alzare
È da avvertire subito che D. non adopera mai a. in prosa e pare dunque considerarlo termine solo poetico e popolare, non inseribile se non in contesto ‛ comico ' o ‛ elegiaco '.
Transitivo, nel valore proprio di " levare, spostare in alto ", anzi, quasi tecnicamente, di " issare ", in Pg I 1 alza le vele; nella gamma generica di " sollevare ", in giunzione con varie parti del corpo a denotare attitudine espressiva (e spesseggia nella seconda cantica, più attenta alle manifestazioni di una sensibilità comunicativa): ora le mani con atteggiamento di sfida violenta (Rime CIII 40, e, con ellissi dell'oggetto, al v. 50 S'elli alza / un'altra volta), ma anche d'implorante desiderio (Pg XXIV 106) o di dileggio minaccioso (If XXV 2); ora la testa con moto di pigra canzonatura, nella figura di Belacqua (Pg IV 118); ora la barba, cioè " il mento ", " il volto ", nel pungente invito di Beatrice (XXXI 68); e ancora la fronte in atto di pronta curiosità (Il 58); li occhi micidiali (Rime LXVII 49) con gesto di suprema seduzione; gli occhi, di nuovo, nella stupefatta contemplazione del sole (Pg IV 56); ma anche, figurato, alzò le ciglia (detto di Satana), con sintagma equivalente a " ribellarsi ", " sfidare " (If XXXIV 35). È inoltre variante, ma inammissibile, in If XXXIV 50 e quelle sù alzava o suso alzava (v. Petrocchi, ad l.).
Il significato si estende poi alla funzione propriamente umana della parola: non alzava la voce (Pg XX 123), cioè " non ti si faceva udire ", in rapporto alla domanda posta da D.-personaggio ai vv. 35-36; mentre in If V 83 con l'ali alzate e ferme, il participio passato assume un valore aggettivale più indefinito e pittorico, tra " sospendere " e " spiegare " (forse un " librare "), che giustifica anche l'insorgenza di una bella lectio facilior come aperte, ma insieme trova la sua convincente soluzione nella chiosa del Petrocchi (" Penso che il poeta abbia voluto rappresentare... la parte conclusiva del volo dei colombi, e cioè l'arrivo al nido, trascinati dall'impeto del volo, e plananti con le ali ben tese in alto e immobili ").
Più eterodossi semmai certi usi ellittici con forte carica d'espressività: così in Pd XXI 132, dove la perifrasi chi di rietro li alzi vuole sì indicare i caudatari addetti a sollevare gli strascichi dei moderni pastori, ma desume un alone di grottesca ironia dal parallelismo con rincalzi e meni, quasi non le vesti ma le carni stesse avessero necessità di sostegno. Diversa la brachilogia trescando alzato, in Pg X 65, dove per l'umile salmista s'intende cogliere il "discooperiens se" del testo biblico (II Reg. 6, 20), cioè (con ablativo assoluto che sottintende ‛ l'abito ') l'aspetto succinto di David che per eseguire più speditamente la danza in onore di Dio aveva tirato su le vesti. Meno convincente l'opinione di chi (dal Daniello in poi) vede in alzato un completamento o un rafforzativo del verbo e interpreta quindi " ballando a gambe alzate, con slancio, quasi in atto di saltare ".
È invece col valore figurato di " sollevare moralmente ", " confortare ", nella canzone O patria degna di trionfal fama (XX delle legittime nell'ediz. Fraticelli, ma per il Barbi [ed. '21, p. 143] sicuramente tra le apocrife e così nel Censimento del De Robertis): Alza il cor de' sommersi, " rialza, rianima [imperativo] lo spirito dei cittadini avviliti ".
Nel Fiore a. si trova come transitivo nel significato proprio di "sollevare" (la spada, CCIX 9 e CCXI 2); ma anche traslato come " esaltare ": per la fede e sé alzare (CXIV 10).