FOSCARINI, Alvise
Ultimo dei tre figli maschi di Giovanni Battista di Giacomo, poi procuratore, e di Elena Da Mula di Andrea, nacque a Venezia il 4 sett. 1600. Il ramo della famiglia, che risiedeva nel signorile palazzo ai Carmini, famoso anche per il giardino la cui vasta spianata sussiste tuttora, era il più illustre e dovizioso.
Il 21 apr. 1622 il F. sposò Maria Morosini, che gli diede numerosi figli. Essendogli precluso il saviato agli Ordini dalla presenza di altri Foscarini (le genealogie registrano tre suoi omonimi, pressoché coevi), per giungere rapidamente alle primarie cariche della Repubblica non gli restava che la più disagevole e dispendiosa via dei rettorati nella Terraferma.
Eletto podestà a Chioggia, vi si recò nel maggio 1626, occupandosi soprattutto degli approvvigionamenti alimentari - per una popolazione dedita quasi esclusivamente alla pesca - e delle fortificazioni, la cui efficienza era allora particolarmente richiesta dalle contingenze politiche; ancora, nella densa relazione letta in Senato un anno e mezzo più tardi, il 6 nov. 1627, il F. espone taluni provvedimenti presi contro i responsabili delle artiglierie, "malissimo custodite", della Camera fiscale e della Fabbrica del duomo.
Tornato a Venezia, entrò a far parte dei provveditori alla Sanità (20 marzo 1629-19 marzo 1630) e degli ufficiali alle Rason Vecchie (29 marzo 1630-28 genn. 1632); quindi rimase assente dalla politica per qualche tempo, forse a causa delle incombenze derivantigli dalla scomparsa del padre (1628) e del fratello maggiore Giacomo (1631), circostanze che finirono per riversare su di lui il peso della gestione patrimoniale (l'altro fratello, Andrea, che morì di lì a poco, non si sposò né ebbe incarichi nell'amministrazione statale). Quando ricomparve sulla scena della politica attiva, fu per assumere un altro rettorato, stavolta di gran peso, quello di luogotenente nella Patria del Friuli, che sostenne dal luglio 1636 alla fine del 1637.
Anche dei diciassette mesi trascorsi a Udine il F. lasciò una dettagliata relazione, in base alla quale parrebbe che egli non avesse trascurato alcuna delle molteplici incombenze affidate alla sua vigilanza, dal Monte di pietà alla sempre spinosa materia daziale (con l'immancabile corollario sul piano dei contrabbandi), dalla repressione delle prevaricazioni feudali ai rapporti con gli Arciducali, spesso intrisi di reciproca diffidenza, dal controllo delle milizie alle questioni giurisdizionali. A questo proposito si potrebbe cogliere nel documento una larvata presa di posizione a favore della Compagnia di Gesù, bandita da un trentennio dai domini della Repubblica.
Rimpatriato, il F. fu procuratore sopra gli Atti del sopragastaldo dal 25 sett. 1639 al 24 genn. 1641; quindi, rimasto nel frattempo unico esponente del casato, la sua attività politica conobbe una fortissima accelerazione, in un intrecciarsi di cariche spesso ricoperte per pochi mesi o addirittura qualche settimana, al punto da renderne scarsamente significativa la mera elencazione.
Per limitarsi agli incarichi principali, si può ricordare che dal 14 sett. 1641 al 30 sett. 1667 il F. fu provveditore alle Fortezze, depositario del Banco di giro, provveditore in Zecca, provveditore sopra i Monasteri, esecutore contro la Bestemmia, sopraintendente alle Decime del clero, sopraprovveditore alla Sanità, inquisitore all'Ufficio del sal, riformatore dello Studio di Padova, savio all'Eresia e savio alle Acque.
Da rilevare ancora che in questo frenetico susseguirsi di nomine il F. trovò pure modo di ricoprire un altro rettorato: la podestaria di Padova, tenuta dall'ottobre del 1644 al febbraio 1646.
Sia dalla relazione sia dai dispacci inviati al Consiglio dei dieci emerge che la violenza costituiva il principale flagello in un contesto sociale che non aveva ancora rimarginato i guasti della peste di un quindicennio avanti e che vedeva eccessi, omicidi e, soprattutto, nell'ottica del magistrato, la "scandalosa" insurrezione di 200 territoriali.
Difficile, per il F., opporsi alle prevaricazioni, specie quando si realizzavano con la collusione o la copertura nobiliare, ma assai più rapida ed efficace era la sua azione allorché si trattava di sommosse popolari, fossero i braccianti di Cittadella o la plebe di Vicenza, dove egli fu inviato nell'agosto 1648 in qualità di provveditore e inquisitore sopra i Frumenti, per far fronte alle necessità della flotta allora impegnata nella logorante guerra di Candia.
