ideale rappresentato dagli Scipioni); e infine l'invettiva di s. Pietro contro i vicari degeneri del regno di Dio in terra. Cito per quest'ultimo episodio le corrispondenze con gli elementi tematici rilevati in M.: a) la menzione di Scipione Maggiore (Pd XXVII 61); b) la missione: e tu, figliuol... apri la bocca, / e non asconder quel ch'io non ascondo (vv. 64-66); c) il tema della vera gloria al principio e alla fine dell'episodio (vv. 1-2 e 62); d) l'implicito sguardo sulla terra, in quanto subito dopo l'episodio segue il secondo sguardo al sito / di questa aiuola (Cfr. Pd XXVII 77-86 e somn. VI 1), prima dell'ascensione al nono cielo; e) localizzazione dell'incontro con l'avo della cristianità nel cielo stellato; f) gli aspetti nazionali romani del protrettico ciceroniano: l'alta provedenza, che con Scipio / difese a Roma la gloria del mondo (Pd XXVII 61-62).
Che D. abbia letto il Somnium insieme con il Commento di M. è accertato dai due passi seguenti: M. afferma in Comm. II 12 3-5 che Scipione Minore ottiene il permesso di guardare giù sulla terra solo dopo aver riconosciuto chiaramente la natura divina dei corpi celesti e la forza divinizzatrice della vera virtù che sdegna la gloria terrena: " nec prius eum terram patitur intueri quam caeli ac siderum naturam motum ac modulamen agnoscat, et haec omnia sciat praemio cessura virtutum... Africanus igitur, paene exutus hominem et defaecata mente iam naturae suae capax, hic apertius admonetur, ut esse se deum noverit ". In modo del tutto simile, dopo che D. ha rivolto l'invocazione alle gloriose stelle a cui sospira la sua anima per acquistar virtute, Beatrice ammonisce: Tu se' si presso a l'ultima salute / ... che tu dei / aver le luci tue chiare e acute; / e però, prima che tu più t'inlei, / rimira in giù, e vedi quanto mondo / sotto li piedi già esser ti fei... (Pd XXII 124-129). Il secondo passo riguarda 'l punto / de l'universo in su che Dite siede (If XI 64-65), cioè 'l punto / al qual si traggon d'ogne parte i pesi (XXXIV 110-111). Un'opinione quasi unanime fa risalire questa definizione direttamente a Somn. IV 3 " Ea quae est media et nona tellus neque movetur et infima est et in eam feruntur omnia nutu sua pondera ". Ma nel corrispondente passo del Comm. I 22 4-8, si afferma per di più che questo centro della terra " haesit in imo, quod demersum est stringente perpetuo gelu... hanc [la terra] spissus aer... undiqueversum fulcit et continet ". Parimenti il Lucifero dantesco è mezzo immerso nel ghiaccio del Cocito, simile a un molin che 'l vento gira quando una grossa nebbia spira e dalle sue ali si muovono tre venti per il cui effetto Cocito tutto s'aggelava (If XXXIV 6, 4 e 52).
Un chiaro influsso dei Saturnalia si svela nell'importante scena del riconoscimento della guida (If I 67-80), ove D. giustifica la sua emulazione di Virgilio quale maestro della ‛ parola ornata ' con gli argomenti di Macrobio. Appena D. riconosce l'identità di chi si presenta come cantore del giusto / figliuol d'Anchise che venne di Troia, / poi che 'l superbo Ilïón fu combusto (I 73-75), mostra la sua gioia con la metafora: Or se' tu... quella fonte / che spandi di parlar sì largo fiume? (vv. 79-80). Con la stessa metafora M. si fa elogiatore di Virgilio, che descrivendo la distruzione di Troia si sarebbe rivelato maestro impareggiabile dei quattro ‛ genera dicendi ': " Quis fons, quis torrens, quod mare tot fluctibus quot hic verbis inundavit? " (Sat. V 1 10; " hic ", cioè nelle precedenti prove d'arte che Virgilio ha dato nella descrizione dell'eccidio di Troia). Dopo di che M. vanta gl'incomparabili " stili dicendi " di Virgilio (16-18). In modo tutto simile, D., dichiaratosi discepolo del maestro, afferma che tolse da lui lo bello stilo che gli ha fatto onore (If I 87).
L'influsso di M. su D. è tutt'altro che esaurito con quanto esposto. Direi, concludendo, che il reperimento di più numerose tracce della sua presenza nell'opera dantesca permetterà sempre più di considerare l'opera macrobiana, e specie il Commento al Somnium Scipionis, non solo come importante base di documentazione concreta per D., quanto piuttosto come una ricca fonte per gli elementi e il clima neoplatonici della Commedia e forse addirittura come modello della visione dantesca.
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