SPINOLA, Ambrogio.
– Nacque a Genova nel 1569, primogenito di Polissena Grimaldi e di Filippo, marchese di Venafro e di Sesto Campano.
Apparteneva a una delle più importanti famiglie genovesi, protagonista della vita economica e politica della Dominante. La sua formazione fu tutta domestica, affidata a precettori scelti dalla madre. Egli dimostrò presto passione per la storiografia e attitudine per le discipline matematiche e per le scienze militari. Ma la professione delle armi era già stata scelta dal fratello Federico e Ambrogio rimase inizialmente nella prospettiva di rappresentare il capo del casato. Sposata nel 1592 Giovanna Basadonne, intervenne decisamente nella vita politica cittadina, costituendo una fazione contrapposta a quella di Giovan Andrea Doria. Nel 1597 raggiunse un risultato di spicco, riuscendo a far eleggere doge Lazzaro Grimaldi Cebà e battendo il candidato della parte opposta, Agostino Doria.
Accelerò quindi la sua decisione di passare alla carriera militare. Nel 1601 si trovò coinvolto nel progetto del fratello Federico di armare una flotta capace di sorprendere le difese del Regno d’Inghilterra. Il piano fu presentato a Filippo III e discusso più volte, fra il 1601 e il 1602. Ambrogio, intanto, si offrì di armare un reggimento di 6000 uomini in Lombardia e di condurlo nelle Fiandre. Ottenuto l’assenso del re, fece di più: arruolò 9000 soldati, li armò e li divise in due tercios. Di uno prese il comando lui stesso, l’altro lo pose agli ordini di Pompeo Giustiniani, veterano delle guerre contro gli olandesi. Quindi, partito verso nord all’inizio di maggio del 1602, si presentò a Gand all’arciduca Alberto d’Austria, governatore dei Paesi Bassi spagnoli. Quest’ultimo, allarmato per l’avanzata dell’esercito olandese al comando di Maurizio di Nassau in Frisia (con la conquista di Rimbergh) e nel Brabante, approfittò subito dei rinforzi a disposizione e nel luglio del 1602 inglobò i contingenti di Spinola nel suo esercito.
Ambrogio iniziò in questo modo la sua carriera militare sottoposto a Francisco de Mendoza, comandante generale della cavalleria. Si scontrò con le truppe olandesi intorno alla città fortificata di Grave (nel Brabante settentrionale), ma senza risultati di rilievo. All’inizio del nuovo anno, con l’appoggio della corte sovrana di Madrid, iniziarono finalmente i preparativi contro l’Inghilterra. Spinola ordinò nuovi arruolamenti in Germania e in Italia, dove rientrò con l’occasione. Quindi, caduto suo fratello Federico in uno scontro in mare con gli olandesi (maggio del 1603), tornò al servizio dell’arciduca Alberto.
Le operazioni erano in un fase di stallo. Si susseguivano ammutinamenti di truppe; Maurizio di Nassau, ponendo l’assedio a ‘s-Hertogenbosch, continuava a minacciare una penetrazione nei Paesi Bassi spagnoli; l’assedio all’enclave olandese di Ostenda, iniziato nel luglio del 1601, procedeva a rilento. A Spinola fu offerta proprio la direzione di queste ultime operazioni. Egli si consultò con i suoi ufficiali e accettò. A Bruxelles, alla fine di settembre del 1603, incontrò l’arciduca Alberto e sottoscrisse un accordo: avrebbe anticipato 60.000 ducati al mese, in aggiunta ai 120.000 già impegnati dall’erario. In cambio avrebbe avuto autorità su tutti gli ufficiali superiori già in campo, allo scopo di concludere felicemente l’assedio.
