MANNELLI, Amaretto
Nacque a Firenze negli anni Trenta del XIV secolo da Zanobi di Lapo di Coppo.
I Mannelli, magnati fiorentini di un'antica casata d'Oltrarno, avevano torre, case e altre proprietà presso il ponte Vecchio, nei dintorni della piazza di S. Felicita. Zanobi fu uomo d'armi e si distinse nella cacciata da Firenze del duca di Atene Gualtieri di Brienne nel 1343; con il riordinamento del regime repubblicano fu eletto tra i Priori. Privato degli uffici in quanto magnate, nel 1351 fu ascritto all'ordine popolare.
Le prime notizie del M. riguardano la sua partecipazione alla difesa di Poggibonsi e di altre piazzeforti contro i Pisani nel 1354. All'anno successivo risale il matrimonio con Zenobia di Domenico di Lippo Guidalotti Rustichelli, dalla quale ebbe almeno cinque figli: Francesco, Zenobio, Angela, Simona, Nesa (Agnese). Da un successivo matrimonio, con una non meglio identificata Maddalena, nacque, tra gli altri, Ramondo (o Raimondo), capitano marittimo.
Essendo escluso dai pubblici uffici in quanto magnate, il 9 ott. 1361 il M. rinunciò per sé e per i figli alla consorteria, facendosi popolano con il cognome di Pontigiani. Per gli anni 1363 e 1366 risultano suoi interventi nei Consigli cittadini (Diario d'anonimo, pp. 233, 237), mentre tra il 1366 e il 1373 fu più volte podestà. Nel 1377 fece parte della magistratura dei Dodici buonuomini fiorentini, ma solo pochi mesi dopo, sul principio del 1378, fu ammonito dal capitano del Popolo di parte guelfa per l'adesione al movimento che nel 1378 doveva sfociare nel tumulto dei ciompi.
Sotto il nuovo regime il M. fu armato cavaliere, ma nel febbraio 1382, cessato il governo del Popolo magro, fu condannato all'esilio. Sei anni dopo, il bando veniva esteso a tutta la famiglia Mannelli del "popolo" di S. Felicita. Il M. morì fuori da Firenze, forse in Catalogna, il 1° nov. 1398; nel febbraio 1399 la vedova Maddalena riscuoteva per sé e per il figlio Ramondo un pagamento dalla compagnia commerciale di Matteo del Tegghia.
Ramondo (Raimondo), figlio del M. e della seconda moglie Maddalena, nacque nel 1390 verosimilmente nell'esilio catalano.
Nell'agosto del 1431 fu al comando di una delle tre galee fiorentine affiancate alla flotta veneziana, comandata da Pietro Loredan, stazionata dinanzi a Genova allo scopo di spingere i Genovesi a insorgere contro il dominio visconteo. A Rapallo Ramondo fu l'artefice della vittoria - la sola negli annali marittimi della Repubblica fiorentina - delle flotte alleate contro la flotta genovese viscontea. Ramondo decise le sorti della battaglia navale investendo lateralmente la nave ammiraglia genovese al comando dell'ammiraglio Francesco Spinola e nell'operazione "had to stand over his helmsman with an axe to make him close with the Genoese galley" (Mallett, p. 106).
Con la condanna all'esilio del M., nel 1382 si concludeva un cinquantennio di alterne fortune per la famiglia Mannelli. Nel luglio del 1322 un incendio divampato sul ponte Vecchio aveva distrutto molte delle loro case; probabilmente la famiglia aveva risentito inoltre dei fallimenti finanziari dei Bardi, Peruzzi e Acciaiuoli del 1345: un rotolo di pergamena conservato nell'archivio privato dei marchesi di Tempi contiene i nomi dei creditori di Amaretto de' Pontigiani (cfr. Papa).
