MOCENIGO, Alvise
– Nacque a Venezia il 29 ag. 1662, da Alvise dei Mocenigo di S. Samuele e da Cecilia di Sebastiano Michiel, terzo di questo nome nella sua famiglia e personalizzato coll’aggiunta di Bastian o Sebastiano. Altro è quel Sebastiano Mocenigo (1661-1719) di Marcantonio luogotenente in Friuli nel 1715-16.
Il padre, vissuto tra il 1626 e il 1704, ricoprì diversi incarichi: fu procuratore di S. Marco, versando 25 mila ducati nel 1672, poi savio alla Sanità, savio alle Acque, più volte savio del Consiglio. Dal matrimonio con Cecilia, celebrato nel 1640, nacquero, oltre al M., sette figlie: Cecilia e Maria, benedettine; Chiara morta appena dodicenne; una seconda Chiara sposa nel 1678 ad Andrea Bragadin di Daniele; Bianca sposa nel 1680 di Alvise Contarini di Piero; Moceniga sposata nel 1682 con Francesco Vendramin di Zaccaria; Paolina accasata nel 1688 con Francesco Morosini di Lorenzo. Cinque i fratelli: Alvise (I) (1650-1728), savio agli Ordini, provveditore alle Pompe, savio di Terraferma, provveditore alla Zecca, savio all’Eresia, consigliere ducale per il sestiere di S. Marco, savio alle Acque, savio del Consiglio, conservatore delle Leggi, deputato all’incremento del commercio, provveditore all’artiglieria, cavaliere della stola d’oro; Alvise Sebastiano, morto in fasce nel 1651; Alvise (II) Giovanni (1660-1736), savio agli Ordini, della Quarantia, provveditore ai Lidi, savio di Terraferma, ambasciatore in Spagna nel 1697-1701, capitano a Brescia nel 1703-04, provveditore general a Palma nel 1734-35, procuratore di S. Marco il 1° apr. 1720; il gemello del M., Alvise (IV) Leonardo (1662-1744), governatore di nave, capitano delle galeazze, consigliere ducale per il sestiere di S. Marco, savio all’Eresia, decemviro, cavaliere della stola d’oro, ambasciatore in Francia nel 1730-33; Alvise (V) Antonio (1672-1763), savio di Terraferma, inquisitore sopra gli Olii, censore, provveditore all’Arsenale, del consiglio dei Dieci, Savio grande, ambasciatore in Francia nel 1707-10, podestà e vicecapitano di Brescia nel 1735-37.
La prima fase dell’esistenza del M., che, scapolo e privo di obblighi familiari, si dedica totalmente al servizio pubblico, è tutta pugnacemente marinara. Eletto governatore di galea grossa il 19 apr. 1688, partecipa, il 17 sett. 1690, alla conquista di Cannina e della Vallona guidata dal capitano generale da Mar Gerolamo Cornaro; eletto, il 4 marzo 1691, capitano in Golfo, partecipa in tale veste (cui s’aggiunge quella temporanea di provveditore in campo), nel luglio-agosto del 1692, al vano assedio della Canea, per poi, nel 1693, assumere la direzione dell’erezione d’una torre – destinata all’installazione di artiglierie – a Egina; eletto il 13 dic. 1693 capitano delle galeazze, è colui «per comando del quale» Giusto Emilio Alberghetti compila il Compendio della fortificatione … (Venezia 1694); dal febbraio del 1694 al settembre del 1696, è attivo – anche se già il 25 ott. 1695 insiste per il permesso di rimpatrio – quale provveditore straordinario in campo, operante congiuntamente con il generale Adamo Enrico Stenau nella temporanea presa di Scio del settembre 1694 - febbraio 1695. In quell’occasione batte una sultana turca agli Spalmadori, catturandone il bey e liberandone gli schiavi cristiani. Nella battaglia di Gyaros, isola tra Andros e Tinos, del 22 ag. 1696, è, a capo delle sue tre galeazze, «alla coda» dello schieramento navale veneto.