Avuto il benestare di Filippo III, alla fine dell’autunno del 1603, Spinola si portò sul teatro di guerra. Continuò l’offensiva anche durante l’inverno, riordinando l’esercito e commissionando soluzioni tecnico-tattiche innovative agli ingegneri Pompeo Targone e Giuseppe Gamurrini. Gli olandesi, per tutta risposta, intrapresero l’assedio di Ardenbourg e dell’Écluse, fra la primavera e l’estate del 1604. Spinola, su richiesta dell’arciduca, inviò malvolentieri contro gli assedianti dell’Écluse 6000 uomini, ma non distolse altre energie dal suo obiettivo principale. Così, i due centri caddero nelle mani del generale olandese Maurizio di Nassau, ma Ostenda, sottoposta a bombardamenti continui, fu presa per patti tra il 20 e il 22 settembre dello stesso anno.
Il successo ebbe grande risonanza in tutta Europa. Spinola si recò già in novembre in Spagna per presentarsi a corte e trattare con il sovrano del proseguimento della campagna. Durante il viaggio, fece una sosta a Parigi, dove fu ricevuto con tutti gli onori dal re di Francia, Enrico IV, che gli fece dono di una spada (conservata nel Metropolitan Museum of art di New York). Arrivato a Valladolid, incontrò Filippo III il 21 dicembre 1604. Al re e ai suoi consiglieri ebbe modo di presentare il suo piano per proseguire l’offensiva: impiegare solo parte delle forze in campo per riconquistare l’Écluse e dirigere invece l’armata principale in Frisia, portando la guerra in territorio nemico. Riuscì a convincerli: nel febbraio del 1605, fu nominato mastro di campo generale, con autorità su tutti gli eserciti delle Fiandre, e superintendente general de la Hacienda, con il compito di supervisionare – in quello stesso contesto – il flusso delle risorse finanziarie della Corona. Ebbe anche il titolo di cavaliere dell’Ordine del Toson d’oro.
Si mise in viaggio alla fine dell’inverno. Passato di nuovo per la Francia, dopo un nuovo incontro con Enrico IV, arrivò a Bruxelles all’inizio di aprile del 1605. Passato all’esecuzione di quanto progettato, riuscì a mascherare le proprie intenzioni: attraverso i territori neutrali del ducato di Kleve, entrò nella regione fluviale dell’Ijssel (diramazione del Reno) e poi in Frisia con circa 11.000 uomini. Conquistò senza sforzo Oldenzaal e Lingen, prima della fine di agosto. Era il massimo che potesse ottenere per quell’anno. Respinto un attacco all’inizio di ottobre, presa Wachtendonk (nella Gheldria) dal suo luogotenente Carlo Bonaventura di Longueval, conte di Bucquoy, Spinola mise il suo esercito a riposo. All’inizio del 1606 pensava di rinnovare l’offensiva, investendo, oltre alla Frisia, anche il territorio dell’altro grande ramo del Reno, il fiume Waal, più vicino al cuore dell’Olanda. Le difficoltà finanziarie, tuttavia, impedivano la realizzazione dei suoi piani. Egli si recò alla corte di Filippo III, che lo nominò membro dei Consejos di guerra e di Estado.
Dopo una sosta a Genova, nel maggio del 1606 rientrò nelle Fiandre. Aveva con sé anche istruzioni segrete. In caso di morte dell’arciduca Alberto, egli avrebbe dovuto ricondurre in Spagna Isabella d’Asburgo, ribadendo così l’autorità spagnola sui Paesi Bassi. Se invece l’Infanta fosse morta per prima, il compito di Spinola sarebbe stato quello di ottenere un solenne giuramento di fedeltà da parte dell’arciduca, insistendo – in caso di rifiuto – fino alla misura di prenderlo in custodia nel castello di Anversa.
