PISANI, Alvise
PISANI, Alvise. – Nacque il 22 ottobre 1522 a Venezia, figlio del nobile Giovanni di Alvise (entrambi, il padre e il nonno, procuratori di S. Marco) e di Benedetta Gritti, e nipote del doge Andrea Gritti. Proveniva dunque da una delle più potenti famiglie del patriziato veneziano, imparentata con il casato ‘papalista’ dei Grimani. Decisiva nella biografia di Pisani fu però la figura del cardinale Francesco Pisani, suo zio, prelato assenteista e pluribeneficiario, che dopo il sacco di Roma, il 2 dicembre 1527 decise di rinunciare al vescovato di Padova a favore del nipote ancora fanciullo (ma già detentore di un canonicato padovano), riservando a sé il diritto di regresso.
Il 1° febbraio 1528 la Signoria accordò il possesso temporale a Pisani, divenuto ora ‘vescovo eletto di Padova’. Egli fu comunque educato secondo modalità consuete per i giovani delle grandi famiglie patrizie: ebbe un precettore privato, il letterato friulano Niccolò Liburnio, che nella dedica dell’opera Le occorrenze humane (Venezia, Paolo Manuzio, 1546) ricordò di avergli insegnato per otto anni la composizione latina e i primi elementi del greco.
Come vescovo eletto, nell’ottobre-novembre 1546 Pisani fece una fugace apparizione al Concilio di Trento; e di nuovo partecipò al Concilio dal dicembre del 1562 fino alla conclusione, accanto al suo ottimo vicario generale Girolamo Vielmi. Però rimase a lungo lontano dalla diocesi di Padova, pur avendone assunta l’amministrazione nel 1555 e pur avendovi celebrato il solenne ingresso il 2 dicembre 1564. Solo nel marzo 1567, cedendo alle pressioni di Pio V, andò effettivamente alla residenza. A Padova egli traeva solamente 1000 ducati dalla mensa episcopale (perché il resto era riservato al cardinale Francesco Pisani); fu però detentore di diversi benefici e fu commendatario di cinque tra abbazie e priorati: quattro nella diocesi di Padova (priorati di S. Andrea di Carmignano e di S. Croce di Cervarese, abbazie di S. Maria di Saccolongo e di S. Eufemia di Villanova) e uno in Dalmazia, a Traù, per un’entrata complessiva annua di 6500-7000 ducati.
Pisani non fu mai ordinato al sacerdozio. Introdusse però a Padova, per il tramite dei vicari generali Gherardo Busdraghi e Girolamo Vielmi, le iniziative promosse o rinnovate dal Tridentino: le visite pastorali, i sinodi diocesani (del 1564 e del 1566), le prime misure concrete per l’apertura del seminario e persino, nel 1564-65, il tentativo di verificare l’ortodossia dei frequentanti lo Studio patavino, attraverso l’obbligo della professione di fede.
Nel 1565 ottenne la nomina cardinalizia da parte di papa Pio IV. A Roma nel conclave del 1565-66 affiancò lo zio Francesco Pisani, decano del S. Collegio, nei maneggi che portarono prima alla bocciatura della candidatura di Giovanni Morone e poi all’elezione di Pio V Ghislieri.
Morì a Venezia, nel suo palazzo di S. Maria Zobenigo, il 31 maggio 1570, assistito dai padri gesuiti; fu sepolto nella chiesa di S. Maria delle Grazie.
Nel testamento aveva indicato come proprio erede il figlio, di cui l’amante Eleonora Polani era allora incinta (se si fosse trattato di una femmina, questa avrebbe avuto 12.000 ducati di dote); e lasciò ancora 3500 ducati alla Polani e 12.000 ducati per la dote dell’altra figlia naturale avuta da lei, Cecilia. Ma due brevi di Pio V e Gregorio XIII annullarono il testamento, giudicato scandaloso per un cardinale.
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