BUCCIARDO (Bocciardo, Bucciardi), Ambrogio
Di origine genovese, nacque in data imprecisata nella prima metà del sec. XV. Dovette trascorrere la maggior parte della vita in Levante, dove la presenza dei Bucciardo, mercanti genovesi, è attestata verso la metà del secolo. La sua parentela con la famiglia Cybo gli fruttò, dopo la elevazione al pontificato di Giovanni Battista Cybo che assunse il nome di Innocenzo VIII, il richiamo in Italia e la nomina nel dicembre del 1487 a commissario della marca di Ancona. La sua conoscenza della lingua e dell'ambiente turco non fu messa però a profitto dalla corte pontificia. Nell'ottobre del 1493 si fece in verità il nome suo, insieme con quello di Paolo Bucciardo (quello stesso per il quale l'arcivescovo Nicola incaricò nel 1487-88 Nofri Tornabuoni di trovare una sposa a Firenze per rafforzare i rapporti di amicizia e di parentela stretti da poco dai Cybo con i Medici), per una missione a Costantinopoli che svolse poi, nell'estate dell'anno successivo, il suo congiunto Giorgio Bucciardo.
Uscì dall'oscurità alla quale sembrava averlo condannato la maggior fortuna del suo parente, solo dopo che quest'ultimo abbandonò il servizio diplomatico.
Con il B. infatti sembra da identificare quel "noncio" che Giorgio Bucciardo nel dic. 1496 mandò. da Fano, dove si era ritirato presso l'arcivescovo Nicola Bucciardo, governatore della città, a Costantinopoli, con il compito di istigare i Turchi contro i Veneziani, e per conto del duca di Ferrara. Di questa oscura missione non si hanno altri particolari, certo è però che la notizia dei viaggi diplomatici dei Bucciardo in Turchia arrivò in quel torno di tempo alla corte di Milano, probabilmente con la mediazione del signore di Pesaro, Giovanni Sforza, con il quale non doveva essere difficile ai Bucciardo, raccolti in quel momento a Fano, stabilire rapporti.
Entrato al servizio sforzesco, il B. svolse la prima missione in Turchia per conto di Ludovico il Moro nel 1497 (fu accreditato a Báyazld II con dispaccio del 31 maggio). Ma di essa, come pure di quell'altra missione che probabilmente svolse nel 1498, non si ha alcuna notizia precisa.
Di una nuova missione, eseguita nella primavera del 1499 si hanno invece alcuni ragguagli da una lettera indirizzata da Roma il 18 aprile dal cardinale Ascanio Sforza al fratello Ludovico. A Roma Ascanio aveva saputo da Tommaso, fratello di Ambrogio, che egli era rientrato da poco a Pesaro da un viaggio a Costantinopoli "bene informato de la dispositione del grande Turcho, col quale pare che sij introducto in grande familiarità". Bāyazīd, al quale il Moro si era evidentemente rivolto per averne aiuto contro la minacciata discesa in Italia del re di Francia, mandava a dire che avrebbe fatto tutto il possibile per contrastare le ambizioni di Luigi XII, come già quelle di Carlo VIII, incaricando a tale fine il B. di stabilire "qualche bona intelligentia" con tutti i nemici italiani dei Francesi. Era quanto desiderava il Moro, che rimandò subito dopo il B. a Costantinopoli con il compito di indurre il sultano alla guerra contro Venezia, alleata di Luigi XII. Nel giugno il B. era già di ritorno e da Scutari, dove si fermò, indirizzò in data del 30 lettere al fratello Tommaso e al signore di Pesaro, che furono intercettate dai Veneziani. In esse annunciava l'inizio della campagna turca contro Venezia e il proposito di ritornare dal sultano, già in campo, con "cavalli e drapi". Queste lettere furono mostrate dall'ambasciatore veneziano a Roma al papa, sollecitato ad ottenere da Tommaso, residente a Roma, la conferma delle mene del fratello per spingere il sultano contro Venezia e a scomunicare quindi il Moro, reo di aizzare gli infedeli contro una potenza cristiana. In base alla denuncia veneziana Alessandro VI fece arrestare nell'agosto Tommaso Bucciardo, dal quale seppe, come scrisse l'ambasciatore sforzesco a Roma C. Guasco al Moro, "male cosse, mamme non avendo anchora Venetiani facto novità alcuna" contro Milano. Di queste rivelazioni di Tommaso, che fu rilasciato poco dopo per intervento del cardinale di S. Prassede con l'impegno di tenersi a disposizione per la conferma eventuale delle sue confessioni, il papa non fece però parola con l'ambasciatore veneziano al quale disse che Tommaso Bucciardo non aveva fatto alcuna ammissione e che sarebbe stato necessario dargli la corda per costringerlo a dire quello che sapeva. Intanto il B. si era dovuto trattenere a Scutari a causa di una malattia che lo aveva costretto a letto. Quando riacquistò la salute incontrò probabilmente di nuovo il sultano che l'aveva mandato a chiamare. Quindi rientrò in Italia e riprese contatto con il Moro, che il sopraggiungere dell'esercito francese aveva costretto a fuggire da Milano.
