BINDA, Ambrogio
Nato a Milano il 15 febbr. 1811 da Gaetano e da Teresa Aspersioni, e rimasto ben presto orfano, fu preso sotto tutela da uno zio farmacista a Gallarate. Nell'estate dell'anno 1818, con il consenso dello zio, il B. si impiegò a Milano presso la fabbrica di passamanerie Vigoni. Nel 1829 acquistò due vecchi telai con venti svanziche (circa lire 16,60; somma equivalente al salario di circa dieci giornate lavorative) e iniziò l'attività in proprio, producendo per la Casa Cesati pezze per la fattura dei bottoni. Nel 1833 sposava Angela Grugnola, dalla quale ebbe tre figli: Carlo, che si interessò all'industria cartaria, e seguì il padre a Vienna nel 1857 per accelerare le pratiche della costruzione della cartiera di Conca Fallata; Cesare, che si interessò all'industria dei bottoni; Girolamo, morto ancor giovane.
L'intensa attività artigianale del B., unita ad evidenti capacità tecniche e commerciali, gli permise di ingrandire la manifattura, spostandosi nel 1842 dal coperto dei Figini al corso S. Celso, pur continuando a mantenere l'unità abitazione-fabbrica; cinque anni dopo poteva acquistare una vasta area edificabile, a Porta Romana, per la nuova sede. Negli stessi anni il B. iniziava la produzione di bottoni di metallo e di ottone dorato in concorrenza con i fabbricanti di Prussia e di Francia; ma il fallimento del tentativo di esportare in America, e le difficoltà commerciali conseguenti ai rivolgimenti del 1848-1849 nel Lombardo-Veneto e in tutta l'Europa, lo portarono sull'orlo della bancarotta. Ripresosi però ben presto dalla congiuntura, e ultimata la costruzione della nuova sede della fabbrica di bottoni in corso di Porta Romana, il B. poté allargare ancora la sua attività. Nel 1855 rilevava la fabbrica di pettini di Giovanni Rautter, ma, in seguito a violente e frequenti agitazioni degli operai, preferì chiudere. Tuttavia, per recuperare l'investimento effettuato di recente e le spese incontrate nell'acquisto di nuove macchine per la lavorazione dei pettini, il B. dapprima commissionò lavoro a domicilio ai suoi ex dipendenti, poi favorì tra loro la costituzione della Società dei lavoranti pettinai vendendo loro i macchinari.
Sempre nel 1855 il B. pose le basi per quella che fu poi la maggiore attività sua e dei suoi eredi: l'industria cartaria. L'8 novembre infatti costituì, assieme ai due figli rimastigli e a venti soci, una società in accomandita (capitale iniziale di 500.000 lire in cinquanta azioni) per "la fabbricazione privilegiata di cartoni vegeto-minerali e di carta d'ogni genere", un tipo di carta gelatinosa introdotta dal B. per primo in Italia con la patente 1º ag. 1855. Poiché il governo di Vienna esitava a dare i relativi permessi, in base all'indirizzo politico di non favorire lo sviluppo industriale dei territori periferici, i lavori per la cartiera cominciarono solo nel 1857, lo stesso anno in cui, ma con effetto retroattivo, veniva registrata la società. Quando finalmente, circa due anni dopo, essa cominciò a produrre, il B. ottenne dai soci condizioni di favore, per l'introduzione di procedimenti di fabbricazione della carta di legno ancora poco noti in Italia, dove la carta era prodotta soprattutto da stracci. Grazie a questi procedimenti, e alle prestazioni inizialmente gratuite degli impiegati, e forse degli operai della fabbrica dei bottoni ai quali venne promessa l'assunzione nella cartiera a fine esercizio annuale, la nuova attività del B. ebbe una rapida espansione, favorita subito dopo il 1859 dalla enorme fioritura di giornali e riviste in Italia.
La cartiera di Conca Fallata sul Naviglio pavese divenne ben presto un piccolo centro alla periferia di Milano: il B. ebbe cura di costruire case, negozi e altri servizi civili per i suoi dipendenti. Nel 1869 il villaggio attorno alla cartiera contava, secondo il Lessona, mille abitanti. La nascita e lo sviluppo del piccolo centro intorno alla cartiera documenta, oltre che la intraprendenza commerciale del B., anche quel risveglio di attività industriali, nella seconda metà del secolo scorso, legate ad uno spirito nuovo, che concepisce la fabbrica anche dal punto di vista sociale, come impresa cioè che include nella sua organizzazione iniziative assistenziali tali da assicurare l'ordine e l'efficienza degli operai.
Nel 1868 il B., con un milione ottenuto a prestito, aveva rilevato la cartiera di Vaprio sull'Adda. Tre anni dopo, il mattino del 15 luglio 1871, un incendio distrusse quasi interamente la cartiera sul Naviglio; i danni furono di due milioni, e settecento operai rimasero disoccupati. La disgrazia, anche se non rallentò l'attività della ditta, dovette pesare sulla fibra del B., che morì il 3 apr. 1874.
Il B. era stato consigliere della camera di commercio di Milano (sezione industria) dal 1859 al '62 e dal '67 al '70. Nel 1856, alla Mostra universale di oggetti domestici di Bruxelles, aveva esposto la sua produzione di bottoni, e più tardi aveva partecipato alle Mostre universali di Parigi e di Milano, esponendo vari tipi di carta.
Fonti e Bibl.: Milano, Arch. storico della Camera di Commercio,Notifiche Generali, Documenti dimessi, n. 2407, protoc. gen. n. 1654 (è un gruppo di documenti relativi alla ditta). Si distinguono gli scritti che, seppure partendo da notizie esatte, hanno intento celebrativo, e quelli che documentano, più o meno ampiamente, il suo apporto all'industria, soprattutto cartaria. Tra il primo gruppo è da porre: M. Lessona,Volere è potere, Firenze 1869; A. Alfani,Battaglie e vittorie,nuovi esempi di Volere è Potere, Firenze 1890; A. Caprari, A. B.: racconto ad uso di lettura nelle scuole primarie, Parma 1874; F. Ravizza, A. B. nei suoi tempi e oggidì, in L. Diotallevi,Catalogo della biblioteca A. B. della Famiglia Meneghina, Milano 1955, pp. IX-LIX. Per l'attività industriale, si veda inoltre: R. Tremelloni,Storia dell'industria italiana contemporanea, Torino 1947, pp. 202 s.; A. Fossati,Lavoro e produzione in Italia dalla metà del sec. XVIII alla seconda guerra mondiale, Torino 1951, p. 257; G. Are,Il problema dello sviluppo industriale nell'età della destra, Pisa 1965, pp. 292 s., oltre alle pp. 339-348 del Lessona, e 148 ss. dell'Alfani.