È verosimile che la famiglia abbia cercato fortuna in Catalogna, dedicandosi ai commerci a Valencia e Barcellona, dove forse si stabilì il M. all'indomani della condanna. Alla fine del secolo il notaio Lapo Mazzei, aggiornando il mercante Francesco Datini su un suo fondaco presso Barcellona, riferiva notizie dei "Mannelli di Barzalona". Il rimatore Manetto di Filicaia inviò nel 1365-68 un sonetto all'amico Domenico Mannelli, residente a Barcellona. Nel 1427 il figlio del M., Ramondo, dichiarava di non avere alcuna proprietà in Firenze, vivendo a pigione presso lontani parenti, e censiva i suoi proventi dai traffici con Barcellona, Montpellier e Avignone, oltre a enumerare una lunga serie di crediti e relazioni commerciali con società che avevano sede in Catalogna.
A un Amaretto Mannelli si attribuiscono la composizione e la trascrizione di una Cronachetta di storia universale dalle origini del mondo al 1313. Il codice che la conserva (Firenze, Biblioteca nazionale, Panciatichiano, LXV, cc. 41-100) riporta al termine della trascrizione la sottoscrizione autografa "Chonpito da me Amaretto a dì XXX Agosto 1394" e una nota, datata al 1471, che vi aggiunge "Questo Amaretto di Donino istette a Valenza gran tempo in un'accomanda di Antonio di ser Bartolomeo di ser Nello e lì si morì e fece molte faccende". La tradizionale attribuzione al M. dell'opera non tenne in alcun conto quella testimonianza che, per quanto tarda e indiretta, sembrava voler indicare per autore un certo Amaretto di Donnino. Al di là della dibattuta questione sul fatto che il M. debba essere considerato autore (o meglio, compilatore) o mero copista dell'opera (come vuole Follini), risulta evidente la problematicità dell'attribuzione al M. della Cronichetta esclusivamente sulla base del colophon citato. Amaretto Mannelli è giudicato anche il copista di un importante testimone dei Fioretti di s. Francesco completato "per […] Amoretto [sic] lunedì a dì XVII di luglio anno domini MCCCLXXXXVI" (Firenze, Biblioteca nazionale, Palatino, 144, c. 115r). L'editore (I fioretti di sancto Franciescho secondo la lezione del codice fiorentino scritto da Amaretto Mannelli, a cura di L. Manzoni, Roma 1902) ritenne una sola persona Amaretto e il trascrittore dell'opera di Boccaccio del ms. conservato presso la Biblioteca Medicea Laurenziana XLII.1, che è invece opera del figlio del M., Francesco.
Il primo editore dell'opera storica, Domenico Maria Manni (Cronichette antiche di varj scrittori del buon secolo della lingua toscana, Firenze 1733, pp. 1-124), lesse piuttosto "Domno", abbreviazione per Domenico, nella nota quattrocentesca e stabilì doversi chiamare l'autore della Cronichetta Amaretto di Domenico Mannelli. Dobbiamo a Luigi Passerini un'attenta perlustrazione delle carte che riguardano la famiglia ed egli ne trasse un albero genealogico nel quale sono presenti due soli Mannelli di nome Amaretto, nonno e nipote. Si tratta del M. e del figlio di Ramondo, indicato nel catasto del 1427 (trentatré anni dopo l'allestimento del manoscritto Panciatichiano) come "nato di pochi dì". Domenico è invece il nome di uno dei molti figli del Mannelli. Passerini ritiene che egli sia nato dopo il 1361 evincendolo ex silentio dal fatto che non viene nominato nella rinuncia al cognomen familiare fatta dal M. nell'ottobre di quell'anno. Lo studioso esclude così l'ipotesi che un eventuale Amaretto, nato da Domenico non prima degli anni Ottanta del Trecento, avrebbe potuto compilare o trascrivere la Cronaca. Nulla è noto invece della discendenza di quel Domenico, amico familiare di Manetto di Filicaia, che si trovava a Barcellona prima del 1368.
Mantenendo la ricerca nell'ambito della famiglia Mannelli, il M. rimane il candidato più probabile per l'attribuzione delle due opere: nulla vieta infatti che nel 1394 potesse concludere la sua opera storica e nel 1396 completare la trascrizione dei Fioretti dal momento che non doveva essere poi in età troppo avanzata essendo il figlio Ramondo nato nel 1390. Si può inoltre rilevare l'incipit della cronaca ("Al nome di Dio a dì XXI di luglio 1394 la vi[gi]lia di s[an]cta Maria Maddalena") e ricordare come la cappella di famiglia dei Mannelli, nella chiesa di S. Felicita, fosse intitolata proprio alla Maddalena.