Nell'autunno si rimise in viaggio per una nuova missione a Costantinopoli insieme con un secondo agente sforzesco, Martino da Canale. La istruzione, in data del 10 nov. 1499, li incaricava di riferire al sultano che il Moro aveva perduto lo Stato, ma era fermamente deciso a riacquistarlo e contava sul suo aiuto. Báyazid doveva proseguire la guerra contro Venezia e possibilmente intensificarla, magari con l'invasione del Friuli. Nel caso gli fosse riuscito di costringere i Veneziani alla pace, avrebbe dovuto porre la condizione di abbandonare l'alleanza con la Francia, restituire al Moro Cremona e le altre terre ducali occupate, e assistere Giovanni Sforza, signore di Pesaro, contro le minacciose iniziative del papa. I due agenti dovevano rifornirsi a Bari, ancora feudo dello Sforza, e al ritorno da Costantinopoli passare per Napoli e riferire al re Federico il risultato della loro missione. Quindi dovevano raggiungere Pesaro e da lì Ragusa, dove li avrebbe attesi il segretario ducale Bartolomeo Sfondrato. Il B. e il Canale nel marzo del 1500 erano a Costantinopoli "con bombardieri per gitar spmgarde e passavolanti, qualli sono ancora de lì; et per lhoro fo ditto el signor Lodovico esser ritornato in Italia et recuperato il stato: niun li dà fede". Nel maggio erano già di ritorno a Ragusa. Ma il Moro, dopo un'effimera restaurazione del suo dominio (nel febbraio), il 10 aprile fu sconfitto definitivamente a Novara e, caduto nelle mani dei Francesi. fu rinchiuso nel castello di Loches.
Il B. restò così senza padrone, ma non si disanimò e tentò di offrire i suoi servizi ai Veneziani, assicurando di potere adoperare la sua indubbia influenza alla corte sultaniale per provocare la fine di quella stessa guerra, per Venezia quanto mai disastrosa, che egli in precedenza aveva tanto contribuito a suscitare. La sua offerta, presentata già nell'estate del 1500, fu respinta dai Veneziani, ma egli senza darsi per vinto ritornò ripetutamente alla carica, interessando anche le corti di Napoli e di Roma. Nel gennaio del 1501 Alessandro VI comunicò all'ambasciatore veneziano che il B. offriva i suoi buoni uffici per concludere la pace con i Turchi. Qualche tempo prima la stessa offerta era giunta ai Veneziani anche da Napoli. Ad Alessandro VI si era presentato Tommaso Bucciardo con una lettera del B. da Ragusa che offriva la sua mediazione per trattare la pace con il sultano. La risposta di Venezia fu di "danar il mal spirito di questo Buzardo, et le opere sue cative, qual sempre è stà causa di mal, e far mover il turcho". All'ambasciatore veneziano il papa confermò che il B. "era un ribaldo da non udir, dicendo: Dio perdoni Ascanio che lo mandò a Costantinopoli a persuader il turcho a la ruina di christiani!". Un suo ulteriore tentativo presso il papa nel febbraio 1501 non ebbe miglior fortuna, nonostante egli si preoccupasse di segnalare che il sultano stava preparando una nuova minacciosa offensiva. Questa è l'ultima notizia che resta del B., del quale non si conosce neanche la data della morte.
Fonti e Bibl.: B. Corio, Istoria di Milano, Padova 1646, pp. 980-982; D. Malipiero, Annali veneti, in Arch. stor. ital., VII (1843), 2, p. 716; Mittheilungen aus der diplomatischen Correspondenz der letzten Herzoge von Mailand, a cura di J. Müller, in Notizenblatt. Beilage zum Archiv für Kunde österreichischer Geschichtsquellen, 1856, p. 591; 1857, pp. 23 s., 37 s.; M. Sanuto, Diarii, II, Venezia 1879, ad Indicem;III, ibid. 1880, ad Indicem; T. Spandugnino, De la origine degli imperatori ottomani..., in Documents inédits relatifs à l'histoire de la Grèce au Moyen âge, a cura di C. N. Sathas, IX, Paris 1890, p. 172; G. Priuli, Diari, I, in Rerum Italicarum Scriptores, 2 ediz., XXIV, 3, a cura di A. Segre, p. 131; L. Thuasne, Djem-Sultan fils de Mohamed II,frère de Bayezid II (1459-1495), Paris 1892, p. 320; L.-G. Pélissier, Louis XII et Ludovic Sforza..., II, Paris 1897, pp. 371, 454; G. B. Picotti, in Archivio della Società romana di storia patria, XXXVIII(1915), p. 382; G. Soranzo, L'arma della disperazione di Lodovico il Moro alla vigilia della sua caduta, in Rend. dell'Istit. lombardo di scienze e lettere, LXXXVII (1954), pp. 245 ss.