BUONOMO, Ambrogio
Attore napoletano, nacque in data imprecisata nella seconda metà del sec. XVI. Secondo un documento citato dal Croce, era già attivo sulle scene napoletane verso il 1589, in una compagnia che recitava nella sala dell'Ospedale degli Incurabili. Successivamente entrò nella compagnia stabile della Stanza della commedia di San Giorgio de' Genovesi, costituita nel 1592-93 da Carlo Fredi e vi restò fino alla morte di lui nel 1615. Dopo questa data il B. si accordò con il genero del Fredi, Natale Consalvo, che ne ereditò teatro e compagnia. Sempre con il Consalvo formò una nuova compagnia il 9 marzo 1618; il contratto fu rinnovato il 20 febbr. 1619 e prevedeva, oltre alle consuete rappresentazioni nel teatro di San Giorgio de' Genovesi, recite a Messina nel corso dei mesi estivi. Nello stesso 1619 passò tuttavia in altro teatro napoletano, la Stanza di San Giovanni dei Fiorentini, dove lo chiamò il comico portoghese Antonio de Melo. Negli anni 1620 e 1621 restò ancora nel teatro dei Fiorentini, tenuto successivamente da due compagnie spagnole dirette, la prima, da Sancho de Paz, la seconda da Francisco de León. Dopo questi anni le sue tracce si perdono per qualche tempo: nel 1625 riappare in una compagnia napoletana non meglio identificata; nel 1627 ritornò con Sancho de Paz che recitava ora nella Stanza di San Bartolomeo. Con lui restò per parecchi anni, forse fino al 1634. Negli anni 1642 e 1643 risulta presente ancora al teatro di San Bartolomeo con il comico spagnolo Roque de Figueroa. Morì non molto tempo dopo, con tutta probabilità nel gennaio del 1646.
Il B. ebbe tre mogli: Filippa Riccia, Beatrice Sacco, Diana Raparo, dalla quale ebbe il 20 febbr. 1633 un figlio, Giovanni Battista.
In oltre mezzo secolo di attività sulle scene napoletane, il B., che recitò sempre nel ruolo di primo zanni con il nome di Coviello, si conquistò, in coppia con il secondo zanni, Andrea Calcese detto Ciuccio, fama di comico valentissimo. La sua specialità era costituita dagli intermezzi nei quali eccelleva per il gioco scenico abilissimo, imperniato sulla improvvisazione, su un vero, fuoco di fila di lazzi, di battute, di trovate mimiche esilaranti. Attore di schietta ispirazione popolare, seppe caratterizzare così compiutamente la sua maschera da restare nella tradizione della commedia dell'arte con una fisionomia ben precisa. Il suo personaggio si conquistò persino un posto nel teatro di Molière, che chiamò Covielle il servo astuto e intrigante del Bourgeois gentilhomme.
Bibl.: L. Rasi, I comici ital., I, Firenze 1897, pp. 532 s.; B. Croce, I teatri di Napoli, Bari 1916, pp. 36, 63, 75; U. Prota-Giurleo, I teatri di Napoli nel '600, Napoli 1962, pp. 13, 27, 37, 81, 179 ss.; Encicl. d. Spett., II, coll. 1333 s.