AMAT di San Filippo e Sorso, Luigi
Discendente da nobile famiglia catalana, trasferitasi in Sardegna durante la dominazione spagnola, nacque a Sinuai (Cagliari) il 20 (secondo altri il 21) giugno 1796 da Giovanni, marchese di San Filippo, e da Eusebia di Sorso. Frequentò le scuole di retorica e di lettere nel collegio di S. Giuseppe, presso gli scolopi, e a 19 anni conseguì la laurea in giurisprudenza all'università di Cagliari. Nel 1818 si recò a Roma, dove continuò gli studi presso l'Accademia dei nobili ecclesiastici. Nel febbraio dell'anno successivo, anche per l'interessamento del segretario di Stato cardinale Consalvi, fu ammesso tra i prelati domestici di S. Santità e fra i protonotari apostolici; fece pure parte della Congregazione del Buon Governo e del tribunale criminale, e nello stesso anno fu inviato a Bologna come vice-legato del cardinale Spina. Promosso nel 1822 delegato apostolico della città e ducato di Benevento e nel 1823 di Spoleto e Rieti, il 9 aprile 1827 fu nominato arcivescovo in partibus di Nicea e inviato come nunzio apostolico presso la corte di Napoli. Qui fu di particolare aiuto alla S. Sede durante i moti del 1831, controllando i movimenti degli elementi rivoluzionari nel Regno delle Due Sicilie. Nel novembre del 1831 fu destinato nunzio a Madrid. Per la situazione politica della Spagna poté giungere in sede solo dopo la morte di Ferdinando VII (1833), e a Madrid la sua missione, a causa della grave crisi scoppiata per i contrasti tra carlisti e cristini e delle incertezze della S. Sede nel riconoscere il governo di Isabella, si esplicò unicamente in qualche atto di ministero spirituale, soprattutto durante il colera. Le relazioni diplomatiche tra i due stati, fino ad allora solo formali, si ruppero definitivamente nell'agosto del 1835 con l'allontanamento dell'A., che, prima di ritornare a Roma, si fermò per breve tempo a Parigi; nel concistoro del 19 maggio 1837 fu fatto cardinale con il titolo di S Maria in Via.
Il 19 novembre dello stesso anno l'A. fu inviato come legato a Ravenna, con facoltà straordinarie anche per Bologna, Ferrara e Forlì, ove ebbe modo di mostrare qualità di ottimo governante e ammini stratore, così da ottenere, dopo un triennio, il rinnovo della carica, anche per le richieste degli abitanti di quelle provincie.
In un periodo di particolare fervore politico e in una zona dove i contrasti tra le varie correnti erano spesso molto aspri, il cardinale si distinse per larghezza e modernità d'idee e per il suo spirito liberaleggiante: l'A. era in ottimi rapporti con gli elementi più avanzati tra i moderati e in particolar modo con L. C. Farini. "Il cardinale A. è dei pochi zelatori della moderazione, del progresso e delle riformazioni", scriveva questi (Epistolario di L. C. Farini, I, p. 516). Tale orientamento si rivelò nella sua politica amministrativa, che fu oculata e riformatrice. L'A. s'interessò ai problemi dell'agricoltura, favorendo la creazione di stabilimenti industriali a essa connessi, e agevolò gli scambi commerciali mediante l'apertura di nuove strade provinciali. Per impedire ogni forma di speculazione e di usura e incoraggiare nello stesso tempo il risparmio nelle classi povere, promosse l'apertura di numerose Casse di Risparmio in Ravenna e nella provincia.
Questa politica s'incontrava spesso con quella del cardinal Mastai, allora legato d'Imola, con cui l'A. era in perfetto accordo di vedute e di metodo sia per quel che riguardava la politica amministrativa sia nel prevenire ed eliminare i pericoli di ogni possibile cospirazione.
Poco prima dei fatti di Savigno dell'agosto 1843 l'A., infatti, aveva ritenuto opportuno fare allontanare dalle provincie gli agitatori politici più in vista, e con un passaporto rilasciato al conte F. Lovatelli aveva permesso che sia questi sia ilFarini e T. Rasponi uscissero tranquillamente dallo stato. Scoppiati i moti a opera degli elementi più estremisti, tra cui i fratelli Muratori, l'A. riuscì a fermare e disperdere le bande dei rivoltosi. Nel settembre prevenne e sventò un'imboscata tesa, a lui ed ai cardinali Mastai e Falconieri, da I. Ribotti. L'A., che era stato sempre contrario a dure misure repressive, entrò spesso in contrasto con il legato di Bologna, cardinale Ugo Spinola, personalità intransigente e severissima, e forse proprio a causa di questi cattivi rapporti fra i due il 17 novembre l'A. fu richiamato dal papa e sostituito dal cardinale Francesco Saverio dei principi Massimo.
Tornato a Roma, l'A. fu nominato prefetto della Sacra Congregazione di Propaganda Fide e presidente della Reverenda Camera degli Spogli. Salito al trono Pio IX, gli fu affidata la legazione di Bologna, dove giunse il 3 genn. 1847. Sulla scia della nuova politica del pontefice, l'A. appoggiò calorosamente le aspirazioni nazionali dei suoi amministrati, s'interessò e discusse ivari progetti tendenti a migliorare i rapporti tra gli stati italiani e a costituire unioni doganali, o prospettanti soluzioni federalistiche. Propose come membri della consulta M. Minghetti insieme con A. Silvani e altri, tutti di provata fede liberale.