Eletto, ancora il 12 nov. 1695, provveditore generale in Dalmazia e Albania nel novembre 1696 - ottobre 1702, il M. vigila sulla pirateria, controlla le mosse turche, costringe alla ritirata il pascià di Bosnia (che, varcato il Cettina, schiera, l’11 ott. 1698, 15 mila uomini sotto Sign) e ne sventa la tentata conquista della vicina torre di Otoch; ma non può, come vorrebbe, puntare a un’aggressiva strategia d’avanzamento territoriale, a causa della scarsa efficienza dei suoi uomini, malamente equipaggiati, denutriti per la mancanza di «biscotto», avviliti dal cronico ritardo delle paghe. Quando una compagnia «ultramarina» si ribella, il M. teme che un comportamento del genere si generalizzi. È piuttosto dei morlacchi – che però sono indisciplinati, sin stolidi laddove per brama di saccheggio compromettono l’acquisto di Stolaz – che s’avvale. Ed è più sulla guerriglia che sulle truppe regolari che conta. Finito il conflitto con la pace di Carlowitz (26 genn. 1699), il M. si adopera a contrastare la tendenza degli «imperiali» a occupare i «luoghi abbandonati», predisponendo l’invio di presidi veneti anche là dove non c’erano. E, sdegnato per il colpo di mano cesareo sul castello di Zvonigrad – pur da 11 anni tenuto da Venezia –, il M. vorrebbe recuperare con la forza la piazza sottratta. Il Senato, che preferisce alle armi la via diplomatica, non l’autorizza.
Gli appetiti cesarei sono arginati anche grazie alla vigilanza del Mocenigo. La nuova linea di confine, la cosiddetta linea Grimani, essendo commissario ai confini Giovanni Grimani, contempla, rispetto alla linea Nani del 1671, il nuovo acquisto di Tenin, Verlicca, Duare, Sign e Vergoraz. E, lungo la ridefinizione confinaria, il M. esercita gran «zelo» per far valere le ragioni della Serenissima nei suoi «veri confini», per radicare entro questi abitanti provenienti dalle aree ottomane, per agevolare con l’«assegnamento di terreni» i morlacchi disposti a «rassegnarsi vassalli» della Serenissima; ma fermo del pari il M. a reprimere l’«ingorda natura» loro che li spinge a occupare terre in «quantità eccedente» il loro fabbisogno non senza «violenze» e sopraffazioni. Con il ritorno della pace il M. si dimostra altresì attento alla «reintrodutione del negocio», al rilancio della scala di Spalato, a fronteggiare la concorrenza commerciale di Ragusa.
Eletto, ancora il 22 sett. 1707, provveditore generale da Mar, dall’aprile del 1708 al luglio del 1711, il M., ora fermo a Corfù ora spostandosi a Zante, Nauplia, Santa Maura, Patrasso, Cefalonia, Corinto, Malvasia, S. Nicolò, Modone (e qui si presenta a lui l’abate Mechitar che, ancora nel 1705, aveva chiesta l’approvazione a Clemente XI per la fondazione dell’ordine monachistico con il quale, nel 1715, si trasferisce a Venezia) esercita una «primaria direttione», che va dalla rassegna di truppe e navigli all’ispezione di depositi e fortificazioni, dalla caccia ai corsari alla sovrintendenza nel taglio dei legnami, dal riparto del denaro pei pagamenti – ma sempre diffuso nei soldati e nei «marinari» lo scontento pei ritardi delle paghe, frequenti le proteste per il sempre rinviato «intiero saldo» degli arretrati –, all’«affare importantissimo della concia» della flotta, composta, stando a una lettera del 18 apr. 1711 del M. da Nauplia, da 9 navi, 13 galee, 7 «galiote» e parecchi «bastimenti minuti».
