AMĀN
. Parola araba significante "sicurezza, protezione" della vita e degli averi accordata a qualcuno che altrimenti sarebbe fuori legge, "salvacondotto". È vocabolo entrato nell'uso corrente della letteratura coloniale francese dopo l'inizio della conquista dell'Algeria (1830): la tribù tale ha chiesto od ottenuto dal vincitore l'amān; il tale ha avuto l'amān per recarsi dal nemico, ecc. Il concetto di amān ha un posto larghissimo nel diritto pubblico dell'islamismo; solo in virtù di amān accordato singolarmente o collettivamente dall'autorità musulmana lo straniero infedele può entrare e soggiornare in terra islamica; di qui la necessità che i mercanti delle repubbliche marinare italiane avevano nel Medioevo di procurarsi siffatti documenti di sicurtà o salvacondotti (kitāb amān) collettivi dai sovrani musulmani della Tunisia e dell'Egitto, dei quali documenti possono vedersi parecchi esempî in M. Amari, I diplomi arabi del R. Archivio fiorentino, Firenze 1863. Gli stranieri infedeli ammessi a temporanea dimora in terra musulmana sono detti musta'min "che hanno chiesto ed ottenuto l'amān", vocabolo reso con le inesatte perifrasi di "un étranger habitant le pays de l'islam" e di "un hostis établi dans les terres musulmanes" nella traduzione ufficiale francese del codice dello statuto personale musulmano d'Egitto (articoli 542 e 588).
Al nemico oppure allo straniero non musulmano che, senza deliberato proposito (per errore od ignoranza o forza maggiore), entri in territorio musulmano, può essere concesso l'amān da un privato musulmano maggiorenne e sano di mente (anche se donna o schiavo; la scuola mālikita e la ḥanbalita l'ammettono anche da un minorenne che abbia l'età del discernimento e comprenda il valore dell'amān); questo amān concesso da un singolo lega l'intera comunità musulmana e rende l'infedele inviolabile (ḥarām), mentre, senza amān, la sua vita ed i suoi beni sarebbero lasciati in balìa dei musulmani e non avrebbero alcuna tutela giuridica.
L'istituto dell'amān è diretto svolgimento di consuetudini arabe preislamiche e di precedenti stabiliti da Maometto nell'ultimo decennio della sua vita, in occasione delle sue lotte contro i pagani arabi; i tentativi fatti da J. Hatschek nel 1919 per vedervi anche influssi di diritto bizantino sono stati ampiamente confutati da parecchi studiosi.
Bibl.: W. Heffening, Das islam. Fremdenrecht, Hannover 1925 (cfr. le osservazioni di G. Bergsträsser, in Der Islam, XV (1926), pp. 311-321).