BERCHET, Ambrogio
Nato a Parma il 7 dic. 1784 da Amadio, medico di corte, e da Anna Trombara, di famiglia abbiente, il 18 dic. 1805 si arruolò come soldato semplice nel corpo dei veliti dell'esercito del Regno italico. Servì in Dalmazia e poi in Albania (1806-1808), conseguendo i galloni di sottotenente (1807); 1809 combatté contro gli Austriaci meritandosi a Presburgo la croce di cavaliere della Legion d'onore. Tenente verso la fine del 1810 e capitano nel 1812, fece parte del contingente italiano della Grande armata. Partecipò a tutta la campagna di Russia, e più tardi, nel celebre corpo dei Cacciatori della Guardia, prese parte alle ultime campagne dell'Impero, rimanendo ferito a Gersdof e meritandosi due volte l'Ordine della Corona di ferro.
Dopo la Restaurazione ebbe il grado di sottotenente della guardia del corpo (equivalente a quello di maggiore nei reggimenti di linea) nel riorganizzato esercito parmense.
Sciolto il reparto perché sospetto di nutrire sentimenti anti-austriaci, fu trasferito al comando del reggimento "Maria Luigia" a ricoprirvi le mansioni di capo di Stato Maggiore. Godendo dell'appoggio e della stima del conte Adam di Neipperg, ebbe diversi incarichi speciali. Li svolse in quella singolare atmosfera che si era determinata attorno alla sovrana, alla quale i liberali mostravano di guardare non tanto come ad una figlia dell'imperatore d'austria e moglie morganatica del conte di Neipperg, ma quale ex consorte di Napoleone e madre del duca di Reichstadt.
Nel 1821, in seguito alla scoperta nel ducato di Modena della setta dei Sublimi Maestri Perfetti, dalle deposizioni degli arrestati (aprile 1822) si venne a conoscenza che eguale organizzazione segreta aveva ramificazioni anche a Parma, e in questa città, per desiderio del duca di Modena, venne inviato un elenco di persone implicate nel complotto: tra queste era anche il B., che in effetti aveva partecipato a riunioni segrete e si era impegnato, nel caso l'esercito piemontese si fosse mosso, a mettere a disposizione dei ribelli il suo reggimento. Il governo di Parma procedette ad arrestare gli accusati, tranne il B., protetto dal Neipperg: egli allora si costituì spontaneamente (27 ottobre), ma il 17 nov. 1822 il tribunale lo proscioglieva da ogni accusa. Poco dopo però, in seguito a piú circostanziate accuse, il B. venne nuovamente incarcerato e questa volta, con sentenza del 25 sett. 1823, condannato a dieci anni di reclusione. Nel 1825, intervenuta un'amnistia, gli fu concesso di optare per l'esilio: andò a Londra e a Brighton, dove insegnò il francese e l'italiano in un collegio femminile. Dopo il 1833 poté tornare in Italia e ne approfittò per recarsi frequentemente in patria, subendo più volte misure di polizia.
Nel 1848 lasciò definitivamente Brighton per l'Italia ed offrì i suoi servizi al governo provvisorio parmense. Reintegrato nel grado, organizzò la guardia nazionale del ducato; poco dopo, lasciava Parma alla testa di un reparto costituito da un battaglione di guardie mobili e da un battaglione di riservisti piemontesi per congiungersi alle forze comandate dal generale Sambuy in Reggio Emilia. Dopo l'armistizio Salasco riusciva a portare quello che rimaneva delle sue truppe a Torino, mettendosi a disposizione dell'esercito sardo: ebbe l'incarico di esaminare lo stato di servizio degli ufficiali parmensi e modenesi che volevano arruolarsi in quell'esercito. Ripresa la guerra, nel 1849 fu nominato colonnello capo di Stato Maggiore della legione lombarda, il cui comando doveva essere affidato al generale Ramorino. Testimone a carico nel processo che portò quest'ultimo alla fucilazione, fu sfidato a duello dal colonnello Sanfront. Collocato in aspettativa dopo Novara e poi a riposo (8 apr. 1849), visse a Torino.
Nel 1859 ebbe dal Farini, dittatore del governo provvisorio dell'Emilia, la nomina onoraria a maggiore generale, e nel 1860 fu chiamato a giudice nel Supremo tribunale di guerra. Nel 1862 rassegnava le dimissioni e si ritirava a vita privata.
Morì a Torino il 7 dicembre 1864.
Bibl.: E. Casa, I carbonari parmigiani e guastallesi... del 1821 e la duchessa Maria Luigia imperiale, Parma 1904, pp. 285-304 e passim; R. Montali, Il gen. A. B., in La giovane montagna, Parma, 1° sett. 1937; G. Cavaberi, Il fervente patriota C. Franceschini..., Reggio Emilia 1962, passim; P. Pieri, Storia militare del Risorgimento, Torino 1962, p. 287; F. Lemmi, Storia d'Italia fino all'Unità, Firenze 1965, p. 443; Diz. del Risorgimento naz., II, pp. 242 s.