In una lettera del 22 febbr. 1710 si dice «logorato» da oltre 20 anni di «disagio» e dal «pesante travaglio» che sta compromettendo la sua salute. Una volta rientrato a Venezia, riferisce il 10 sett. 1711 sul proprio provveditorato appena trascorso, sottolineando di aver rimesso in sesto le navi dotandole di «buoni marinari» e fatto erigere a Corinto la «nuova grande cisterna». Stando alla redecima del 1712, la sua rendita annua è di 1566,20 ducati, inferiore a quella del suo gemello Alvise (IV) Leonardo, anch’essa modesta (2319,23 ducati). Gli si viene incontro designandolo capitano a Padova, dove il M. s’insedia il 14 febbr. 1714 rimanendovi sino al 28 luglio del 1715.
Durante la sua permanenza a Padova tenta di ricondurre il Monte di pietà ai suoi compiti istituzionali di sovvegno ai poveri e di sollecitudine per le «donzele», s’occupa della viabilità del territorio, della manutenzione degli «arzeri», dell’incanto dei dazi. In una situazione nella quale l’ordine pubblico a Padova non desta preoccupazioni salvo delle «archibugiate tra scolari», ben più preoccupante appare il contado. Più difficile in questo garantire sicurezza a uomini e cose, quando imperversano i furti specie nelle chiese, quando le liti manesche degenerano in accoltellamenti, quando s’aggirano pei campi pretacci pedofili, quando i nobili proprietari vessano la manodopera.
Riassegnato, il 18 nov. 1716, al M. il provveditorato generale in Dalmazia e Albania, nell’aprile del 1717 si insedia dando avvio a una offensiva poggiante sul dispiegamento delle truppe e sulla «ferocia» antiturca della «gente fiera» morlacca che, colla conquista, a fine luglio di Imoschi, si rivela vincente nella misura in cui ne consegue l’allargamento delle «publiche frontiere», concomitante all’abbandono del «paese turchesco» di tante «famiglie christiane» accorrenti «volontarie» al «vassallaggio» veneto. Con l’interruzione delle operazioni militari (che costringe il M. a far sospendere le ostilità proprio quando Schulenburg sta per prendere Dulcigno) e l’adozione, a Passarowitz (21 luglio 1718) del principio dell’uti possidetis, si verifica, a risarcimento sia pure parziale della dolorosa perdita della Morea, una redifinizione dei confini che contempla per la Serenissima l’acquisto di Sternizza, Prolog e Imoschi con i rispettivi distretti. Sancita questa situazione di fatto – con la quale la Dalmazia veneta raggiunge il massimo della sua espansione – dalla linea tracciata a distinguere le terre venete dalle turche il 10 giugno 1721, detta «Moceniga», frutto del laborioso negoziato nel quale il M. è stato commissario ai confini per conto della Serenissima.
In questa delicata fase suoi interlocutori sono in rappresentanza della Porta Memet Reis Effendi, ossia Mehemet - Effendi - Sialy, e in rappresentanza dell’impero il barone Maximilian Ernst Teuffenbach. Con il primo il M. riesce a instaurare un rapporto di reciproca fiducia; circostanza che si rivela impossibile con il commissario imperiale che, quando si tratta di negoziare i confini, accampa smodate pretese sul «contado di Zara», sull’«intiera Morlacca», allargando il «contenzioso» anche su «luoghi» detenuti da Venezia prima del 1684. Nel frattempo il M. non viene meno allo svolgimento degli affari di pubblica amministrazione come il taglio di tronchi di rovere da destinare all’Arsenale e al magistrato delle Acque che li utilizza per le palificate, o le cure dedicate alla ripresa della navigazione mercantile e in particolare al porto di Spalato.
Rientrato a Venezia, alla morte del doge Giovanni Corner (12 ag. 1720), s’afferma nella candidatura alla successione, superando la concorrenza di Carlo Ruzzini e Alvise Pisani. Nella votazione finale ottiene 40 dei 41 voti totali; anche Ruzzini vota e fa votare per lui; solo suo fratello Alvise (II) preferisce astenersi. Nell’usuale giro in piazza, appena eletto, getta al popolo festante manciate di denaro per un totale di 4 mila ducati.