Accogliendo l'attribuzione dell'anonima nota del 1471 a quell'Amaretto di Donino o Domenico che risiedette molti anni a Valenza, ci si dovrà invece distogliere dal cercare un Amaretto di Domenico Mannelli o da identificarlo nel Mannelli. Il personaggio indicato dalla nota non solo è esistito, e fu altra persona dal M., ma si trova anche indicato tra i suoi debitori nella portata al Catasto fiorentino del 1427 di Ramondo Mannelli: "Maretto di Donino e compagni di Valenza".
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Tre Maggiori Uffici, regg. 223, c. 146; 595, c. 75; Catasto, S. Spirito "gonfalone" della Scala, XVI (anno 1427), cc. 571-573; Firenze, Biblioteca nazionale, Fondo Passerini, ms. 86, n. 36; Delizie degli eruditi toscani, XIV (1781), pp. 177, 188, 257; XVI (1783), p. 87; Diario d'anonimo fiorentino, a cura di A. Gherardi, in Documenti di storia italiana, VI, Firenze 1876, pp. 233, 237, 351, 361, 437, 470; L. Mazzei, Lettere di un notaio a un mercante del sec. XIV, a cura di C. Guasti, Firenze 1886, II, p. 96; G. Villani, Nuova cronica, a cura di G. Porta, II, Milano 1991, p. 356 (lib. X, 158); Il Decameron di messer Giovanni Boccaccio tratto dall'ottimo testo scritto da Francesco d'A. Mannelli sull'originale dell'autore, [Lucca] 1761, pp. I-XX; V. Follini, Sopra la cronaca di A. M., in Atti della Imperiale e Reale Accademia della Crusca, I (1819), pp. 153-163; L. Passerini, Note sulla famiglia Mannelli, in Lettera di Ramondo d'Amaretto Mannelli intorno alla battaglia navale combattuta tra Fiorentini e Veneziani confederati e Genovesi sottoposti al duca di Milano nell'agosto del 1431, a cura di F. Polidori, in Arch. stor. italiano, App., 1842-44, t. 1, pp. 137-142; D. Tiribilli Giuliani, Sommario storico delle famiglie celebri toscane, II, Firenze 1868, s.v.; C. Guasti, Raimondo Mannelli alla battaglia di Rapallo, in Archivio veneto, X (1875), pp. 54-70; L. Manzoni, Di una nuova edizione dei Fioretti di s. Francesco secondo il testo d'A. M., Bologna 1887; P. Papa, Relazione sopra alcuni archivi privati di Firenze, in Atti del IV Congresso storico italiano… 1889, Firenze 1889, p. 11; Fioretti di sancto Francesco. Codice di A. M. (1396), Foligno 1923; E. Levi, Botteghe e canzoni della vecchia Firenze, in Nuovi Studi medievali, III (1927), 1, pp. 121-127; Mostra di codici romanzi delle biblioteche fiorentine. VIII Congresso internazionale di studi romanzi… 1956, Firenze 1957, p. 148; Q. Damiani, Raffronto tra alcuni codici a stampa dei Fioretti e il codice di A. M., in Collectanea Franciscana, XXVIII (1958), pp. 397-400; M.E. Mallett, The Florentine galleys in the fifteenth century, Oxford 1967, ad ind.; F. Pezzarossa, La tradizione fiorentina della memorialistica, in G.M. Anselmi - F. Pezzarossa - L. Avellini, La "memoria" dei mercatores, Bologna 1980, p. 126; F. Melis, La banca pisana e le origini della banca moderna, Firenze 1987, pp. 145 s.; V. Branca, La tradizione delle opere di Giovanni Boccaccio, II, Roma 1991, ad ind.; Rep. font. hist. Medii Aevi, III, pp. 437 s.