Erano solo ipotesi. Rientrato a Bruxelles alla fine di giugno, Spinola si occupò di arruolamenti, forniture e riserve finanziarie, anche ricorrendo a prestiti sulla piazza genovese, che si impegnò a onorare in caso di mancato pagamento da parte del Tesoro spagnolo. A Roermond, quindi, concentrò 12.000 fanti e 2000 uomini a cavallo, artiglieria, mulini trasportabili, barche da ponti. Passò il Reno presso Wesel e, costeggiando il fiume Ijssel, si accampò tra Zutphen e Deventer. Maurizio di Nassau ne seguiva i movimenti, dalla riva opposta dell’Ijssel. Spinola fece avanzare un corpo di spedizione a est, che conquistò Lochem, ma l’avanzata oltre il Waal, affidata al conte di Bucquoy, non ebbe successo. Spinola finse allora di attaccare Deventer, per far muovere gli olandesi; infine, si concentrò sull’assedio di Groenlo, più a sud-est.
Raggiunse l’obiettivo in modo fulmineo in novembre, dopo soltanto nove giorni di operazioni. Subito investì Rheinberg, circa 60 chilometri più a sud, ultima piazzaforte del confine meridionale delle Province Unite. Maurizio di Nassau riuscì a farvi entrare un contingente di soccorso, ma si rifiutò di accettare la battaglia in campo aperto prontamente offerta da Spinola e si ritirò. Rinnovate e completate le manovre di assedio, Il generale genovese ottenne la resa anche di Rheinberg.
L’ammutinamento di un contingente di veterani a Dienst, all’inizio di dicembre del 1606, e la riconquista di Lochem da parte di Maurizio di Nassau mostravano che nemmeno i successi sul campo ottenuti da Spinola potevano risolvere il conflitto. Ambrogio, sin dall’aprile precedente, aveva ricevuto dal re istruzioni di verificare la disponibilità dei nemici a concludere una tregua. Si spese in questa direzione, d’intesa con l’arciduca Alberto e al di là delle intenzioni di Filippo III, concludendo già prima della fine del 1606 un accordo con Maurizio di Nassau per la neutralità della Contea di Moers, a sud di Rheinberg. Donò addirittura, nell’occasione, due cavalli al comandante nemico.
Seguì quindi da vicino i negoziati condotti con gli olandesi dal commissario generale dei minori conventuali fiamminghi, Johannes Neyen. La posizione di Spinola era sicuramente più assimilabile a quella arciducale, rispetto a quella della corte spagnola. Quando Filippo III inviò Diego de Ibarra a Bruxelles, per influenzare il processo di pace, egli, insieme ad Alberto, si attivò per neutralizzare il rischio che egli irritasse la controparte, allontanando la conclusione dei lavori. Da ultimo, quando si tenne una conferenza di pace allargata all’Aja, Spinola rappresentò l’arciduca Alberto, come capodelegazione.
Sin dal febbraio del 1608, tentò di superare i punti critici sul tavolo (la sovranità delle Province Unite, i rapporti tra confessioni religiose, la libertà di commercio nelle Indie, l’allargamento o meno della tregua anche agli scontri in mare). Non riuscì però a evitare il peggio: dopo un esplicito rifiuto di acconsentire alle richieste spagnole sulla religione cattolica e sul commercio con le Indie, non si parlò più di pace. Soltanto grazie alla mediazione franco-inglese, verso la fine dell’anno, arrivò sul tavolo un testo di accordo per una tregua pluriennale, che non faceva alcun accenno alle materie religiose e permetteva addirittura la continuazione delle ostilità fuori dall’Europa. Spinola, come il valido del re, il duca di Lerma, si espresse in senso favorevole affinché Filippo III desse il suo assenso. La tregua dei Dodici anni fu firmata il 9 aprile 1609; il 14 fu resa pubblica ad Anversa.
Spinola chiese il permesso di potersi allontanare dalle Fiandre. Filippo III glielo concesse soltanto per riceverlo alla sua corte, ma tale licenza doveva restare inutilizzata. Egli infatti si trovò dapprima implicato nella fuga nei Paesi Bassi spagnoli del francese Enrico di Condé, allo scopo di sottrarre la moglie, Charlotte di Montemorency, alle voglie di Enrico IV. Poi, si trovò coinvolto nella crisi per la successione al titolo di duca di Jülich-Kleve-Berg.
