AMALASUNTA (Amalaswintha)
Figlia del re degli Ostrogoti Teodorico, governò pel figliuolo minorenne Atalarico - designato dall'avo erede del trono (v. atalarico) - dal 30 agosto 526 al 2 ottobre 534; fu, quindi, regina col cugino Teodato fino al 30 aprile 535. Donna di cultura romana e di carattere virile cercò di rendersi interprete del pensiero politico del padre, che sul letto di morte raccomandava di amare il senato e il popolo romano, e di riconciliarsi con l'imperatore d'Oriente, Giustino. Gl'inizi del suo governo, seguiti agli ultimi atti di reazione cui s'era abbandonato Teodorico dopo la rottura con Bisanzio e col patriziato romano, non furono scevri di difficoltà, esterne e interne; ma così l'influsso esercitato dalla memoria di Teodorico, come l'illuminata esperienza di Cassiodoro - allora magister officiorum in funzioni di questore, più tardi (533) prefetto del pretorio - e di altri illustri italiani, devoti agli Amali, valsero a rimuovere i primi ostacoli. Venne repressa un'invasione di Gepidi, sobillati da Bisanzio; furono difese le coste dell'Italia dalle minacce, non si sa bene se dei Greci o dei Vandali. Dall'imperatore Giustino s'invocava la pace "col più umile fervore"; il senato finiva col riconoscere papa Felice IV (luglio 526-settembre 530), il candidato sostenuto da Teodorico contro l'opposizione nazionale scatenatasi alla morte di Giovanni I (maggio 526). Il goto Tuluin e il romano Liberio erano elevati al patriziato presentale; ai figli di Simmaco e di Boezio si restituivano i beni paterni confiscati. Il governo di A. si mostrò pure sollecito (Editto o Programma edittale di Atalarico) nel frenare gli abusi del vecchio e logoro organismo amministrativo, travagliato dalla ingorda disonestà dei funzionarî, da soprusi, violenze, spoliazioni che suscitavano proteste continue da parte dei provinciali. Né mancarono provvedimenti diretti ad alleviare la miseria delle popolazioni, afflitte qua e là dalla carestia e impoverite dalle scorrerie dei barbari limitrofi (Burgundî, Alamanni, ecc.). Anche la politica ecclesiastica di quegli anni non si allontanava dai criterî seguiti dal grande Teodorico. Mancato infatti ai vivi Felice IV, la corte sosteneva l'elezione di Bonifacio II (22 settembre 530-17 ottobre 532) contro il candidato del partito nazionale, Dioscoro, la cui morte per altro poneva fine al nuovo scisma, durato così solo 28 giorni. E di fronte ai brogli elettorali che funestavano la nomina dei pontefici, dando luogo a disordini più o meno gravi e causando danni enormi alla Chiesa, il governo di A. emanava un editto diretto a papa Giovanni II (533-535), successore di Bonifacio, in cui, richiamandosi ad analoghe disposizioni senatoriali, nel reprimere severamente l'àmbito, avocava all'arbitrato regio le controversie relative alla designazione del pontefice e dei vescovi; mentre, d'altra parte, il potere spirituale e temporale della chiesa di Roma riceveva sempre maggiore incremento in mezzo al disordine amministrativo e alle particolari circostanze del tempo.
La reggenza, adunque, di A. segnava un ritorno alla politica degli anni migliori di Teodorico: ma essa urtava contro le naturali tendenze dei Goti, che sdegnavano ogni barriera opposta allo sconfinato esercizio d'una sovranità conquistata con le armi; che avevano sentito alleviarsi, nei suoi ultimi tragici anni, la compressione esercitata da quel re; che provavano tanto maggiore avversione al governo di una donna, quanto più essa s'affannava a mantenere in equilibrio i due elementi etnici dello stato, differenti per civiltà e per fede. L'opposizione ostrogotica cominciò col reclamare contro l'educazione romana data ad Atalarico, assumendosi la cura del giovinetto, che per altro non tardò ad esser preso da consunzione. Alle proteste seguirono i complotti, che A. credé di potere sventare, confinandone i capi e uccidendoli, dopo essersi assicurata di avere, in caso estremo, un rifugio in Oriente. Ma l'orizzonte diventava d'ogni parte più fosco. Esternamente i re dei Visigoti e dei Turingi, legati in parentela alla casa degli Amali, erano vinti e uccisi dai Franchi, che incalzavano altresì i Burgundî; i rapporti fra Ostrogoti e Vandali s'erano tesi in seguito all'assassinio di Amalafreda, sorella di Teodorico, sposata a re Trasamondo, al quale era succeduto Ilderico, della cui uccisione si valeva Giustiniano per muovere alla riconquista dell'Africa, col favore dello stesso governo ostro-gotico (533-534); la politica di Bisanzio, più o meno ostile agli Ostrogoti, inclinava maggiormente verso il papato e l'aristocrazia romana, accentuando nelle nostre popolazioni il disagio dell'esser soggette a barbari ariani. A tutto ciò s'aggiungeva la fine inevitabile di Atalarico che, morendo, avrebbe lasciata la madre priva di qualsiasi diritto a quel governo, contro cui l'opposizione reclamava la vendetta del sangue.
L'imperatore, atteso invano l'annunziato arrivo di A. in Oriente, le inviava due ambascerie per conoscerne i propositi e trattare la restituzione dell'Italia; ma, prima che la seconda potesse assolvere il suo mandato, il destino di A. era compiuto. Morto Atalarico (2 ottobre 534), ella tentava di salvare il suo governo con un nuovo colpo di stato, che le schiudeva invece la tomba. Intesasi col cugino Teodato - che, ripreso dal governo per le sue spoliazioni tiranniche, non era certo animata da buone disposizioni verso di lei - lo associava al trono, ritenendo così di poter conservare di fatto quella sovranità, che Teodato avrebbe avuta solo di nome; e la nuova combinazione veniva subito notificata ufficialmente al senato e a Bisanzio. Ma l'opposizione ostrogotica si scatenava più violenta che mai, secondata dallo stesso sovrano. A. veniva relegata in un castello sul lago di Bolsena (30 aprile 535), e poco dopo strozzata nel bagno. Giustiniano ne trarrà pretesto per iniziare la guerra contro i Goti e tentare la riconquista d'Italia.
Bibl.: F. Dahn, Die Könige der Germanen, III e seg., Würzburg 1866; H. Kohl, Zehn Jahre ostgotischer Geschichte... (526-536), Lipsia 1877; T. Hodgkin, Italy and her invaders, III, Oxford 1896; L. M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, I, 2ª ed., Stoccarda e Gotha 1923; L. Ginetti, Il governo di Amalasunta, Siena 1901.