Durante il suo dogato, si compiono alcune innovazioni come l’avvio dell’illuminazione pubblica della città e, già nel 1722, la pavimentazione della piazza marciana. Il 22 luglio 1724, con il patrocinio del M., è aperta da Almorò Albrizzi la Società letteraria universale. Nel 1727, fa la sua comparsa il nuovo – nonché ultimo – bucintoro disegnato da Michele Stefano Conti e ricco delle sculture e ornamenti di Antonio Corradini. Nel 1729 il M. è il dedicatario del volume che costituisce la diciottesima e ultima edizione a stampa degli statuti veneti. Quello stesso anno, con lettera di supplica del 17 settembre inviata a Benedetto XIII, il M. riavvia l’iter della canonizzazione del doge Pietro Orseolo conclusosi il 28 apr. 1731, con la proclamazione a santo da parte di Clemente XII, cui seguirà all’inizio del 1733, essendo ormai doge Carlo Ruzzini, l’arrivo dalla Francia della reliquia solennemente collocata nella cappella dogale, della basilica di S. Marco, a sottolineare la religiosità dello Stato marciano.
La permanenza a Palazzo ducale un po' la trova soffocante se, nel 1723, è autorizzato dal Senato a trascorrere un mese a Padova – qui a sua disposizione un palazzo di famiglia, ca’ Mocenigo – «per cambiare aria». E l’aria la cambia tutte le sere quando la gondola lo porta da suo fratello Alvise (V) Antonio, dal quale si fa salotto, si chiacchiera, si gioca.
Il M. morì a Venezia il 21 maggio 1732. Le sue spoglie furono sepolte ai Ss. Giovanni e Paolo, nella tomba di famiglia.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Capi del consiglio dei Dieci, Lettere di rettori e pubblici rappresentanti, bb. 103, nn. 74-78, 80-88, 90-93, 95, 97-132, 140-145, 147-157, 160, 162, 163, 166, 169, 171-211; 280, nn. 119-122, 135; 300; 303; 306; Collegio, Commissioni rettori e altre cariche, bb. 3/59, 66; Giudici di petizion, Inventari, 429/13; Provveditori alla Sanità, 924 (alla data di morte); Segretario alle Voci, Maggior Consiglio, regg. 23, c. 206; 24, cc. 151, 152; Pregadi, reg. 21, cc. 116, 181; Senato, Dispacci dei rettori Padova e Padovano, filze 102-104; Senato, Lettere di provveditori da Terra e da Mar, filze 538-544, 559-561; 880; 953-955; 1282; 1386; Senato, Mar, regg. 159, c. 143; 162-168; 174-177; 182, cc. 332-333; 183-187; Senato, Relazioni, b. 76 (rel. del M. del 10 sett. 1711 sul provveditorato generale da Mar); Senato, Terra, regg. 266-269; Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Codd. Cicogna, 1535/18; 1625, cc. 55r-62v; 2074/4; 2843; 3512; Archivio Morosini Grimani, 138, cc. 277-288; 579, cc. 362-363, 381-442; Mss. Morosini Grimani, 455/III; 473/II; 484/19; 530/2; 536/II; Archivio Tiepolo, 17; 234/4; Mss P.D., C., 493; 555; 753/58; 761; 762; 832/69, 79; 951/133; 1075/307, 390, 444; 1076/453, 456; 1079/389; 1089/283, 284; Distinta relatione dell’acquisto delle … fortezze di Cannina e … Vallona …, Venetia 1690; P. Garzoni, Istoria della Repubblica di Venezia, I, Venezia 