Il duca Giovanni Guglielmo era morto il 25 marzo 1609, senza eredi. I due principali pretendenti erano il conte Guglielmo di Pfalz-Neuburg e l’elettore di Brandeburgo, Giovanni Sigismondo. Spinola comprendeva distintamente l’importanza strategica del territorio conteso, posizionato a sud del territorio olandese, prossimo al confine francese, e al termine del vitale asse di comunicazioni tra il Milanese e i Paesi Bassi. Ma la Corona di Spagna non poteva rischiare un nuovo conflitto nell’area, proprio mentre si stava concludendo la tregua con le Province Unite. Così Spinola si limitò a dar conto dei pericoli di ingerenze nella regione, innanzi tutto da parte francese, poiché Enrico IV appariva fermamente intenzionato a entrare nei ducati con un forte esercito. Assassinato quest’ultimo (il 10 maggio 1610), il rischio maggiore proveniva dagli olandesi. Spinola non mosse l’esercito nemmeno dopo che, nel luglio del 1610, essi ebbero passato il Reno e concentrato truppe a Schenkenschanz, presso Kleve: anche l’arciduca Alberto, in quel frangente, manteneva la massima prudenza.
Composta con un accordo alla fine del 1610, la crisi si ripresentò qualche anno più tardi: il 5 maggio 1614, infatti, 16.000 soldati delle Province Unite entrarono a Jülich. Nel giudizio di Spinola, i rischi che gli olandesi consolidassero la loro posizione nella regione erano palesi e andavano contrastati con le armi. Non in modo diretto, però, per non rompere la tregua ancora in essere. Piuttosto, con una parallela invasione dei ducati, che facesse guadagnare all’arciduca Alberto e a Filippo III qualcosa da scambiare nelle future trattative. Si susseguirono così consultazioni con la corte spagnola, ma la decisione fu presa a Bruxelles: in agosto, fatte inalberare al suo esercito le insegne imperiali, Spinola assediò Aachen, dove la giunta municipale cattolica era stata espulsa e i protestanti avevano assunto il governo. Costrinse la città alla resa in pochi giorni e fece tornare i cittadini cattolici al governo. Quindi, entrò nel Ducato di Jülich e si rese padrone di Düren. Evitato ogni contatto con le forze olandesi già presenti in zona, puntò a nord-est e mise sue guarnigioni a Bergheim e a Grevenbroich, in nome del conte di Pfalz-Neuburg. Quasi contemporaneamente, un’altra parte dell’esercito di Spinola mosse lungo il Reno e lo attraversò a Rheinberg. Wesel fu investita in forze e conquistata. Altri contingenti investirono e presero Xanten; Mülheim, una fortificazione che infastidiva il principato ecclesiastico di Colonia, fu rasa al suolo. Insomma, una campagna brillante: Spinola aveva guadagnato molto più territorio, rispetto a quello tenuto dagli olandesi e, soprattutto, migliore dal punto di vista strategico. In più, la tregua del 1609 aveva retto.
Dalla posizione di forza ottenuta, a partire dalla metà di ottobre, Spinola partecipò ai colloqui di Xanten, insieme a Maurizio di Nassau e ai rappresentanti di Inghilterra, Francia, Repubblica olandese, della corte imperiale e di altri principi tedeschi.