Fu inoltre revisore sopra le Scuole Grandi, nel 1648 e nel 1650; tansador in Terraferma nello stesso 1650 e poi nel 1665; deputato presso il nunzio alle vendite dei beni ecclesiastici, stabilite dalla S. Sede per soccorrere la Repubblica nelle emergenze della guerra (6 maggio 1656; 2 genn. 1668); provveditore sopra la Fabbrica del palazzo nel 1662 e della chiesa della Salute dal 9 giugno dello stesso 1662, per un biennio; insignificante invece la sua presenza nel Collegio, perché impeditovi da altri che portavano il suo cognome: solo due volte entrò a far parte del Consiglio dei dieci (12 marzo-30 sett. 1643; 1° ott. 1652-30 sett. 1653) e per altrettante volte fu consigliere ducale (1° giugno 1644-31 marzo 1645; 1° febbr. 1651-31 genn. 1652); divenne poi procuratore di S. Marco per merito, il 19 luglio 1653.
In conclusione, il profilo che emerge è quello di un uomo mediocre e ambizioso, ma onesto e sorretto da buona volontà. L'intreccio di onestà e avarizia trapela anche dal testamento, redatto il 22 febbr. 1675, nel quale il F. raccomanda ai figli "di pagar a tempi debiti le pubbliche gravezze, desiderando che li beni restino sempre conditionati…, che così facilmente non possano esser alienati".
Il F. morì a Venezia il 6 ag. 1675.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, M. Barbaro, Arbori de' patrizi…, III, pp. 520, 522; Ibid., Segr. alle voci. Elezioni Maggior Consiglio, regg. 14, c. 127; 15, cc. 24, 42; 16, c. 135; 17, c. 10; 18, cc. 2, 138; 19, cc. 2, 75, 78, 109, 122; 20, cc. 95, 163; Segretario alle Voci. Elezioni Pregadi, regg. 14, cc. 31, 45, 82, 89, 99; 15, cc. 50, 105, 122, 142, 170, 179 s., 182; 16, cc. 95, 99 s., 116 s., 134, 138, 162, 178; 17, cc. 22 s., 39, 47, 56, 65, 70, 75, 97, 100, 104, 106, 128; 18, cc. 36, 41, 54 s., 57, 71, 74, 97 s., 103 s., 109, 113, 126, 132; Ibid., Consiglio dei dieci. Misc. codd., regg. 62 e 63, ad dies (per l'elezione a membro del Consiglio); Ibid., Notai di Venezia. Testamenti, b. 83/1; Ibid. Atti, bb. 11125 e 11129, passim (vendita dei beni ecclesiastici in Venezia); Ibid., Capi del Consiglio dei dieci. Lettere di rettori, b. 91, nn. 152-181, 183, 185-216 (reggimento a Padova); Ibid., Provveditori da Terra e da Mar, b. 274, passim (provveditorato nel Vicentino); Venezia, Bibl. del Civ. Museo Correr, Mss. Morosini-Grimani 537/X: Ordini e disposizioni date da A. F. luogotenente della patria del Friuli (1637) (reggimento a Udine); Ibid., Mss. P.D. C 2230/12 (un ricorso del F. ai governatori delle Entrate circa suoi beni); Ibid., Mss. Morosini-Grimani 503/XI; 564, c. 288r (alcune lettere private indirizzategli da Antonio Grimani ambasciatore a Roma, tra il giugno 1670 e il gennaio 1671); Ibid., Mss. Gradenigo 15: La Copella politica, overo Esame istorico-politico…, pp. 30 s. (sul F. 1675). Si veda, inoltre: P. Molmenti, Venezia alla metà del sec. XVIII…, in Id., Curiosità di storia veneziana, Bologna 1919, pp. 397, 447 (si tratta del profilo del F. stilato nel 1664); Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, a cura di A. Tagliaferri, I, Milano 1973, pp. 223-229; IV, ibid. 1975, pp. 341 ss.; Relazioni dei rettori veneti nel Dogado. Podestaria di Chioggia, a cura di A. Tagliaferri, Milano 1982, pp. 75-81; F. Sansovino, Venetia città nobilissima et singolare…, Venetia 1663, p. 370; M. Gottardi, La situazione socio-sanitaria nel Friuli occidentale durante la peste del 1637, in Studi veneziani, n.s., VI (1982), p. 184; P. Del Negro, Forme e istituzioni del discorso politico veneziano, in Storia della cultura veneta, 4, Il Seicento, Vicenza 1984, p. 419.