1705, s.v.; [P. Garzoni], Dell’acquisto e del ritiro … dall’isola di Scio …, Norimberga [ma Venezia] 1710, pp. 17 s., 36 s.; Raccolta di rime nella partenza del reggimento di Padova di Sebastiano M., Padova 1715; E. Mignati, Due prediche …, Venezia 1717 (ded. a F. Cornaro e al M.); Promissio … Venetiarum ducis … A. M. duce edita, Venetiis 1722; N. Del Riccio, Canzone in lode del … principe … A. M., Ferrara 1724; Memorie … della … Società Albriziana eretta … sotto gli auspici del … doge A. M. …, [Venezia 1729]; Novissimorum statutorum ac venetarum legum …, 1729 (ded. al M.); A.M. Luchini, La nuova regia su l’acqua nel bucintoro nuovamente eretto … al … principe A. M. …, Venetia 1729; Oratio in funere A. M. …, s.l. né d. [ma Venezia 1732]; B. Pasqualigo, Notizia giornale storica della sedia ducale vacante per la morte del … principe Liugi M. e della creazione del … principe … Carlo Ruzini …, Venezia 1732; G. Vianelli, Nuova serie de’ vescovi di Malamocco e Chioggia, II, Venezia 1790, pp. 313 s.; Illustrazione delle … oselle, Venezia 1834, pp. 42-46, tav. IV; J.M. von Schulenburg, Leben und Denkwurdigkeiten …, II, Leipzig 1834, pp. 110 s., 116-118, 135 n.; Lett. del conte A. Bisanti al p. Filippo Riceputi …, a cura di G. Zerbini, in Arch. stor. per la Dalmazia, XI (1936), pp. 53, 57, 155 s.; I «documenti turchi» dell’Archivio di Stato di Venezia, Roma 1994, nn. 1651-1862, 1864, 1867, 1871, 1873; L.A. Muratori, Carteggio, X, 2 Firenze 2003; XLVI, ibid. 1975, ad ind.; G. Diedo, Storia … di Venezia …, XI, Venezia 1794, pp. 76, 99; XII, ibid. 1794, pp. 218-228, 253-256, 268; Stampa … della villa Rogasnizza [1790 circa], pp. 17-28; D. Farlati, Illyrici sacri …, VI, Venetiis 1800, s.v.; [G. Kreglianovich Albinoni], Memorie … della Dalmazia, II, Zara 1809, pp. 260, 265; G. Cattalinich, Storia della Dalmazia, III, Zara 1835, pp. 169 s.; Il bucintoro …, Venezia 1837, p. 4; E.A. Cicogna, Saggio di bibliografia veneziana, Venezia 1847, nn. 2440-2442, 2467; F. Schweitzer, Serie delle monete … di Venezia, II, Trieste 1852, pp. 128 s.; G. Moroni, Venezia …, II, Venezia 1859, s.v.; A. Gloria, Il territorio padovano …, I, Padova 1862, pp. 299 s.; V. Lago, Memorie sulla Dalmazia, Venezia 1869-71, I, pp. 354 s., 445 s.; III, p. 101; Prospetto … della storia della Dalmazia …, Zara 1878, pp. 277 s.; V. Padovan, Le monete dei veneziani …, Venezia 1881, pp. 65 s.; Autografi, bolle ed assisa dei dogi …, Venezia 1881, p. 40, tav. XVI; G. Soranzo, Bibliografia veneziana …, Venezia 1885, nn. 1858, 3443; Bibliogr. hellénique …, a cura di É. Legrand, I, Paris 1885, s.v.; F. Bianchi, Fasti di Zara …, Zara 1888, p. 103; B. Cecchetti, Bolle dei dogi …, Venezia 1888, pp. 9, 19, 31; B. Stancovich, Biografia degli uomini distinti dell’Istria, Capodistria 1888, p. 393; G. Werdnig, Die Osellen … der Republik Venedig, Wien 1889, s.v.; H. Tolra, St Pierre Orséolo …, Paris 1897, p. 297; G. Della Santa, Per la storia del culto di un doge …, in La scintilla, XI (1897), p. 14; Serie documentata dei dogi di Venezia, s.l. né d., p. 9; Catalogo delle monete, medaglie, tessere, bolle e plachette esposte nel museo … Correr, Venezia 1898, pp. 147, 213 s.; A. Marcovich, Confinazioni della Dalmazia …, a cura di G. Alacevich, Zara 1902, pp. 15-17; G. Alacevich, Il «libro d’oro» … di Spalato, Zara 1903, pp. 50 s.; E. Böttner, L’archivio degli atti antichi presso la I. R. Luogotenenza Dalmata …, Zara 1903, p. 92; A. Medin, La storia … di Venezia nella poesia, Milano 1904, pp. 433 s., 566; Portrait index …, a cura di W.C. Lane - N.E. Browne, Washington 1906, p. 1013; C. Foligno, Codici di materia veneta nelle biblioteche inglesi, in Nuovo Archivio Veneto, n.s., XII (1906), pp. 340 s., 343; G. Sabalich, La Dalmazia nei commerci …, Zara 1907, pp. 96 s.; Archivio Mocenigo (S. Stae), Conegliano 1909, pp. 8, 18; P.L. Rambaldi, La Scala dei Giganti …, in Ateneo Veneto, XXXIII (1910), II, pp. 221, 229; Catalogo dei codici marciani italiani …, a cura di C. Frati - A. Segarizzi, II, Modena 1911, s.v.; A. Jesurum, Cronistoria delle oselle di Venezia, Venezia 1912, pp. 239-252; G. Sabalich, Vecchie storia zarotine, Zara 1913, pp. 12 s.; I libri commemoriali … di Venezia …, VIII, Venezia 1914, s.v.; N. Papadopoli Aldobrandini, Le monete di Venezia, III, Venezia 1919, pp. 617-637; M. Maylender, Storia delle accademie d’Italia, I, Bologna 1926, pp. 111, 115; F. Luzzatto, Una … legge agraria nella Dalmazia veneta …, in La rivista dalmatica, X (1928-29), 1, pp. 36 s.; H. Kretschmayr, Geschichte von Venedig, III, Stuttgart 1934, ad ind.; L. de Voinovitch, Histoire de Dalmatie, Paris 1934, pp. 611-613; I. Parenzo, La società … albrizziana, in Rivista letteraria, VII (1935), 5, pp. 22, 25; I. Tiozzo, Ambasciatori … di Chioggia a Venezia, in Archivio veneto, s. 5, XIX (1936), p. 214; A. De Benvenuti, Zara nelle cinta delle sue fortificazioni, Milano 1940, p. 116; Id., Storia di Zara dal 1409 al 1797, Milano 1944, pp. 167 s.; B. Desnica, Historia Uscoccorum catarensium, II, Beograd 1951, s.v.; G. Gamberini di Scarfèa, Prontuario prezzario delle monete, oselle e bolle di Venezia …, Bologna 1960, pp. 147-153; G. Novak, Povijest Splita (Storia di Spalato), II, Split 1961, s.v.; B. Tamassia Mazzarotto, Le feste veneziane …, Firenze 1961, pp. 183, 202; G. Musolino - A. Niero - S. Tramontin, Santi … veneziani …, Venezia 1963, pp. 111; A. Da Mosto, I dogi di Venezia …, Milano 1966, pp. 570-576, 580, 726; P.A. Quarantotto Gambini, I nobili di Rovigno …, in Archivio veneto, s. 5, LXXXIII (1968), pp. 78 s.; G. Torcellan, Settecento veneto …, Torino 1969, p. 495; M. Lanaro, Accademie e editoria: l’attività degli Albrizzi …, in Accademie e cultura …, Firenze 1979, p. 247; A. Zorzi, La repubblica del leone, Milano 1979, s.v.; G. Praga, Storia di Dalmazia, Milano 1981, s.v.; F.L. Maschietto, Biblioteca e bibliotecari di S. Giustina di Padova, Padova 1981, s.v.; G. Cozzi, Repubblica di Venezia e stati italiani …, Torino 1982, p. 322; A. Maggiolo, I soci dell’accademia patavina …, Padova 1983, p. 204; L. Puppi - G. Toffanin, Guida di Padova …, Trieste 1983, pp. 81, 286; I. Cacciavillani, I privilegi … dei Sette Comuni …, Limena 1984, p. 191; A. Zorzi, Venezia scomparsa, Milano 1984, s.v.; Il serenissimo doge, a cura di U. Franzoi, Treviso 1986, s.v.; M. Čulić Dalbello, La città di Spalato … nel sec. XVIII, in Ateneo Veneto, CLXXIII (1986), p. 212; I. Pederin, Das venezianische Handelssystem … in Dalmatien, in Studi Veneziani, n.s., XIV (1987), pp. 156 s., 161, 163; Id., Das venezianische Verweltung … in Dalmatien, in Studi Veneziani, n.s., XV (1988), pp. 213, 220 s., 231; L. Urban Padoan, Il bucintoro, Venezia 1988, p. 82; I. Pederin, Die venezianische Wirtschaft in Dalmatien, in Studi Veneziani, n.s., XVIII (1989), pp. 77, 86, 96, 101, 105, 110 s., 123-125; Studi balcanici, a cura di F. Guida - L. Valmarin, Roma 1989, pp. 64 n. 11, 80 s., 85-105; M. Jačov, Le guerre veneto-turche del XVII sec. in Dalmazia, Venezia 1991, s.v.; F. Semi - V. Tacconi, Istria e Dalmazia. Uomini e tempi, II, Dalmazia, [Udine] 1992, p. 259; La chiesa di Venezia nel Settecento, a cura di B. Bertoli, Venezia 1993, s.v.; Bibliografia delle ed. giuridiche antiche in lingua italiana, II, 1, Firenze 1993, p. 179; E. Montenegro, I dogi e le loro monete, Torino 1993, pp. 31, 208-214; G. Legrenzi e la cappella … di S. Marco …, a cura di F. Passadore - F. Rossi, Firenze 1994, p. 120 n.; Storia dell’altipiano dei Sette Comuni, I, Vicenza 1994, s.v.; I. Pederin, La guerra fra Venezia e l’Impero ottomano (1715-1718) …, in Ateneo Veneto, n.s., XXXII (1994), pp. 216-225; O.T. Domzalski, Politische Karriere … im venezianischen Adel …, Sigmaringen 1996, p. 87; Storia di Venezia …, VII, a cura di G. Benzoni - G. Cozzi, Roma 1997, p. 93; VIII, a cura di P. Del Negro - P. Preto, ibid. 1998, p. 420; P. Voltolina, La storia di Venezia attraverso le medaglie, Venezia 1998, nn. 1350, 1448; G. Zoccoletto, La contea dei Foscari a Zelarino, Mestre 1999, pp. 64 s.; A. Rizzi, I leoni di S. Marco …, II, Venezia 2001, p. 37 n. 244; M.P. Pedani, Dalla frontiera al confine, Roma 2002, s.v.; F.M. Paladini, «Un caos che spaventa». Poteri, territori e religioni di frontiera nella Dalmazia della tarda età veneta, Venezia 2002, s.v.; S. Samerski, Venezia settecentesca e il suo cielo dei santi …, Venezia 2002, pp. 13-15; Gli armeni a Venezia, a cura di B. Levon Zekiyan - A. Ferrari, Venezia 2004, s.v.; L. Čoralić - N. Balić Nićić, Iz hrvatske vojne proviiesti …(Della storia militare croata), in Zbornik Odsjeke … HAZU (Atti del Dipartimento … Accademia croata delle scienze e delle arti), XXIV (2006), pp. 83, 104 ; P. Pazzi, I cavalieri di S. Marco. Storia documentata, Perasto 2007, pp. 265-270, 407; Inventari dei manoscritti delle biblioteche d'Italia, XXII, p. 121; L, p. 274; s.v. in LXXXV, LXXXVII, LXXXIX; P. Litta, Le famiglie celebri …, XIV, s.v. Mocenigo, tav. XIV.