Dalla Spagna aveva istruzioni confuse: Filippo III non intendeva rinunciare ai vantaggi ottenuti sul campo e soprattutto non voleva che gli olandesi fossero riconosciuti come nuovo soggetto di diritto internazionale. Il nodo gordiano fu sciolto da Spinola e dall’arciduca Alberto. Dopo una pausa nelle comunicazioni con Valladolid, alla metà di dicembre, quando già l’accordo per la divisione dei ducati di Jülich-Kleve-Berg si era concluso (Trattato di Xanten, 12 novembre 1614), essi acconsentirono affinché Wesel fosse sgomberata al momento in cui gli olandesi si sarebbero allontanati da Jülich. Filippo III non diede il suo assenso a questa soluzione. Negli anni successivi, però, quanto siglato non ebbe alcuna esecuzione. Mentre i territori nord-occidentali dell’Impero costituivano il teatro di una guerra fredda tra le Province Unite e la Spagna, Spinola restò a Bruxelles, intento a sorvegliare tutti i movimenti di truppe. Nell’ottobre del 1615 inviò a corte una petizione per avere adeguati riconoscimenti finanziari da parte della Corona. Nell’aprile del 1617, poi, inviò Aurelio Spinola in Spagna per sollecitare un risultato positivo alle sue pretese. Oggetto di trattative, in quel frangente, era anche l’appoggio ufficiale del re per la concessione del berretto cardinalizio a suo figlio Agostino (effettivamente poi seguita l’11 gennaio 1621).
Spinola tornò in servizio attivo nel 1620. L’imperatore Ferdinando II, infatti, chiese l’aiuto del suo esercito per invadere il basso Palatinato, dopo che l’elettore del Palatinato, Federico V di Wittelsbach, aveva accettato l’elezione a re di Boemia ed era stato proscritto da un bando imperiale. Spinola partì da Bruxelles nella prima metà di agosto, diretto verso Treviri. Non ebbe praticamente resistenza da parte dei protestanti e occupò Kreuznach e Alzey; mosse quindi verso Oppenheim e consolidò la sua presenza nel Palatinato a ovest del Reno. La seconda metà dell’anno, però, la trascorse sorvegliando i movimenti dell’esercito olandese, che nel frattempo si era mosso in aiuto dei protestanti tedeschi e che cercava di riconquistare qualcuno dei centri occupati dagli spagnoli. Con il Trattato di Mainz (12 aprile 1621), si arrivò a un accordo: i protestanti avrebbero abbandonato le loro posizioni nel basso Palatinato e, in cambio, Spinola avrebbe sospeso le operazioni nell’area, impegnandosi a evacuarla in caso l’elettore Federico si fosse arreso alle condizioni dell’imperatore Ferdinando.
La tregua con gli olandesi stava per spirare. Spinola fu convocato dall’arciduca Alberto e organizzò il rientro della parte più consistente del suo esercito nei Paesi Bassi. La morte di Filippo III (31 marzo 1621) e quella dell’arciduca Alberto (13 luglio), come pure l’avvio del valimiento del conte duca di Olivares, favorirono la ripresa della guerra. Spinola concentrò a Maastricht le sue forze e si diresse verso Kleve e Jülich. In autunno iniziò l’assedio di quest’ultima e ne ebbe ragione dopo la metà del successivo febbraio. Con la presa di Jülich, accompagnata da altre conquiste in Renania, Spinola aveva a disposizione una base per il successivo passo: l’attacco da sud del territorio olandese. Invece, egli tentò la conquista di Berg-op-Zoom, situata a nord della foce della Schelda. Non fu un’azione fortunata: diminuito il numero degli effettivi per le continue diserzioni, fu costretto a ritirarsi, anche se in buon ordine.
Rientrato a Bruxelles nel giugno del 1623, programmò nuove azioni offensive nel Brabante. La campagna iniziò nella seconda metà di luglio del 1624. Dopo qualche incertezza, Spinola bloccò Breda con più di 30.000 uomini. Riuscì a respingere i tentativi di soccorso da parte di Maurizio di Nassau e del conte Ernst von Mansfeld. Si dispose, quindi, a un lungo assedio. Dopo quasi un anno, Spinola costrinse la città ormai stremata a capitolare, il 5 giugno 1625.
Il successo ebbe vasta risonanza. Dieci anni più tardi, il momento fu fissato da Diego Velázquez ne Las lánzas, una delle più celebri tele di soggetto storico dell’età moderna.
