GUGLIELMINETTI, Amalia
Scrittrice, nata a Torino il 5 aprile 1885. Esordì giovanissima con un volume di versi, varî di metri e d'ispirazioni, che risentiva lo studio dei classici italiani e specialmente del Carducci (Voci di giovinezza, Torino 1903). Ma l'originalità del suo temperamento si rivelò in Le vergini folli (1907), collane di sonetti, nei quali sono conchiusi, con una tecnica vigilata, precisa e personalissima, momenti di una femminilità aggressiva e vogliosa, ancora trepidante dei primi assaggi della vita e del piacere. Seguirono Le seduzioni (1909) e L'insonne (1913): qui l'esperienza sensuale è talmente piena e matura da generare sazietà: voluttà, torbidi desiderî, scaltrezze, raffinatezze, menzogne, ebbrezze e follie, capricci, tristezze, nausee, sono descritti con sincerità d'indagine e nudità di espressione. Forse l'accento più profondo della sua poesia è in quel senso di tristezza e di tedio, in cui alla fine si conchiude la sterile pena della carne, alla quale in realtà la G. soggiace come vittima, mentre s'illude di dominarla per deliberata volontà di esperienza. Da questo equivoco nasce il difetto di tutta la sua poesia, che svela il tormento sensuale, ma non lo supera e non si purifica: resta materiale autobiografico.
Le sue prose, romanzi e novelle, non hanno alcuno dei pregi delle sue poesie. Ha scritto anche per il teatro con successo; ma neppure il migliore di questi scritti, L'amante ignoto (1911), in cui si agita il dramma della donna che vede sfiorire la sua bellezza e trionfare nell'amore la gioventù, si libera dalla confessione lirica. Ha fondato e diretto per qualche anno una rivista di novelle, Seduzioni (1926). Delle prose ricordiamo: Gli occhi cerchiati d'azzurro (Milano 1918); La rivincita del maschio (ivi 1923); Quando avevo un amante (ivi 1924); Tipi bizzarri (ivi 1931). Per il teatro, v. anche Nei e cicisbei e Il baro dell'amore (Milano 1926).
Bibl.: Pitigrilli, A. G., Milano 1919; L. Russo, I narratori, Roma 1923; M. Gastaldi, A. G., Milano 1930.