Amativa d'onore
. È la sesta delle undici virtù elencate da D. nel catalogo redatto in Cv IV XVII 4-6, sulla scorta di Aristotele: La sesta si è Amativa d'onore, la quale è moderatrice e ordina noi a li onori di questo mondo (§ 5). L'espressione è volgarizzamento del latino amativa o amor honoris, che traduceva come variazione della traslitterazione philotimia il termine aristotelico φιλοτιμία (" amore d'onore "). La forma amativa è analoga alla forma amativus che traduceva φιλητικός. In realtà A. d'o. non era una virtù per Aristotele, bensì uno dei due estremi e precisamente l'eccesso (il difetto era la ἀφιλοτιμία, il non amor honoris), di una virtù che il filosofo dichiarava indeterminabile, " medietà senza nome ", ἀνώνουμος μεσότης, e che avrebbe dovuto designare la giusta disposizione rispetto all'onore.
Infatti, dopo aver definito la magnanimità come virtù che ricerca i grandi onori, e quindi commisurata ai grandi uomini, Aristotele introduce la trattazione (Eth. IV 4, 1125a 35 ss.) di questa virtù ‛ anonima ' che, stando alla magnanimità come la liberalità alla magnificenza, ricerca i piccoli onori ed è quindi commisurata all'uomo comune. Questa virtù è anonima, per Aristotele, in quanto i due eccessi di cui è termine medio - l'A. d'o. cioè e il suo opposto - possono, a seconda delle circostanze, considerarsi ora l'uno ora l'altro come la virtù stessa: " Est autem quoniam amatorem honoris laudamus, ut virilem et amatorem boni, non amatorem autem honoris, et moderatum, et temperatum... Laudatur igitur habitus hic medietas existens circa honorem innominatus. Videtur autem ad amorem honoris [φιλοτιμία] quidem non amor honoris [ἀφιλοτιμία], ad non amorem honoris autem amor honoris; ad utraque autem utraque qualiter ".
Ma in seguito passò nell'uso denotare tale virtù con il suo eccesso positivo, cioè l'A. d'onore. Spiega Alberto Magno (Eth. IV II 8 e 7): "Adhuc autem quamvis ambae dispositiones, φιλοτιμία scilicet et ἀφιλοτιμία, sive ambitio et pusillanimitas, mediae opponantur dispositioni: plus autem opponitur pusillanimitas sive ἀφιλοτιμία eo quod intendit in oppositum; et deterior est, eo quod ad nullum bonum erigit animam "; " Medius autem inter hos innominatus proprio nomine... Veruntamen communiter loquendo dispositio philotimi dicitur philotimia ".
D. quindi si adegua a un uso comune, e così pure nel considerarla virtù che ordina noi a li onori di questo mondo. La formula è in correlazione con quella riguardante la magnanimità la quale è acquistatrice de' grandi onori e fama, nello stesso senso in cui la liberalità riguarda le cose temporali mentre la magnificenza regola le grandi spese. Gli onori di questo mondo, come le cose temporali, sono quindi i ‛ mediocri ', quelli cioè a cui ogni uomo può aspirare. Scrive Egidio Romano in De Regimine principum (I II 3 e 24): " Honor... vel est mediocris, et tunc est quaedam virtus, quae communi nomine dici potest honoris amativa sive honoris amor. Si autem honor ille sit magnus, et tunc dicitur magnanimitas "; " circa honores est duplex virtus. Una quae respicit honores mediocres: et ut sunt proportionati nobis. Et haec a Philosopho dicitur honoris amativa. Alia est quae respicit magnos honores: ut magnanimitas ".