Spinola rimase nelle Fiandre ancora per qualche tempo, impegnandosi nella riorganizzazione dell’armata navale che doveva contrastare i commerci olandese e inglese. Immaginò altresì lo scavo di un canale tra il Reno e la Mosa, da Rheinberg a Venlo. Non poté però evitare che, nel 1627, Groenlo fosse riconquistata dagli olandesi.
Il 3 gennaio 1628, lasciò Bruxelles. Passò per la Francia, accompagnato dal figlio Filippo. Visitò addirittura l’accampamento francese che assediava La Rochelle, importante piazzaforte ugonotta. Quindi, alla fine di febbraio, arrivò in Spagna, dove rimase fra il 1628 e il 1629, mettendo in evidenza il precario stato delle difese di Fiandra. Entrò in contrasto a questo proposito con il conte duca di Olivares. Quindi, nella seconda metà del 1629, cadde gravemente ammalato. Soltanto alla fine dell’anno, Filippo IV gli ordinò di rientrare nelle Fiandre. Tuttavia, egli non si mosse: entro pochi mesi si impose un altro scenario di guerra.
In Italia divampava il conflitto per la successione di Mantova e del Monferrato, con intervento diretto dei francesi a fianco del pretendente Carlo Gonzaga-Nevers. Spinola, che pure non avrebbe voluto vedere la monarchia di Spagna coinvolta in quel conflitto, il 16 luglio 1629 fu nominato governatore dello Stato di Milano e comandante supremo dell’esercito spagnolo in Italia. A questi titoli aggiungeva quello di plenipotenziario per la conclusione della pace.
Giunto nella penisola, il 14 settembre, tentò di conquistare Casale, capoluogo del Monferrato assediato senza successo sin dalla fine di marzo del 1628 dal precedente governatore di Milano, Gonzalo de Cordoba. Aveva con sé 16.000 fanti e 4000 cavalleggeri. Nella stagione invernale 1629-30, si limitò a circondare la cinta cittadina. Con l’arrivo della primavera, però, intensificò le operazioni. Colse qualche successo iniziale, ma fu presto impegnato nel contenere e tentare di reindirizzare le iniziative politiche e militari del duca Carlo Emanuele di Savoia, alleato freddo e incostante della Spagna (preso com’era dai suoi propri disegni di potenza). Dopo la morte di questi, Spinola si trovò in dura contrapposizione anche con il nuovo duca di Savoia, Vittorio Amedeo, che – ritenendolo responsabile dei rovesci militari in Savoia e nel Piemonte contro i francesi – ricorse contro di lui alla corte di Spagna. Qui Spinola era ormai apertamente avversato dal conte duca di Olivares che lo riteneva troppo incline alla pace in Italia e inconcludente nelle iniziative militari. Il ruolo di Spinola fu fortemente ridimensionato: iniziate trattative di pace tra Francia, Spagna, Impero, Savoia e Mantova (con la mediazione pontificia), la plenipotenza generale già concessa gli venne ritirata. Né gli fu dato modo di dare l’assalto finale, quando l’assedio di Casale era quasi giunto al termine.
Cadde malato. Ritiratosi a Castelnuovo Scrivia, vi morì il 25 settembre 1630.
Aveva avuto quattro figli: Filippo, primogenito ed erede dei suoi titoli (soprattutto di quello di marchese di Los Balbases e di commendatore maggiore di Castiglia dell’Ordine di Santiago), Agostino (arcivescovo di Siviglia dal 1645), Polissena e Maria.
Fonti e Bibl.: A. Rodríguez Villa, A. S., primer Marqués de los Balbases, Madrid 1903; M. Herrero Sánchez, La red genovesa Spínola y el entramado transnacional de los marqueses de los Balbases al servicio de la Monarquía Hispánica, in Las redes del Imperio. Élites sociales en la articulación de la Monarquía Hispánica, 1492-1714, a cura di B. Yun Casalilla, Madrid 2009, pp. 110-115; J.I. Benavides, S. Capitán general de los Tercios. De Ostende a Casal, Madrid 2018.