Nel luglio '48 - assente l'A., a Porretta per una cura termale - le truppe austriache occuparono Bologna; i Bolognesi, nella giornata dell'8 agosto, riuscirono a cacciare il nemico, ma la città per alcuni giorni rimase in preda a disordini. L'assenza del legato, sostituito dal conte C. Bianchetti, liberale, dette luogo ad aspre critiche. Indubbiamente l'atteggiamento del cardinale non fu così deciso e pronto come la situazione avrebbe richiesto. L'A. accettò poi l'incarico di commissario straordinario per le quattro legazioni e, ritornato a Bologna, ristabilì l'ordine, ma subito dopo chiese insistentemente al papa che fossero accettate le sue dimissioni. "Io mi sono prestato bastantemente, io forse mi sono compromesso, io potrei... ma è tempo di finirla, ed in questo modo e con questi mezzi un Cardinale non sta", ebbe a scrivere (Epistolario di L. C. Farini, II, p. 677).
Ottenuto l'esonero dalla carica, si recò in un primo momento in Umbria, a Magione, donde raggiunse poi Pio IX a Gaeta. Nel 1852 l'A. fu proposto da Vittono Emanuele II a Pio IX per l'arcivescovato di Torino, allora vacante, ma il papa rispose negativamente. In occasione delle trattative Pantaleoni-Passaglia per la soluzione della questione romana, l'A. si mostrò propenso a favorire le proposte del Cavour. Passò gli ultimi anni negli uffici della Curia e nel ministero pastorale. Nel 1853 fu nominato cancelliere di Santa Romana Chiesa e sommista delle lettere apostoliche. Era stato già nominato nel 1852 vescovo di Palestrina, dove si dedicò alla riorganizzazione degli studi ecclesiastici e a opere caritatevoli e assistenziali; nel 1870 fu creato vescovo di Porto e nel '77 di Ostia e Velletri, e decano del S. Collegio. In gravi condizioni di salute, partecipò al conclave nel quale fu eletto Leone XIII, e morì poco dopo, il 30 marzo 1878.
Fonti e Bibl.: Archivio Segreto Vaticano, Nunz. di Napoli, rubrica 252, buste 461, 463, 464(1827-1831); Nunz. di Spagna, rubrica 249, buste 438, 439 (1831-1835); Legazione di Ravenna (1837-1843), rubrica 93, buste 219-220; Legazione di Bologna (1847-1848), rubrica 89, buste 203, 204, 205, 207, 208; L. C. Farini, Lo Stato Romano dall'anno 1815 al 1830, voll. 4, Firenze 1853, passim; Massimo d'Azeglio e Diomede Pantaleoni. Carteggio inedito, con prefazione di G. Faldella, Torino 1888, pp. 155, 291, 293, 366 s., 463; M. Minghetti, I miei ricordi, voll. 3, Roma-Torino-Napoli 1888-1890, passim; Cospirazioni di Romagna e Bologna nelle memorie di F. Comandini e di altri patriotti del tempo (1831-1857), a cura di A. Comandini, Bologna 1899, pp. 40, 41, 43, 47, 58, 61, 144, 163, 492, 493, 597, 600; L. C. Farini, Epistolario, a cura di L. Rava, voll. 2, Bologna 1911, passim; G.Leti, Roma e lo Stato Pontificio dal 1849 al 1870 - Note di storia politica, Ascoli Piceno 1911, I, pp. 67, 164, 170, 274 n., 313, 314, 346; II, pp. 18, 194, 195; E. Castellani, Il moto di Romagna dell'agosto 1843, Milano 1917, pp. 134, 137 s.; La Questione Romana negli anni 1860-1861 - Carteggio del Conte di Cavour con D. Pantaleoni, C. Passaglia, O. Vimercati, Bologna 1929, I, pp. 57,67 s., 69, 77, 85,271; II, pp. 8, 123; Patrioti e legittimisti delle Romagne nei Registri e nelle Memorie della Polizia (1832-1845), a cura di G. Maioli e P. Zama, Roma 1935, pp. XXVI, XXXIV, 76, 78, 87, 103, 106; Lettere di F. Orsini, a cura di A. M. Ghisalberti, Roma 1936, pp. 15, 95, 96, 97; A. M. Ghisalberti, Nuove ricerche sugli inizi del pontificato di Pio IX e sulla Consulta di Stato, Roma 1939, pp. 12, 45, 70, 73, 75,100, 130, 196, 198; R. Galli, I primi "casi di Romagna" alla luce di alcuni documenti inediti dell'Archivio Segreto Vaticano, in Rass. stor. del Risorgimento, XXVIII (1941), pp. 155-206; P. Pirri, Pio IX e Vittorio Emanuele II dal loro carteggio privato, I, La laicizzazione dello Stato Sardo (1848-1856), Roma 1944, pp. 87, 95 s.,98; II, 1, La Questione Romana (1856-1864), ibid. 1951, pp. 222, 357; G. Maioli, Pio IX. Da Vescovo a Pontefice. Lettere al card. L. Amat (agosto 1839-luglio 1848), Modena 1949; E. Morelli, La politica estera di Tommaso Bernetti, Segretario di Stato di Gregorio XVI, Roma 1953, passim; A. M. Ghisalberti, Orsini minore, Roma 1955, pp. 82, 83, 217; G. De Marchi, Le nunziature apostoliche dal 1800 al 1956, Roma 1957, pp. 176, 236; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclds.,II, coll. 980 s.